il manifesto 25.5.17
Università Statale, numero chiuso anche per storia e filosofia
Milano.
 Dopo un mese di mobilitazione di studenti e professori, il Senato 
accademico di via Festa del Perdono ha imposto lo sbarramento anche per i
 corsi umanistici. Dura protesta della Flc-Cgil: "Si tratta di una 
scelta irresponsabile e sbagliata". La ministra dell'Istruzione Valeria 
Fedeli non apprezza ma lascia fare, "bisognerebbe allargare e non 
chiudere ma rispetto la decisione, hanno l'autonomia per farlo"
di Luca Fazio
MILANO
 A proposito di muri e lotta di classe al contrario, ecco una soluzione 
esemplare che rende meno accessibile e più costoso il bene comune forse 
più prezioso. L’istruzione. Il Senato accademico dell’Università statale
 di Milano, dopo un mese di proteste che hanno coinvolto studenti e 
docenti, ha imposto il numero chiuso anche ai corsi umanistici.
A 
niente sono serviti i sit-in organizzati dagli studenti e le lezioni in 
piazza dei prof “ribelli”, tra cui Alessandro Zucchi, direttore del 
dipartimento di Filosofia e filosofo del linguaggio, Gianfranco 
Mormonio, docente di Etica e Raffaella Colombo, ricercatrice di Storia 
della filosofia. Chiedono finanziamenti e non tagli, “limitare gli 
accessi per mancanza di risorse è il fallimento dell’università”.
Da
 settembre saranno previsti test d’ingresso anche per storia e 
filosofia. Rispetto a quest’anno, verranno respinti 600 studenti. Con 18
 voti a favore, 11 contrari e 6 astenuti, l’ha spuntata il rettore 
Gianluca Vago spaccando il Senato accademico. “La questione delle 
risorse riguarda tutta l’università – spiega il sostenitore dello 
sbarramento – e il test di autovalutazione non è sufficiente, serve il 
numero programmato per aumentare la qualità. Nei corsi dell’area 
umanistica ci sono troppi abbandoni e fuori corso”.
I posti 
disponibili per il prossimo anno accademico subiscono un taglio del 20 
per cento: erano 739 a filosofia e diventeranno 530, a lettere erano 545
 e saranno 550, per Beni culturali erano 646 e diventeranno 500. A 
Geografia potranno iscriversi in 230 contro i 283 di quest’anno, infine 
Storia accoglierà 480 iscritti invece che 651. Su 79 corsi, solo 
matematica, fisica, giurisprudenza e filosofia non prevedono una prova 
di selezione per l’accesso.
La ministra dell’Istruzione Valeria 
Fedeli non apprezza la svolta del rettore Vago ma ne rispetta la scelta 
in nome dell’autonomia. E comunque non sembra intenzionata a dare 
battaglia sui finanziamenti all’università. “Quando si parla di numeri 
chiusi – ha ammesso – soprattutto per alcune facoltà, si dovrebbe 
ragionare con la capacità di allargare e non di chiudere, dobbiamo 
puntare su un numero maggiore di laureati”. In ogni caso, Fedeli alza le
 mani, è un problema che “devono affrontare loro, visto che hanno 
autonomia”. L’Italia, in effetti, è penultima nell’Unione europea per 
numero di laureati, appena davanti alla Romania (tra i 30 e i 34 anni 
appena il 26,2% contro una media Ue del 39,1%). Inoltre, in Italia, solo
 il 53% dei nuovi “dottori” trova un lavoro a tre anni dalla laurea.
Non
 stupiscono le dichiarazioni del segretario generale della Flc-Cgil 
Francesco Sinpoli che definisce “irresponsabile” la decisione della 
Statale. “Non solo – spiega – l’università pone uno sbarramento di censo
 alzando vistosamente le tasse, senza tutelare il diritto allo studio, 
ma lo estende sulla base di un frainteso senso della meritocrazia, 
termine ideologico, di moda ma quanto mai sbagliato e pericoloso. A 
nulla è servita la vigorosa protesta di studenti, docenti e personale. A
 nulla è servito l’appello di decine di intellettuali, forze politiche, 
sociali e sindacali, a evitare una decisione che non ha alcun tipo di 
ragionevole giustificazione”. Sinopoli parla di “pericoloso precedente” e
 si appella alla ministra “perché trasformare l’università in una specie
 di azienda pubblica, dove un rettore è il manager unico e chiude le 
porte agli studenti, è in palese contraddizione con gli obiettivi di 
aumentare i laureati”.
Il numero chiuso alla Statale e più in 
generale il tema del diritto allo studio non appassiona il cosiddetto 
“mondo” della politica e della cultura. Beppe Sala almeno ne ha parlato 
con il rettore Vago, ma non si sbilancia. “E’ difficile dire cosa è 
giusto e cosa no – ha detto il sindaco – da un lato è vero che c’è il 
diritto allo studio e che spesso a 19 anni non si ha sempre la certezza 
di quello che si vuole fare nella vita. Ma capisco anche il problema 
delle università perché lo studio deve servire anche a creare 
opportunità di lavoro”.
Sinistra Italiana Milano, invece, si mette
 a disposizione di tutte le associazioni e movimenti disponibili per 
continuare a lottare, “il numero chiuso è dannoso e controproducente, 
auspichiamo una marcia indietro su questa decisione”.
 
