mercoledì 24 maggio 2017

Internazionale 19.5.17
Il piano di Pechino per riformare il mondo Al forum sulla nuova via della seta il presidente Xi Jinping ha spiegato ai leader di 29 paesi che il progetto cinese sarà conveniente per tutti. Ma rimangono molti dubbi di Pepe Escobar, Asia Times, Hong Kong

Il presidente cinese Xi Jinping ha usato il forum internazionale sulla nuova via della seta che si è svolto il 14 e il 15 maggio a Pechino per illustrare ufficialmente il suo progetto: la Cina sarà il fulcro di un nuovo ordine mondiale basato sul commercio. Si tratta, per usare le parole di Xi, di un "modello di cooperazione win-win, conveniente per tutti" che avrà la meglio sui tradizionali rapporti di forza. "La Cina è disposta a condividere la sua esperienza di sviluppo con il resto del mondo", ha detto Xi, "ma non ci immischieremo negli affari interni degli altri paesi, non esporteremo il nostro sistema sociale né il nostro modello di sviluppo, e non costringeremo gli altri ad accettarli". Xi ha poi usato una metafora per definire il nuovo ordine mondiale appena illustrato. "Le oche cignoidi", ha detto riferendosi a un raro uccello selvatico asiatico, "riescono a volare in mezzo ai venti e alle tempeste perché si muovono in stormi e si aiutano tra loro come una squadra". La nuova via della seta – chiamata prima One belt one road (Una cintura una strada, Obor) e diventata poi Belt and road initiative (Bri) – non sarà facile da realizzare. Al forum la ministra tedesca dell'economia Brigitte Zypries ha minacciato di non firmare il comunicato finale se non avesse incluso delle solide garanzie di libertà nelle offerte d'appalto, senza favoritismi alle aziende cinesi. Ma c'è qualcuno in grado di competere con la Cina in termini di costruzione, espansione e utilizzo delle ferrovie? Dalla Cina orientale e centrale i treni partono regolarmente, attraversano le steppe centrasiatiche e macinano centinaia di chilometri in 17 giorni per arrivare a Londra, Madrid, Duisburg o Lione. È un sistema di trasporto due volte più veloce di quello marittimo, anche se un treno merci trasporta meno di cento container mentre una nave cargo ne può trasportare fino a ventimila. Ma questo è solo il primo stadio di una futura rete ferroviaria ad alta velocità che collegherà la Cina orientale all'Europa. L'iniziativa cinese avanza velocemente in Europa. Al forum erano presenti molti delegati dell'Europa dell'est. Tre anni fa la Cina ha istituito nella regione un fondo con un investimento iniziale di 10 miliardi di euro. Nel 2016 la China Everbright ha comprato l'aeroporto di Tirana, in Albania. La China Exim Bank sta finanziando la costruzione di un'autostrada in Macedonia e Montenegro. Nel 2014 la China Road and Bridge Corporation a Belgrado ha costruito un ponte sul Danubio, finanziato in larga misura dalla China Exim Bank. C'è poi la ferrovia ad alta velocità tra Atene e Budapest che passa per la Macedonia e la Serbia. Ancora una volta la geografia economica fa da traino alla geografia politica. Investendo in un corridoio tra l'Egeo e l'Europa centrale, Pechino promuoverà il commercio dal porto greco del Pireo, di fatto sotto il controllo cinese dal 2010. Capacità d'attrazione Xi ha usato il forum per cercare di chiarire cosa sarà la Bri, ma saranno le condizioni e le circostanze concrete a definire le diverse strategie. Dal forum è emerso che alcuni paesi si stanno già contendendo posizioni di primo piano. Hong Kong e Londra, per esempio, faranno a gara su chi dovrà fornire i servizi finanziari. Il volo delle oche selvatiche è cominciato. Il prossimo grande interrogativo riguarderà il modo in cui la nuova via della seta riscriverà le regole del commercio globale senza urtare paesi come l'India (che ha rifiutato l'invito al forum). Ma qui entra in gioco la capacità d'attrazione della Cina. Le oche di Pechino cercheranno di attirare i paesi in via di sviluppo in una collaborazione irresistibile non solo dal punto di vista commerciale.

Da sapere/Troppo ambizioso La Belt and road initiative (Bri) prevede investimenti per circa 900 miliardi di dollari in infrastrutture e il coinvolgimento di 64 paesi, un piano pari a 12 volte il piano Marshall. "Pechino lo presenta come uno stimolo per il mercato mondiale", scrive il Financial Times, "e in effetti molti paesi coinvolti hanno bisogno di infrastrutture migliori. Ma se invece il principale interesse cinese è dare lavoro all'estero alle sue aziende di costruzioni, i paesi coinvolti ci rimetterebbero, ritrovandosi con infrastrutture di cui non hanno bisogno e che non frutteranno abbastanza per pagare i debiti contratti".