Repubblica 7.12.16
“Profughi, più espulsioni” Merkel svolta a destra sull’accoglienza
Retromarcia elettorale, la Cdu la riconferma al vertice E sull’Islam: “Il velo integrale dovrebbe essere vietato”
di Tonia Mastrobuoni
ESSEN.
Nella capitale del carbone e dell’acciaio, nella città simbolo
dell’industrializzazione e di un secolo e mezzo di immigrazione, Angela
Merkel si è presentata ai mille delegati con una giacca rosso fuoco e
richiamando con forza i valori delle democrazie liberali. Ma non ha
potuto evitare la virata a destra del suo partito. Anzi, per incassare
una riconferma alla guida della Cdu con un voto apparentemente bulgaro,
l’89,5% di sì, ma in realtà inferiore alla sua storica media, quasi
sempre al di sopra del 90%, Angela Merkel ha dovuto chinare il capo ad
una decisa stretta sulle politiche migratorie.
«Non tutti gli
890mila profughi arrivati qui nel 2015 potranno rimanere» ha detto.
Niente tetto ai profughi: però la cancelliera ha scandito che «una
situazione come quella della tarda estate 2015 non può e non deve più
ripetersi». Ed ha avuto parole chiare anche rispetto all’Islam. «Il
nostro diritto deve avere il primato rispetto a regole di tribù, di clan
e anche della sharìa. E il velo integrale dovrebbe essere vietato». La
leader dei conservatori tedeschi ha anche ricordato che un terzo delle
richieste di asilo «è stata respinta: quelle persone devono lasciare il
Paese».
Al termine di quest’annus horribilis 2016, in cui la Cdu
ha subito crolli mostruosi in cinque elezioni regionali, il congresso
l’ha premiata comunque con una standing ovation di 11 minuti. Anche
perché non c’è alternativa alla “cancelliera dei profughi”. E molte
leggi più restrittive, in realtà, sono già state approvate. Tanto che i
passaggi più forti, più sentiti del suo discorso sono stati quelli
dedicati alla politica estera e alla necessità di proteggere i valori
“della “C” della Cdu», quelli cristiani dell’inclusione e della difesa
dei diritti umani. La figlia di un pastore protestante ha sottolineato
che «chi è cresciuto nella Ddr sa apprezzare la democrazia» e ha
raccontato che «nell’89 un amico mi disse “vai, apriti, assapora la
libertà”». E, a proposito dell’89, Merkel ha detto che lo slogan di
Pegida e dell’Afd, «noi siamo il popolo», è un abuso. «Noi siamo tutti
il popolo, e non una minoranza, solo perché grida più forte».
Merkel
sa bene di incarnare, al livello internazionale, un baluardo di un
mondo finito in trincea dinanzi ai crescenti populismi autoritari e
nazionalisti. Ma sa anche che il sostegno dei cristianodemocratici nel
suo Paese non può prescindere da un cambiamento di rotta, anche nel
processo decisionale. «Quando riflettevo sulla mia candidatura, mi
dicevano “devi, devi, devi”. Quindi ora vi dico “dovete, dovete, dovete
aiutarmi”». Niente più fughe in avanti, niente più assoli come sulle
«porte aperte ai profughi», è questo il messaggio.
Merkel si è
detta scandalizzata che la gente scenda in piazza contro l’accordo
transatlantico Ttip e non per le bombe su Aleppo dei russi e degli
alleati di Assad. «Qualcosa non va», ha scandito: «Aleppo è una
vergogna, perché non si riescono a garantire corridoi umanitari e non
c’è un’indignazione internazionale». La cancelliera ha anche detto che
l’Europa «non può uscire dalla crisi più debole di come vi è entrata -
vale sempre quanto sosteneva Helmut Kohl: l’Europa è una questione di
vita o di morte». Soprattutto, «non possiamo tollerare una seconda crisi
dell’euro: dobbiamo rispettare il patto di stabilità». Un passaggio
importante è stato quello dedicato alla digitalizzazione, una delle
«grandi sfide» del suo prossimo governo, se tornerà cancelliera: «Da
essa dipende il nostro benessere». L’accesso a internet, ad esempio,
«dovrà essere considerato essenziale, come l’accesso all’elettricità o
all’acqua».