Repubblica 8.12.16
Correnti dem in armi. Lotti: non ci fidiamo più
Il retroscena. Cena tra i “falchi” renziani: urne a marzo
il ministro della cultura: impedirò a matteo di portarci a sbattere
Orlando critica Renzi: “Doveva occuparsi più del partito, ora avremmo molti guai in meno”
di T. Ci.
ROMA.
Guerra fredda, ma al massimo per qualche giorno. Nel Pd la scintilla è
solo questione di tempo. «Non avete ancora capito qual è la linea? - si
arrabbia Luca Lotti, rinchiuso nel fortino con i fedelissimi del premier
- La linea è che noi vogliamo le elezioni a marzo. Ormai possiamo
fidarci soltanto di noi stessi». Vince il sospetto, si frantumano
alleanze. È il sentimento che governa il renzismo in crisi. Cordialmente
ricambiato dagli avversari interni, mai così lontani dal capo. «Non
consentiremo a Matteo di portarci a sbattere contro un muro - scandisce
Dario Franceschini dopo pranzo, riunendo riservatamente alcuni big della
sua pattuglia - Gliel’ho detto in faccia, ma niente. Lo facciamo per
lui, ma soprattutto per il Pd».
La fiducia, si diceva. Poca,
pochissima è quella che ripone Andrea Orlando nelle mosse del leader.
«Si sarebbe dovuto occupare molto prima del partito - si lamenta con i
“Giovani Turchi” che lo chiamano - e avremmo evitato parecchi problemi».
L’asse con Franceschini è di ferro, la sintonia con il Colle totale.
Vogliono contenere Renzi, condurlo sulla strada indicata dal Quirinale.
Se tutto dovesse precipitare, però, proverebbero la scalata del partito,
puntando tutto sulla candidatura del titolare della Giustizia.
A
metà pomeriggio Daniele Marantelli - che gestisce la corrente di Orlando
- si aggira in Transatlantico con l’elenco dei deputati da blindare.
Fanno tutti così, perché non è più una guerra tra correnti, piuttosto un
risiko tra fazioni. In direzione si evita lo scontro, ma soltanto
perché ancora non conviene a nessuno. L’incidente resta sempre dietro
l’angolo. Lo cercano ad esempio i “falchi di Matteo”, immaginando di
proiettare durante il summit di partito un video rilanciato dall’Unità.
tv, quello in cui Massimo D’Alema e Roberto Speranza brindano alla
sconfitta del premier nel corso della nottata referendaria. Tocca ai
renziani più diplomatici bloccare all’ultimo la sortita.
La conta
dei gruppi parlamentari resta fondamentale, in questo braccio di ferro. I
numeri non sorridono a Lotti e Francesco Bonifazi. Per questo, hanno
iniziato a marcare stretto anche Angelino Alfano e Denis Verdini. Visto
che i “democratici renziani” scarseggiano, tornano utili le truppe di
Ala e Nuovo centrodestra per provare a soffocare ogni ipotesi di governo
sgradita a Renzi.
Scenario contro scenario, veleno contro veleno.
Ecco allora che i renziani accusano Franceschini di intelligenza con
l’avversario berlusconiano, promettendo barricate. E i franceschiniani
sospettano che il leader voglia vendicarsi facendo piazza pulita nel
partito. «Che situazione - ragiona sconsolato Michele Anzaldi -. Eppure,
basterebbe decidere qual è il nostro obiettivo. Vogliamo portare il Pd a
vincere le elezioni o vivacchiare fino a fine legislatura? Se ci
intendiamo su questo, troviamo una soluzione. Anche con Franceschini».