La Repubblica 19.5.17
Dal corrispondente Enrico Franceschini
Elezioni inglesi: Dopo Corbyn, la May presenta il programma dei Tory:
Non devierò a destra. Verso il voto.
La premier May rompe con Thatcher: “Prima i lavoratori” La ricetta di Theresa conservatrice rossa
Londra «Non sono Margaret Thatcher», dice Theresa May e a quanto pare il suo programma elettorale lo conferma. Davanti a un piano che promette la fine di un «mercato troppo libero», una denuncia contro «l'individualismo sfrenato» e un maggior ruolo per lo stato, i media nazionali la ribattezzano "Red Tory", la conservatrice rossa. «Il governo può fare del bene», afferma la premier: sembra la scoperta dell'acqua calda, ma alle orecchie degli inglesi suona come una rottura con la rivoluzione thatcheriana, famosa per avere dichiarato che «la società non esiste». Non a caso, il manifesto del partito conservatore in vista delle elezioni dell'8 giugno, presentato ieri ad Halifax, in tradizionale territorio laburista, si intitola "Avanti, insieme". L'Evening Standard, quotidiano della sera londinese diretto dall'ex-ministro del Tesoro conservatore George Osborne, le fa il verso titolando in prima pagina: "Avanti, insieme, ma non a destra". E lei stessa conferma nel suo discorso: «Non devierò a destra ». Beninteso: pur senza escludere aumenti delle tasse, non è neppure un programma di sinistra. A parte più fondi per la sanità e la scuola, non contiene un rilancio del welfare. Prevede inoltre tagli ai benefici assistenziali per gli anziani, subito condannati dall'opposizione; e misure criticate dai progressisti, come un voto per ripristinare la caccia alla volpe. Ma l'accento è diverso rispetto alla "lady di ferro" e a leader conservatori più recenti come il suo predecessore David Cameron. «Questo è un conservatorismo che pone gli interessi degli ordinari lavoratori al cuore dell'azione governativa », spiega la premier. «Vogliamo costruire una Gran Bretagna migliore, più meritocratica, che funzioni non soltanto per i privilegiati ma per tutt»". Parole che ricordano "One Nation", il progetto di Benjamin Disraeli, primo ministro conservatore alla fine dell'Ottocento: l'idea, per dirla nel linguaggio politico italiano, di un "partito nazione" che rappresenti tutti. Il programma ribadisce l'intenzione di portare a compimento la Brexit. E s'impegna a ridurre l'immigrazione dagli odierni quasi 300mila immigrati a meno di 100mila l'anno. Un'immigrazione troppo alta, indica il manifesto dei Tories, non è tanto una minaccia ai posti di lavoro per i britannici (accusa che non starebbe in piedi: la disoccupazione ha raggiunto il livello più basso dal 1975), quanto «alla coesione sociale delle nostre comunità». L'intenzione è chiara: riprendere i voti andati all'Ukip, il partito anti- europeo promotore dell'uscita dalla Ue. Ma c'è anche il tentativo di conquistare nuovi consensi tra la classe lavoratrice, inclusa quella che finora ha votato per il Labour. Dando per scontato che, con il leader laburista Jeremy Corbyn che propone tasse più alte per chi guadagna da 80 mila sterline in su, i benestanti voteranno conservatore comunque. Nel complesso, come scrive il Financial Times, è una sterzata a favore del cosiddetto "Erdington man", l'uomo di Erdington, la cittadina inglese in cui è cresciuto Nick Timothy, capo di gabinetto di Downing Street, soprannominato "Rasputin" per la barba e l'influenza che ha sulla premier, il cervello della svolta: figlio di operai, primo della sua famiglia a laurearsi, convinto che i conservatori debbano prestare più attenzione alla "working class". Se vincerà le elezioni, come prevedono i sondaggi, le indiscrezioni dicono che Theresa May farà un grande rimpasto di governo: rischiano di perdere il posto il ministro degli Esteri Boris Johnson, il ministro del Commercio estero Liam Fox e il ministro del Tesoro Philip Hammond. I primi due sono Brexitiani di ferro, il terzo un moderato. Un colpo al cerchio e uno alla botte. Per fare posto al nuovo credo: il "Mayismo", come lo definisce il Guardian, rimando ironicamente con maoismo. ©RIPRODUZIONE RISERVATA