il manifesto 25.5.17
Bassetti, il segno della nuova sintonia con Bergoglio
di Alessandro Santagata
Come
 era stato ipotizzato dopo l’uscita della terna ufficiale, papa 
Francesco ha scelto il cardinale Gualtiero Bassetti come nuovo 
presidente della Cei. Con 134 voti il nome dell’arcivescovo di Perugia è
 stato il più votato dall’assemblea: un’indicazione che può essere 
interpretata, in prima battuta, come la risposta di un episcopato che ha
 voluto conservare l’eccezionalità del sistema elettivo italiano e, 
nello stesso tempo, avanzare una candidatura gradita al pontefice. Ma 
chi è il card. Bassetti? Non si tratta di uno dei nomi più ricorrenti 
nelle cronache, anche se di lui si era parlato recentemente in occasione
 del caso «Fabiano Antoniani, dj Fabo». «Ogni volta che si pone termine a
 una vita siamo tutti sconfitti» aveva dichiarato il cardinale esortando
 a non fare confusione tra testamento biologico e eutanasia. Nella 
medesima intervista aveva richiamato come esempio positivo la decisione 
del cardinale Silvano Piovanelli di rifiutare le cure. A questa figura, 
espressione di un certo riformismo fiorentino del Novecento, Bassetti è 
legato almeno dagli anni Novanta, quando muoveva i suoi primi passi come
 vicario generale dell’arcidiocesi di Firenze.
Nel 1994 Giovanni 
Paolo II lo faceva vescovo di Massa Marittima-Piombino. Dal 1998 
prendeva il via il ministero episcopale ad Arezzo, durato fino al 2009 
quando era promosso arcivescovo di Perugia-Città della Pieve. Nella 
biografia pubblicata sul sito della diocesi, di questi anni si ricorda 
l’impegno pastorale a contatto con i giovani, i lavoratori e i migranti 
e, non senza una buona dose di retorica, lo si accosta alla figura di 
Leone XIII, il papa della Rerum novarum che fu vescovo di Perugia. È 
certo che la sua attenzione al mondo del lavoro si è concretizza in una 
presenza ricorrente nelle aziende minacciate dalla crisi e ha trovato 
una sistematizzazione nella Lettera pastorale del 1° maggio 2004: Nella 
crisi: la speranza oltre ogni paura. Nel 2014 papa Francesco gli ha 
assegnato a sorpresa la porpora rompendo la tradizione delle diocesi 
cardinalizie (a cui Perugia non appartiene) e nel 2016 lo ha inserito 
nella Congregazione vaticana dei vescovi al posto di Bagnasco. Infine, 
prima dell’assemblea generale, gli ha prorogato l’incarico di 
arcivescovo rifiutando le dimissioni per sopraggiunto limite d’età.
Sono
 proprio questi ultimi dati che lasciano intravedere abbastanza 
chiaramente una sintonia tra la maggioranza dei vescovi e il papa 
argentino attorno a un vescovo dal profilo «pastorale», che possiamo di 
considerare di «transizione», e che dovrebbe (ma il condizionale è 
d’obbligo) garantire una maggiore sintonia tra la Conferenza e la Santa 
Sede.
Nella sua prima dichiarazione da presidente Bassetti ha 
specificato di non avere «programmi preconfezionati da offrire, perché 
nella mia vita sono sempre stato abbastanza improvvisatore». C’è da 
credergli quando parla di voler ritrovare l’unità nell’episcopato, dal 
momento che stando ai rumors i mesi che hanno preceduto la sua nomina 
non sono stati privi di scontri e tensioni interne.
Il nuovo 
presidente è chiamato a fare i conti con un passato piuttosto turbolento
 che ha visto spesso la Cei e il papa esprimersi spesso in modo diverso,
 per quanto sia difficile capire in che misura sia stato talvolta un 
gioco delle parti o semplicemente un effetto della decisione di 
Bergoglio di rispettare l’autonomia della Chiesa italiana.
Se 
prendiamo per esempio la vicenda dello scontro sulle unioni civili è 
evidente la lontananza tra le aperture pastorali del papa, che pur 
ribadendo il No all’equiparazione giuridica tra famiglia tradizionale e 
coppie omosessuali, non ha alzato barricate e le numerose esternazioni 
del cardinale Bagnasco contro la Cirinnà, sostanzialmente in continuità 
con le entrate a gamba tesa al tempo della presidenza del card. Ruini. 
Sappiamo che Bassetti si è associato all’opposizione alla Step-Child 
adoption, poi stralciata nella formulazione finale della legge, ha fatto
 sue le istanze del Family Day, ma ha sposato apertamente la linea del 
dialogo.
È ancora aperto invece il fronte del testamento biologico
 – nella sua ultima prolusione Bagnasco ha ricordato di aver «preso le 
distanze dal disegno di legge» – sul quale sarà possibile farsi un’idea 
più precisa di questa nuova presidenza dal punto di vista politico.
 
