il manifesto 9.12.16
Governo. Primo giorno di consultazioni al Quirinale. Il presidente punta a chiudere presto: solo un giro di consultazioni
Renzi nella strettoia del reincarico
Il segretario dem sogna di risultare l’unica alternativa a se stesso
di Andrea Colombo
Il
minuetto delle consultazioni è cominciato alle 18 di ieri con l’arrivo
al Quirinale del secondo cittadino dello Stato, Pietro Grasso. Il
colloquio tra il presidente della Repubblica e quello del Senato è
durato una mezz’ora, poi Grasso è uscito per essere sostituito dalla
presidente della Camera Laura Boldrini, e con i giornalisti non si è
fatto sfuggire un fiato. Questione di rispetto istituzionale,
ovviamente, ma anche se non ci fosse stato quello di mezzo probabilmente
Grasso avrebbe tenuto comunque la bocca cucita. Anche se è stato
cancellato dai toto-premier che impazzano sa bene di essere ancora in
corsa.
Ha chiuso la sfilata il presidente emerito Giorgio
Napolitano. Di solito la consultazione degli ex presidenti ha scarso
significato politico. Stavolta è l’opposto, perché Napolitano resta uno
dei principali artefici occulti della politica italiana. Il referendum è
stato anche una sua sconfitta personale, ma non significa affatto che
abbia smesso di tessere le sue tele. Anche re Giorgio, come la
presidente della Camera, è uscito dal Quirinale senza dire una parola.
Sul
tavolo di Sergio Mattarella dovrebbe campeggiare la proposta lanciata
ieri dal Pd, che verrà ripetuta e ufficializzata domani dalla
delegazione capeggiata dal vicesegretario Guerini e non da Renzi:
governo istituzionale a lunga scadenza ma solo se appoggiato da altre
forze politiche oltre a quelle della maggioranza oppure elezioni subito
dopo la sentenza della Consulta sull’Italicum. Però tutti sanno che è
una proposta finta, squadernata nella certezza della sua
impraticabilità. Deciso a non perdere tempo, addirittura con la speranza
di chiudere la crisi entro il 15 dicembre, Mattarella guarda già al day
after. Non ci saranno nuove consultazioni, non formali almeno. Sarà il
capo dello stato a decidere sulla base di quanto emergerà nei prossimi
giorni. Quando tutti i partiti d’opposizione, a cominciare da Forza
Italia, avranno confermato la loro indisponibilità all’allargamento
della maggioranza per un governo istituzionale.
La vera partita
inizierà solo a quel punto, e dovrebbe essere rapidissima, ma il tavolo
va apparecchiato subito e il presidente ha tutte le intenzioni di farlo
confermando quanto già detto: per arrivare alle elezioni non basta la
sentenza della Consulta. Bisogna che ci sia una vera legge elettorale
omogenea per entrambe le Camere. Va fatta una nuova legge o almeno vanno
armonizzate quelle, al momento contraddittorie, uscite dal
rimaneggiamento della Corte costituzionale. Si sa che Renzi non è
d’accordo. Ha messo nero su bianco che senza il governo istituzionale si
deve votare con le leggi che già ci sono. Ma dopo la mazzata del
referendum, con ampie aree del Pd non disposte a seguirlo su questa
strada e con l’arbitro determinato a tener duro sul punto, è difficile
pensare che possa imporre la sua scelta.
Dunque sia il capo dello
Stato che Renzi aspettano la fine del giro a vuoto per scoprire le
proprie carte. Quella di Mattarella sarà quasi certamente la proposta di
un governo del presidente, guidato cioè da un premier indicato dal
Colle: il ministro Pier Carlo Padoan o lo stesso Pietro Grasso. Per
fermare Mattarella, Renzi ha una sola carta, di sicuro effetto ma
costosissima: chiedere il reincarico. Il Colle non avrebbe nulla da
ridire: si tratterebbe anzi certamente dell’opzione più gradita. Ma il
prezzo in termini di immagine sarebbe altissimo. Per questo chi cerca di
convincere il diretto interessato a soprassedere non esita a parlare di
uno sbaglio paragonabile alla disastrosa scelta di personalizzare il
referendum.
Renzi al momento non ha ancora deciso. L’ipotesi gli
piacerebbe molto e soprattutto i componenti della sua guardia di ferro
insistono, ben consapevoli che per loro, ancora più che per l’ex
premier, è questione di vita o di morte. Ma per tornare a palazzo Chigi
dovrebbe riuscire a farlo senza perdere la faccia e ancora non sa quale
possa essere quella tortuosa strada. Spera che le cose si ingarbuglino
tanto da far apparire il suo rientro in scena come un gesto di
responsabilità e non una scelta. Un sacrificio. Ma che quella
possibilità si realizzi è da dimostrarsi: se non proprio impossibile è
improbabile che si presenti.
Sulla carta ci sono altre ipotesi.
Ieri erano gli stessi renziani a far circolare alcuni nomi, quello del
ministro Gentiloni o forse addirittura Delrio. Tutto è possibile ma
l’ipotesi che un governo politico, sostenuto da questa stessa
maggioranza e destinato per forza a restare in carica ben oltre marzo,
fino a giugno e forse fino al febbraio 2018, possa essere guidato da un
ministro politico del governo in carica suona come poco credibile.
Il
vero bivio è tra una riconferma di Renzi, che per il Pd potrebbe
rivelarsi tombale, e un premier tecnico o istituzionale: il ministro non
politico Padoan, in nome dell’emergenza economica, oppure, ma è assai
meno probabile, il presidente del Senato.