Repubblica Roma 7.12.16
San Basilio, l’ultima banlieue tra case occupate e spaccio
La
famiglia marocchina cacciata dal quartiere dove il 40 per cento di
condomini non paga l’affitto Ater. “Nessuna politica d’integrazione”.
Raggi: “È una vergogna”
di Luca Monaco
«NOI qui
siamo abbandonati, altro che Tor Bella Monaca». Enzo, 27 anni, indica
l’intonaco cadente sotto i balconcini dei 24 appartamenti di edilizia
popolare in via Filottrano 15. La luce fioca di un lampione, uno dei
pochi a illuminare la strada, riflette l’ombra di un pallone bucato sul
prato spelacchiato al centro dei lotti di San Basilio Nuova. Siamo nel
VI municipio della Capitale, 13 chilometri a Nord Est del centro, tra la
Tiburtina e la Nomentana. Eppure tanto Roma non sembra più. Lo racconta
la rabbia dei 30 inquilini che ieri mattina hanno impedito a una
famiglia marocchina di prendere possesso dell’appartamento al V piano,
regolarmente assegnato dall’Ater. «Se veniva una famiglia italiana
l’avremmo ricevuta con tutti gli onori, ma questi stranieri chi li
conosce – sbotta Paola, una casalinga di 50 anni – perché non se ne
tornano al Paese loro. Non è razzismo, a noi italiani chi ci pensa. Qua
se morimo di fame». Paola, insieme agli altri residenti del palazzo, si è
piantata davanti al portoncino dell’appartamento per impedire
l’ingresso a Mourad Maslouh, 40 anni e a sua moglie Fatya, 30, che
insieme a loro tre figli di sette, cinque e un anno, erano stati
convocati dalla polizia municipale per prendere possesso della casa
assegnata dall’Ater. Sono volati gli insulti. «Montante sul gommone,
tornate a casa vostra», hanno gridato in tanti. I figli Mourad
piangevano increduli. Adriano Morea, 53 anni, insieme a suo figlio Enzo e
al fratello Claudio, sono stati costretti ad abbandonare l’appartamento
che avevano occupato abusivamente ad Agosto e che era stato assegnato
alla famiglia Maslouh.
Un fatto inaccettabile per gli inquilini.
«Mi dispiace se quella famiglia è dovuta andare via, io non ce l’ho con
loro – si giustifica Morea – ma anche noi dobbiamo vivere. Io in questo
palazzo ci sono nato. Sono disoccupato. Dopo il divorzio sono stato
sfrattato, ho dormito tre anni in cantina con i topi, poi mi sono
comprato una roulotte. A agosto ho visto l’appartamento vuoto e sono
entrato. Non ho colpe, datemi una casa e me ne vado».
Nelle parole
degli inquilini c’è la disperazione di chi non ha nulla e che spesso,
nelle proprie rivendicazioni, finisce per accendere guerre tra poveri.
Stiamo parlando di un territorio dove su 3.700 alloggi Ater, il 40%
degli inquilini è moroso. Gli immobili sono vecchi e andrebbero
riqualificati, se non addirittura abbattuti e ricostruiti. Come in via
Gigliotti e via Tranfo, la parte nuova del quartiere, roccaforti dello
spaccio e della compravendita degli alloggi comunali. Infilate di
saracinesche abbassate denunciano la moria del commercio.
Immediata la condanna della sindaca Virginia Raggi: «Un episodio vergognoso per la città».
«Il
quartiere è completamente abbandonato – esclama il consigliere dem al
IV municipio, Emiliano Sciascia – non esiste una progettazione. Il
nostro piano da 150mila euro l’anno per la creazione delle reti di
welfare sociale poteva partire, ma la giunta M5s l’ha congelato».
«Stiamo
dando il via al Piano di riqualificazione urbana – assicura intanto la
minisindaca Roberta Della Casa – Abbiamo già preso in consegna il nuovo
mercato, due strade e dei giardini: presto apriranno». Eppure le
siringhe nel mercato di via Recanati, i neon fulminati, l’intonaco
cadente denunciano altro. Su via Tiburtina c’è la polveriere della ex
fabbrica di penicillina dove convivono famiglie rom, stranieri, senza
casa. Un dei tanti nodi irrisolti del quadrante. Come le strade
costellate dai crateri. E gli esercizi commerciali crocevia dei traffici
illeciti. Un esempio? Il bar “della coltellata” in via Corinaldo, la
piazza di spaccio più grande di Roma a 13 chilometri dal centro.