Repubblica 9.12.16
Ancora Renzi solo per votare prima opzione del Quirinale
Se fallisce, in pole Gentiloni
L’obiettivo del Colle governo entro il 15 per il vertice della Ue
Mattarella
avvia i colloqui, l’incarico forse lunedì Il premier davanti al
dilemma: guidare la fase di transizione ma bruciarsi l’immagine. E per
ora rifiuta il pressing
di Goffredo De Marchis
ROMA.
Rinviare Renzi alle Camere per verificare se ha ancora la fiducia e
dunque una maggioranza. Con un impegno solenne. Il nuovo giro di giostra
ha una scadenza molto ravvicinata: la sentenza della Corte
costituzionale sull’Italicum, il 24 gennaio. E se il pronunciamento dei
giudici riscrive una legge elettorale immediatamente utilizzabile, si
scivola velocemente verso le elezioni anticipate. Anche ad aprile.
Al
Quirinale, sebbene le consultazioni non siano mancora entrate nel vivo,
si ragiona su questa ipotesi. Che contiene una notizia buona e una
cattiva per Matteo Renzi. La buona è che il suo ritorno a Palazzo Chigi
si reggerebbe su un “patto istituzionale” per andare molto presto alle
urne. Anche nel caso si dovesse mettere mano alla legge elettorale con
un ritocco o con un’armonizzazione delle regole di voto per Montecitorio
e Palazzo Madama. Sarebbe comunque l’ex premier a gestire la partita.
La cattiva è che un ritorno immediato sulla poltrona di presidente del
Consiglio gli farebbe pagare un carissimo prezzo di immagine rispetto
agli elettori, lo esporrebbe alla caricatura del Rieccolo, il soprannome
affibiato all’eterno Amintore Fanfani. Per questo, Renzi continua ad
avere mille dubbi. Anzi, il suo rimane un “no”, riferito ai fedelissimi
in queste ore: «Non accetto il bis o una nuova fiducia. Non faccio il
capro espiatorio». Come dire: se torno indietro mi sparebbero tutti
contro, sarei solo un bersaglio.
Ma il presidente della Repubblica
Sergio Mattarella, nei colloqui con Piero Grasso, Laura Boldrini e
Giorgio Napolitano, parlando di tempistica, ha lasciato capire che la
strada maestra è quella di un rinvio alle Camere. Lunedì, finite le
consultazioni, il capo dello Stato decide e vuole che al Consiglio
europeo di giovedì si sieda un governo italiano in carica. Non solo: «Un
governo che abbia avuto la fiducia di almeno una Camera ». Da lunedì a
giovedì corrono solo due giorni. Un tempo incompatibile con un
reincarico a Renzi, il bis, che significa la formazione di un nuovo
esecutivo, o la scelta di un nome diverso. Compatibile invece con un
voto di fiducia al governo dimissionario. Del resto, la maggioranza è
solida anche al Senato, dove ha preso 173 voti appena l’altro ieri.
Al
Quirinale devono ancora parlare Lega, 5 Stelle, Forza Italia e il Pd.
Lo faranno tra oggi e domani. È sempre possibile che questo disegno
subisca delle variazioni, che qualche risposta positiva su una legge
elettorale da farsi ex novo possa arrivare. A quel punto il Partito
democratico ha i nomi per uscire dalla crisi. Il preferito di Renzi è il
ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. Seguito da Pier Carlo Padoan.
Molto dietro Graziano Delrio che secondo i renziani farebbe ombra al
leader dem. Tagliato fuori invece Dario Franceschini. Il ministro della
Cultura è molto irritato per le voci su un suo presunto accordo con
Forza Italia per arrivare a Palazzo Chigi. Ha diffuso una nota, fatto
molto lontano dal suo stile. Per raccontare che, con ironia, ha risposto
ieri ai messaggi spiegando di «non poter parlare perchè sono ad Arcore a
chiudere il patto con Berlusconi...» . Ma è furibondo. Tra i due è
rottura totale. «Matteo è il segretario - spiega Franceschini - e il
partito deve seguire la sua linea».
Franceschini dunque non è più
in corsa, anche a detta del Colle. Dove si ripete sempre che il pallino
resta nelle mani di Renzi, che è lui a dover decidere lo sbocco della
crisi. Spendendosi in prima persona con le “garanzie” di un percorso
verso il voto anticipato da dettare nei tempi e nei modi. E con qualche
apertura da parte degli altri partiti che non lo renda un punching ball.
O indicando un altro dirigente dem.
Le parole di Luigi Di Maio,
in questo senso, sono un avvertimento chiarissimo. I 5 Stelle vogliono
Renzi a Palazzo Chigi ed elezioni subito. Questa è la loro strategia per
preparare una seconda vittoria, dopo quella al referendum di domenica
scorsa. «La soluzione della crisi è semplice: il premier dimissionario
resta in carica per il disbrigo degli affari correnti - dice il
vicepresidente della Camera -. Fino alla sentenza della Consulta. Poi si
va subito al voto».