Il Fatto 25.5.17
Da “delinquente naturale” ad alleato abituale del Pd: ricordate chi è Berlusconi?
Amnesie
- Il Caimano torna sulla scena come interlocutore dell’ex rottamatore
per fare la legge elettorale e da argine al “populismo”. Ma il suo
passato è tutto una macchia
di Gianni Barbacetto
Silvio
torna. Sì, Berlusconi si prepara a essere di nuovo al centro della vita
politica italiana. Come leader del suo schieramento, che non ha trovato
un “federatore”. Ma anche come interlocutore privilegiato, anzi unico,
del centrosinistra di Matteo Renzi, per fare la legge elettorale.
Intendiamoci: nel centrosinistra per vent’anni hanno ripetuto che non
bisognava demonizzarlo. Ma allora almeno qualcuno c’era a ricordare ogni
giorno i conflitti d’interessi, le amicizie pericolose, le indagini
penali. Del resto, occupava la scena politica e parlare con lui, se non
trattare con lui, poteva apparire scelta obbligata. Oggi invece il
sistema politico di cui Berlusconi era diventato il perno è saltato, la
scena è cambiata, le sue forze si sono ridotte, le sue schiere
sfrangiate, il bipolarismo non c’è più. Eppure c’è chi cerca un nuovo
patto del Nazareno. Il leone è invecchiato, ha incassato sonore
sconfitte, si è indebolito politicamente, è stato sostituito da nuovi
narcisismi a Palazzo Chigi. Ma tutto questo sembra valergli una
sanatoria generale, una amnistia della memoria. Il Caimano è
dimenticato, oggi Silvio è un partner strategico con cui Renzi può fare
argine al male assoluto: il “populismo”. Forse vale però la pena di fare
un esercizio di memoria e di ricordare chi è Silvio Berlusconi, il
politico unfit all’estero, pregiudicato in Italia.
La sentenza che
lo butta fuori dalla scena politica (per ora) è del 1 agosto 2013: la
Corte di cassazione conferma 4 anni di pena per frode fiscale. Perché
ritiene provato al di là di ogni ragionevole dubbio che Berlusconi,
quando già era in politica e formalmente non più alla guida delle sue
società, abbia nascosto cifre imponenti al fisco italiano e agli altri
azionisti di Mediaset. La condanna riguarda “solo” 7,3 milioni di euro,
occultati negli anni 2002 e 2003. Altri 6,6 milioni (del 2001) sono
stati cancellati dalla prescrizione. Ma in totale, scrivono i giudici,
“le maggiorazioni di costo realizzate negli anni” sono di ben “368
milioni di dollari”. Nella sentenza di primo grado, i giudici scrivono
che l’imputato ha una “una naturale capacità a delinquere”. Può essere
richiamato in scena, come alleato politico, un personaggio che ha
nascosto al fisco 368 milioni di dollari?
Ma è lunga la storia
imprenditoriale e politica di Berlusconi, che spesso coincide con la sua
storia giudiziaria: 35 procedimenti penali, sette prescrizioni, una
amnistia, due proscioglimenti per leggi modificate su misura in corso
d’opera, quattro processi ancora in corso. Tra questi, il Ruby 3, per
aver pagato testimoni affinché mentissero al processo Ruby 1 (per
concussione e prostituzione minorile, nel quale è stato assolto anche
grazie al cambiamento della legge sulla concussione).
Certo è
stata ormai dimenticata la sentenza che condanna il suo vecchio
avvocato, Cesare Previti, per aver comprato la sentenza che ha fatto
diventare proprietà di Berlusconi la Mondadori, la più grande casa
editrice italiana. Per lui è arrivata la prescrizione, grazie alle
attenuanti generiche: ma che la sentenza sia stata comprata da Previti,
per Berlusconi e con i soldi di Berlusconi, è provato, al di là di ogni
ragionevole dubbio.
Per non andare troppo indietro nel tempo,
della Prima Repubblica possiamo qui ricordare solo una delle mazzette
che hanno fatto la storia di Tangentopoli: ma è la mazzetta più grande
pagata a un singolo uomo politico, 23 miliardi di lire a Bettino Craxi,
segretario del Psi e gran protettore del Silvio Berlusconi diventato
padrone unico delle tv private italiane. Il processo All Iberian si è
concluso con un’ennesima prescrizione (grazie alla generosità del
giudice che gli ha concesso le attenuanti generiche, dimezzando così i
termini), ma il finanziamento illecito dei 23 miliardi è stato
riconosciuto provato. Delicato il capitolo palermitano della
irresistibile ascesa dell’imprenditore diventato politico.
È in
carcere per mafia Marcello Dell’Utri, braccio destro di Berlusconi e
ideatore di Forza Italia, condannato nel 2014 a 7 anni di reclusione per
concorso esterno in associazione mafiosa, per aver fatto da mediatore
tra Silvio Berlusconi e Cosa Nostra, a cui giungevano finanziamenti da
Arcore. Ma già una sentenza irrevocabile del 1997 stabiliva, condannando
per associazione mafiosa l’uomo d’onore Pierino Di Napoli, che
certamente la Fininvest di Silvio Berlusconi versava ogni anno 200
milioni di lire a Cosa Nostra per la “protezione delle antenne tv in
Sicilia”. I soldi passavano da Dell’Utri al suo amico Gaetano Cinà, che
poi li consegnava a Pierino Di Napoli, il quale andava dal boss Raffaele
Ganci con un sacchetto di plastica e gli diceva: “Raffaele, questi i
soldi delle antenne”. Poi – dice la sentenza – Ganci si presentava da
Totò Riina e gli consegnava il pacchetto: “Zu’ Totuccio, vedi che
Pierino ha portato i soldi delle antenne”. (Particolare temporale: i
versamenti sono continuati anche dopo il 1992, anno della strage in cui è
morto Giovanni Falcone, di cui ora Berlusconi si dice tifoso. Tanto
tifoso da continuare a versare 200 milioni ai suoi assassini).
Una
volta arrivato ai cieli della politica, Silvio ha anche comprato un
paio di senatori, nel 2008, per far cadere Romano Prodi e tornare al
governo. Una lunga carriera, quella di Silvio, ieri “delinquente
naturale”, oggi naturale alleato. Matteo Renzi intanto se la cava con
una battuta: “Andrei a cena con Berlusconi, Salvini e D’Alema? Certo
avrei delle cose da chiedere a tutti e tre, a Berlusconi del Patto del
Nazareno… Ma sono a dieta”.