il manifesto 25.5.17
Renzi e Berlusconi scoprono l’accordo
Legge
elettorale. Le difficoltà aumentano e così si girano le carte. Il
leader Pd: senza convergenze non abbiamo i voti al senato. Il Cavaliere:
sistema tedesco poi si può votare subito. Ma il Quirinale non vuole
azzardi sulla legge di bilancio. L'avvocato Besostri presenta gli
emendamenti che possono trasformare il testo Fiano "incostituzionale" in
un proporzionale vero
di Andrea Fabozzi
Prima
Renzi e poi Berlusconi si fanno più espliciti. Espongono i contorni
dello scambio che stanno apparecchiando: legge elettorale proporzionale
contro elezioni anticipate. Segno che il loro piano incontra più di una
difficoltà. Soprattutto al Quirinale, dove già l’anno scorso si pretese
lo slittamento della data del referendum costituzionale per evitare
ricadute sulla sessione parlamentare di bilancio. Che comincia a metà
ottobre. Sul Colle non hanno mai escluso l’ipotesi dello scioglimento
anticipato. Condizionandola però all’entrata in vigore di un sistema
elettorale coerente per le due camere. Votare comunque, anche senza aver
risolto il problema del sistema di voto, e anche con la legge di
bilancio aperta, è tutto un altro discorso.
Renzi dice: «Il
Rosatellum (il testo Fiano che da 48 ore è il testo base a Montecitorio,
ndr) ha i voti alla camera. Bisogna che gli altri partiti ci dicano se
li ha anche al senato. Noi stiamo facendo le cose sul serio per
accogliere l’invito del presidente della Repubblica». L’omaggio al
Quirinale conferma le tensioni, la domanda è evidentemente retorica.
Risponde in serata Berlusconi: «Senza Forza Italia al senato non ci sono
i numeri per approvare nessuna legge». Il testo Fiano così com’è piace
solo a Pd, Lega e verdiniani. Potrebbe cambiare. Berlusconi traccia
l’identikit del sistema tedesco, sul quale – dichiara – gli risultano
segnali di disponibilità: «Serve una legge che garantisca corrispondenza
tra voto dei cittadini e rappresentanza parlamentare, occorre garantire
un corretto rapporto tra elettore ed eletto con collegi uninominali o
listini proporzionali di dimensioni ragionevoli». Ma soprattutto il
Cavaliere rassicura Renzi sul fatto che «occorre votare il prima
possibile, dopo quattro governi non scelti dal popolo». Non è un nuovo
patto del Nazareno, garantisce. Anche su questo Berlusconi ha interessi
convergenti con il Pd: andare troppo d’accordo prima del voto scopre il
gioco delle larghe intese dopo.
Votare a fine settembre o ai primi
di ottobre, dunque. Per farlo è indispensabile approvare la legge
elettorale entro luglio, cioè in due mesi da oggi partendo da zero.
Sembra fantascienza. L’Italicum, legge elettorale poi rinnegata, ha
avuto bisogno di un anno e mezzo. Aveva alle spalle un governo
determinato al punto di mettere la fiducia. E non c’erano le elezioni
dietro l’angolo, con tutto il carico degli interessi divergenti dei
partiti grandi e piccoli. Non solo, per immaginare il voto prima della
sessione di bilancio i renziani devono disegnare scenari di tutto
comodo, tipo il governo Gentiloni che si muove come una bad company,
presenta la legge di bilancio lacrime e sangue che tutti aspettano e poi
si fa da parte. Prima che il Pd debba votarla, almeno di fronte agli
elettori. Così facendo si rischia l’esercizio provvisorio, il
commissariamento dell’Italia? Ma quando mai, è la voce renziana. Anche
in Germania votano in settembre e nessuno si pone il problema, dicono.
Tralasciando che sono i tedeschi a fare l’esame a noi e non il
contrario.
Entro domani pomeriggio i partiti dovranno presentare
gli emendamenti al testo Fiano, che è un falso Mattarellum congegnato
per avere un effetto solo maggioritario. Ma può trasformarsi in qualcosa
di molto simile al sistema tedesco, a patto però di sacrificare la
garanzia del seggio per tutti i vincitori nei collegi uninominali: Roma
non è Berlino e la camera non può aumentare i suoi componenti come fa il
Bundestag: bisognerebbe cambiare la Costituzione. Un sistema l’ha già
messo nero su bianco il gruppo di avvocati che hanno battuto l’Italicum
portandolo alla Consulta. Prevede la riduzione dei collegi uninominali
(da 303 a 242), il doppio voto – anche disgiunto – tra uninominale e
proporzionale, e tante altre modifiche a quello che l’avvocato Felice
Besostri chiama il Fianum e considera «assolutamente incostituzionale,
perché il voto non è uguale e nemmeno libero e personale, come richiede
l’articolo 48 della Costituzione, e neppure diretto come richiedono
l’articolo 56 per la camera e il 58 per il senato».
Secondo
Besostri è possibile «salvare» il testo riportandolo all’impostazione
proporzionale, «scorporando i collegi uninominali quando superano la
percentuale ottenuta dalla lista collegata». Gli emendamenti che vengono
offerti ai partiti che si dichiarano favorevoli al sistema tedesco
prevedono anche altre novità. Come il voto negativo, che tenta di
salvare il potere di scelta dell’elettore di fronte alla lista bloccata:
cancellando il nome di uno dei candidati del listino si può farlo
retrocedere di uno o più posti nella graduatoria di assegnazione del
seggio.