martedì 7 febbraio 2017

La Stampa 7.2.17
La Buona Scuola ha perso un pezzo
Con l’intesa siglata dal ministro con i sindacati salta l’obbligo per gli insegnanti di restare tre anni nella scuola assegnata
I docenti del Sud gioiscono sperando in sedi più vicine a casa, ma il prossimo anno non ci sarà più confusione?

La trattativa è ancora in corso ma una settimana fa al Miur un pezzo della Buona Scuola è stato demolito. È stata firmata una pre-intesa che impegna il ministero e i sindacati a trovare un accordo definitivo sulla mobilità dei docenti. Per la stagione 2017-2018 viene congelato l’obbligo di tutti gli insegnanti di restare per tre anni nella stessa sede. Vale a dire, per molti di loro, a centinaia di chilometri da casa. Si tratta di « una misura straordinaria», ha precisato la ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli. In realtà i tre anni erano già stati cancellati dai ricorsi vinti, dall’uso della legge 104 che permette di non spostarsi a chi ha parenti da assistere con problemi di disabilità. Soddisfatti i sindacati confederali che sanno di aver offerto una nuova opportunità a chi ne ha diritto di avvicinarsi alla famiglia. Contrarie due sigle. La Gilda ha partecipato alla trattativa ma non ha firmato. «Riteniamo che la Legge 107 vada cambiata - spiega il coordinatore nazionale Rino Di Meglio - Siamo contrari al passaggio della titolarità degli insegnanti dalla scuola all’ambito territoriale, e siamo contrari alla chiamata diretta da parte dei dirigenti scolastici. Sono norme che non condividiamo e non pensiamo che possano funzionare semplicemente con una modifica temporanea. Bisogna cambiare la legge altrimenti non ne veniamo fuori».
Contrario anche Marcello Pacifico, presidente nazionale dell’Anief: «Questa intesa viola i termini di legge. Non offre soluzioni ai problemi creati dalla chiamata diretta e continua a creare discriminazioni tra gli insegnanti. Si ledono i diritti di chi ha svolto servizio nelle paritarie come precario che non si vede e riconosciuto il lavoro svolto. Lo stesso per gli insegnanti di sostegno o per chi ha frequentato le scuole di specializzazione».