Repubblica 7.12.16
Il coraggio da ritrovare per sfuggire alla legge del più forte
di Eraldo Affinati
VIVERE
a San Basilio, Roma, dove la droga si compra e si smercia a cielo
aperto e la guerra fra poveri non conosce tregua, significa mettere la
mano sul tronco che brucia. Fra Ponte Mammolo e il Grande Raccordo
Anulare, nel punto in cui da anni è cresciuta una delle piazze di
spaccio più grandi d’Europa e le sale giochi sulla vicina via consolare
hanno deturpato l’antico paesaggio tiburtino, le parole dei politici
assomigliano alla carta straccia. Le liste d’attesa per ottenere
soggiorno e cucina sono una favola metropolitana. Come a Tor Bella
Monaca, anche qui le volanti della polizia sembrano corpi estranei nel
tessuto urbano, quasi attraversassero un paese colonizzato e non fossero
invece a un tiro di schioppo dal Cupolone. Ecco perché quello che è
successo ieri in via Filottrano non ci sorprende affatto. Anzi,
purtroppo rappresenta la norma.
La famiglia marocchina, padre,
madre e tre bambini piccoli, che aveva ottenuto la regolare assegnazione
di una casa precedentemente occupata, dopo la protesta degli inquilini
inferociti, ha rinunciato a entrare nell’appartamento. Prima gli
italiani, quindi gli stranieri: questa è stata la motivazione dei
rivoltosi. Non pochi hanno cercato di trovare la vera ragione nel
degrado di certi spazi abbandonati, regno dei pusher e di chi li
organizza, ai quali conviene creare zone franche dove prosperare. Fatto
sta che quando gli assegnatari si sono presentati davanti ai palazzi
popolari hanno trovato l’opposizione di coloro che sulla carta avrebbero
dovuto essere i futuri vicini di casa. Una vecchia storia da brutti,
sporchi e cattivi rivissuta in tinta nuova. Possiamo solo immaginare la
mortificazione dei bambini, la paura dei genitori, l’imbarazzo delle
persone perbene che pure abitano lì vicino.
Tornano i fantasmi di
Tor Sapienza, altra periferia capitolina, che un paio di anni fa
incendiarono gli animi dei più facinorosi, quella volta a scapito dei
minorenni non accompagnati ospiti dei centri di pronta accoglienza,
alcuni dei quali, venendo a lezione di lingua italiana dal sottoscritto,
mi raccontarono a pezzi e bocconi la rabbia degli abitanti che
avrebbero voluto farli sloggiare dalle loro stanze spoglie arredate coi
manifesti dei calciatori preferiti.
C’è un lavoro umano da
compiere in questo Paese alla frontiera del mondo più sviluppato. Lo
dobbiamo fare tutti insieme. I legislatori possono dettare le regole di
comportamento, ma se la gente non trova la forza, la convinzione e il
coraggio necessari per incarnarle nella vita quotidiana, queste sono
destinate a restare lettera morta. Così si esce dalla polis per tornare
alla radura di bosco dove vincerà sempre il più forte. È questo che
vogliamo?
L’autore è uno scrittore. Il suo ultimo libro è L’uomo del futuro (Mondadori)