Corriere 25.5.17
«Noi imam denunciamo gli estremisti E siamo orgogliosi di questa scelta»
di Goffredo Buccini
Qualche
mese fa l’aveva detto proprio al «Corriere»: il terrorismo jihadista
sta nell’«album di famiglia» degli islamici. Ora, dopo l’ennesima strage
di innocenti, non è forse tempo di strappare quelle pagine dell’album?
«Sì,
e lo stiamo facendo», dice Izzedin Elzir, imam di Firenze e capo
dell’Ucoii, l’Unione delle comunità islamiche italiane, la più forte e
ramificata organizzazione musulmana sul nostro territorio.
Mi spieghi come.
«Noi imam siamo orgogliosi di scomunicare gli atti di questi criminali».
Gli atti, non le persone?
«Nella
nostra religione non c’è bisogno d’una mia benedizione per entrare o
restare. Ma chi pensa di guadagnarsi il paradiso con simili crimini
andrà dritto all’inferno, dico io».
Perché non emettere una fatwa?
«La nostra fatwa l’abbiamo già emessa nel 2006, nel documento dei musulmani d’Italia contro il terrorismo».
Non
in molti se ne sono accorti, ammettiamolo... Comunque in Italia siete
un milione e 800 mila: possibile che non riusciamo mai a vedere
centomila musulmani in corteo contro i terroristi?
«Noi siamo
italiani. E manifestiamo con i nostri concittadini italiani. Io non
voglio fare una manifestazione di un solo colore religioso, la trappola
dei terroristi è separarci, metterci in un ghetto».
L’imam della
moschea frequentata da Salman Abedi, l’assassino di Manchester, racconta
che un giorno, facendo un sermone anti Isis a duemila fedeli, notò che
il «gruppetto» di Salman era in disaccordo. Quanto pesano da voi questi
«gruppetti»?
«Non pesano niente. Lo prova il coraggio con cui da
noi parlano quasi, voglio dire quasi, tutti gli imam. Noi dobbiamo fare
rete con le forze dell’ordine e i giudici».
Lei ha sterzato parecchio verso l’integrazione la linea dell’Ucoii in sette anni. Mai avuto problemi?
(
ride ) «Eeeeehh... grazie a Dio, no. Certo, non tutti accettano la mia
linea, ma siamo maggioranza. Poi qualcuno mi guarda male, ma fa parte
delle...differenze culturali della nostra fede».
Se lei è sincero, e non lo metto in dubbio, si pone come bersaglio, lo sa?
«Lo so. Ma bisogna vivere con la testa in su. E nella paura non c’è vita».
Mai minacciato?
«Beh, qualche lettera... ma non da musulmani».
Lei ha più volte invitato a denunciare gli estremisti. Ma è mai successo davvero?
«Certo, e può vederlo nei blitz antiterrorismo che da Nord a Sud d’Italia vanno a segno anche grazie agli imam».
Come quello di Venezia contro la cellula che voleva far saltare il Ponte di Rialto?
(
esita a lungo ) «Non posso citare casi, per rispetto della sicurezza
nazionale... e anche dei nostri imam. Beh, un caso sì, è già noto:
l’imam di Lecco ha fatto arrestare un estremista che voleva coinvolgerlo
in un progetto violento. In generale le assicuro che c’è sul territorio
molta collaborazione con lo Stato e ne siamo fieri».
Avete fatto un censimento?
«Sì,
ci abbiamo messo un anno: abbiamo censito più di 1.200 luoghi di culto
islamici in Italia. Sei moschee con tutte le caratteristiche
architettoniche e poi garage, capannoni, cantine. Abbiamo mandato copia
al nostro ministro».
Il... vostro ministro?
«Minniti, il ministro degli Interni».
Quale scenario di radicalizzazione preoccupa di più?
«Il web. Ma lì purtroppo possiamo poco. Poi le carceri. E lì facciamo molto».
Come?
«Il
Dap, l’amministrazione penitenziaria, ci segnala le carceri più a
rischio e noi mandiamo i nostri imam a predicare. Dal 1° febbraio ne
abbiamo mandati quindici, in sei carceri, da Milano a Firenze. E ci
chiedono di aumentare il numero di interventi».
Però ci sono
sacche pericolose nelle periferie. Tante famiglie islamiche tolgono da
scuola le figlie, impongono loro il velo con la forza...
«Noi
chiediamo ai presidi di mettersi in contatto coi nostri imam dove ci
sono questi problemi. Gli imam spiegheranno alle famiglie che la
religione non chiede questo, che questa è ignoranza».
Qual è per lei il confine tra l’accettazione dei valori e l’obbedienza alla legge?
«Alle
leggi si obbedisce e basta. Quanto ai valori, beh, il nostro valore è
la Costituzione italiana: noi siamo italiani. Quando poi cominciamo a
parlare di... vestiti e cibo, entriamo in un minestrone che non aiuta
nessuno. Del resto, un cattolico non ha forse valori diversi da un
comunista?».
La lettura del Corano si può riformare?
«Noi,
europei e italiani di fede islamica, abbiamo proprio questo compito, di
riprendere il riformismo interno, perché qui possiamo discutere in
libertà e democrazia».
Lei ha firmato con convinzione il patto nazionale di cittadinanza...
«E
sta in piedi bene. Venerdì scorso ho verificato che una ventina di
nostri imam, trasmettendo il sermone su Facebook, usavano sia l’arabo
che l’italiano: questa, vede, è trasparenza, uno dei pilastri del patto.
Le nostre moschee sono aperte. Ora servono un’intesa e una legge».
Il riconoscimento della vostra religione, eh?
«L’ultimo passo dello Stato, sì» .