domenica 7 maggio 2017

Internazionale 6.5.2017 
Le scelte della sinistra francese/1
di Laurent Joffrin, Libération, Francia
Al ballottaggio delle presidenziali in Francia chi è di sinistra deve schierarsi contro Le Pen. Perché in gioco c’è il futuro della repubblica


E possibile essere di sinistra e non andare a votare al ballottaggio delle presidenziali francesi? Oppure annullare il voto o scegliere scheda bianca? Per rabbia contro la classe dirigente, per allergia al liberalismo sociale o per portare all’estremo il desiderio di fare piazza pulita, molti elettori sono tentati dall’astensione di fronte alla scelta tra Emmanuel Macron e Marine Le Pen. È una scelta logica? Per rispondere in modo affermativo dovremmo accettare diverse contraddizioni. Come si può, infatti, predicare l’accoglienza dei migranti e allo stesso tempo esitare a schierarsi contro una candidata che propone di cacciare tutti gli immigrati irregolari, di sopprimere lo ius soli (la concessione della cittadinanza a chi nasce sul territorio francese) e di negare l’assistenza sanitaria agli stranieri senza documenti? Come si può condannare la revoca della cittadinanza alle persone condannate per terrorismo, proposta dal governo nel 2016, e votare scheda bianca quando il Front national (Fn) prevede di estendere questa misura a tutte le persone con doppia nazionalità solo sulla base di sospetti? Si può sostenere il matrimonio gay e non votare Macron quando l’Fn propone di abrogarlo? Si può criticare il gollista François Fillon per le sue vicende giudiziarie e rimanere indifferenti quando le stesse accuse riguardano Marine Le Pen? Si può denunciare il programma economico di Macron e non vedere la demagogia di quello dell’Fn, che prevede 80 miliardi di spese supplementari finanziate con l’indebitamento, l’emissione di moneta e i tagli ai fondi per gli immigrati, secondo calcoli contestati da tutti gli economisti, di destra e di sinistra? Si può sostenere la riforma garantista del diritto penale della ministra Christiane Taubira e non condannare un programma fondato sulla repressione? Ci si può non schierare, insomma, contro una candidata che ha scelto gli stranieri come capro espiatorio? Molti sostengono che il liberismo aprirà la strada al Front national e che quindi il voto per Macron favorirà in futuro la vittoria dell’estrema destra. Ma è una posizione assurda: come quella di chi, per paura della pioggia, si getta in mare. Così, per non ritrovarsi bagnati domani, si preferisce annegare subito. In realtà ad aprire la strada al Front national sarà chi non andrà a votare contro Le Pen il 7 maggio. Già dal giorno dopo sarà possibile combattere il liberalismo sociale, una dottrina politica che, va detto per non alimentare la confusione, è diversa dall’ultraliberismo. Anche se il programma di Macron fosse applicato nella sua interezza, lo stato sociale francese non cambierebbe troppo, la Francia continuerebbe ad avere il primato europeo della spesa pubblica e lo stato manterrebbe il suo ruolo. Ma soprattutto l’opposizione a Macron avrebbe tutto il tempo per crescere, una volta neutralizzato il pericolo principale. L’attivista no global José Bové, l’ispiratore del movimento Nuit debout François Ruin e il leader del Partito comunista Pierre Laurent lo hanno capito e stato facendo campagna per Macron. Il 7 maggio Ruin voterà per il candidato di En marche! e dal giorno dopo combatterà la sua politica. Una tattica necessaria Nella Quinta repubblica il presidente è la figura dominante, ma solo se ha il sostegno del parlamento. Quello francese è un regime presidenziale con veto parlamentare. Un presidente senza maggioranza parlamentare non può decidere la politica del paese. In questi casi c’è la coabitazione, che trasferisce gran parte del potere al primo ministro. Il successo dell’Fn ha creato una logica nuova in questa dinamica: l’elezione presidenziale serve a fare una scrematura, mentre la vera scelta si fa alle legislative. Secondo questa logica, alle presidenziali si possono eliminare Fillon e poi Le Pen, e in seguito si sceglie la maggioranza parlamentare. In altre parole il voto per Macron può essere completato in modo coerente con un voto più a sinistra alle legislative. Non pregiudica il futuro, non avrà conseguenze drammatiche. È un voto per necessità. Questi discorsi si possono bollare come le solite banalità repubblicane. Ma in gioco c’è proprio lo spirito della repubblica: di quella repubblica che unisce i cittadini invece di emarginare le minoranze, che garantisce i diritti civili invece di considerarli un ostacolo all’identità, che accoglie tutti i suoi figli invece di accusarli di essere cattivi francesi e di volere la distruzione della nazione, che proclama l’uguaglianza invece di celebrare la discriminazione, che consente di scegliere tra centro, destra e sinistra invece di chiudersi nel nazionalismo. La repubblica, insomma, oggi significa votare contro Le Pen. Votare per Macron.