giovedì 8 dicembre 2016

Repubblica 8.12.16
La Corte Costituzionale esaminerà i ricorsi il 24 gennaio. “Data imposta dai termini di legge”
Ballottaggio e capilista bloccati così l’Italicum rischia la bocciatura
di Liana Milella

ROMA. Il countdown dice che mancano ancora 48 giorni alla decisione della Consulta sull’Italicum, ma tre anticipazioni su quella sentenza sono già possibili. Ecco la prima. La Corte, con i riflettori della politica puntati addosso e giusto tre anni dopo la famosa sentenza firmata da Giuseppe Tesauro sull’ex legge elettorale chiamata Porcellum, darà un colpo di forbici al meccanismo che rende obbligatorio il ballottaggio se nessuna lista raggiunge il 40% dei voti. Non è in discussione il pur congruo premio di maggioranza già al primo turno (340 deputati per chi supera il 40%). Il fumus di incostituzionalità riguarda un secondo turno cui si accede senza alcuna soglia minima, ma che in compenso ha come risultato per chi vince la conquista di ben 340 seggi, cioè la maggioranza.
Siamo alla seconda anticipazione. I 14 alti giudici – manca il quindicesimo dopo le dimissioni dell’avvocato Giuseppe Frigo – ritengono che la scelta dei capilista bloccati, e per di più identici in più di un collegio, violi il principio di uguaglianza perché il privilegio politico di chi si piazza al primo posto e può anche scegliere il collegio una volta eletto, danneggia gli altri candidati in lista.
Siamo alla terza, possibile, modifica. La necessità di parificare le soglie di sbarramento tra le due leggi elettorali in vigore, l’Italicum e il Consultellum. Quest’ultimo, per il Senato a livello regionale, prevede tre soglie, il 3, l’8 e il 20%, a seconda che i partiti si presentino da soli o raggruppati. Per rendere le due leggi omogenee la Corte darebbe il via libera alla soglia del 3 per cento. Perché un punto fermo va tenute a mente: dall’esame chirurgico della Corte deve comunque uscire una legge che sia subito applicabile. La discrasia delle soglie invece cozza contro una garanzia di rappresentatività.
Da oggi al 24 gennaio, quando si terrà l’udienza pubblica sull’Italicum e la Consulta ne deciderà il destino nel segreto della camera di consiglio, ci sono, come dicevamo, 48 giorni. Quella data, il 24, era obbligata perché «imposta dai termini di legge», come scrive la stessa Corte, per dare alle parti il tempo per aggiornare le memorie. Le indiscrezioni potrebbero mutare, anche se erano identiche il 12 settembre quando Repubblica ne dette per prima notizia. Ma il fatto certo è che l’Italicum non uscirà indenne dalla discussione. A meno che non prenda piede una proposta di mediazione attribuita a Giuliano Amato, giurista e politico arcinoto: niente bocciatura, ma l’indicazione di una manifesta pericolosità nell’attribuire il premio al ballottaggio senza una pur minima soglia. A quel punto la palla passerebbe alla politica.
Anche se il vice avvocato generale dello Stato Vincenzo Nunziata, in due ponderose memorie, invita la Corte all’inammissibilità perché con l’Italicum non si è mai votato, è certo che la Corte andrà avanti. Lo ha fatto col Porcellum (s’era votato una volta) e un passo indietro sarebbe giudicato un gesto malla Ponzio Pilato. Altrettanto certo è che il comitato degli avvocati, capitanati da Felice Besostri, che un anno fa hanno scatenato l’offensiva contro l’Italicum con esposti in una ventina di tribunali, darà battaglia pure in Corte. I ricorsi dei giudici di Messina, Torino, Perugia, e ora di Trieste e Genova, sono frutto di quella protesta in cui tutto l’Italicum, compresi i tre voti di fiducia alla Camera contro una Costituzione che li richiede a maggioranza, era contestato. Dice Besostri: «Dopo l’esito del referendum la questione dell’Italicum è fondamentale».