mercoledì 7 dicembre 2016

La Stampa 7.12.16
Merkel: “No al burqa e meno migranti”
La cancelliera tedesca vira a destra e riconquista la Cdu: eletta per l’ottava volta alla guida del partito
di Alessandro Alviani

Angela Merkel torna nella stessa sala della fiera di Essen dove sedici anni fa venne eletta per la prima volta alla guida della Cdu. Incassa la sua ottava rielezione, ma con un risultato che riflette i malumori della base cristiano-democratica per la politica delle porte aperte e la delusione per le sconfitte alle regionali di quest’anno.
L’89,5% dei circa mille delegati del congresso Cdu hanno votato per riconfermarla leader. Si tratta del secondo peggior risultato di sempre per Merkel e del peggiore da quando è arrivata alla cancelleria, nel 2005. Due anni fa aveva preso il 96,7%. Tuttavia non si tratta di uno schiaffo, analizza il professor Karl-Rudolf Korte, uno dei più noti politologi tedeschi: «Non esce danneggiata dal congresso, il partito è meno entusiasta di lei, certo, ma dopo 16 anni ha raccolto quasi il 90%, chi altro è in grado di fare altrettanto?».
È stato un discorso privo di grandi slanci, quello della cancelliera, onorato comunque alla fine da undici minuti di applausi. Merkel ha subito messo in chiaro che una situazione come quella dell’estate 2015, quando 890.000 migranti entrarono in Germania praticamente senza controlli, «non può e non deve ripetersi, questo è il mio obiettivo politico dichiarato». Chi ha davvero bisogno di protezione la otterrà, chi non ha una prospettiva stabile dovrà invece lasciare il Paese, nota.
Bisogna attendere tre quarti d’ora prima che la platea si scaldi davvero: «in Germania valgono le leggi del nostro Paese, per tutti e senza eccezioni», scandisce. «Non vogliamo società parallele, le nostre leggi hanno priorità sul diritto tribale, sulle regole familiari e sulla sharia», puntualizza tra gli applausi. «Il velo integrale non è appropriato e andrebbe proibito...». La parte finale della frase finisce per essere inghiottita dall’esultanza dei delegati: «...ovunque possibile». Precisazione importante, che torna anche nella mozione principale che verrà discussa oggi al congresso: «Rifiutiamo il velo integrale» e «vogliamo vietarlo sfruttando tutte le possibilità legali». Una mozione che certifica quello spostamento a destra del baricentro dei cristiano-democratici che si era andato delineando già negli ultimi mesi. Il partito inasprisce ad esempio la linea in materia di immigrazione: nel testo la Cdu propone tra l’altro di riportare sulle coste nordafricane i migranti salvati nel Mediterraneo e di occuparsi di loro lì.
Nel suo discorso Merkel critica l’aggressività di alcune discussioni su Internet (a volte si ha l’impressione che anche i tedeschi avrebbero bisogno di un corso di integrazione, lamenta) e lancia una frecciata ai sostenitori di Pegida e del partito populista della AfD, che alle loro manifestazioni scandiscono spesso lo storico slogan «Noi siamo il popolo»: «chi è il popolo lo decide tutto il popolo e non soltanto alcuni, per quanto forte urlino». Una frase accolta da ampi applausi.
La cancelliera chiede più solidarietà in Europa sulla redistribuzione dei migranti, ricorda che sul piano economico la Germania «fa i suoi compiti a casa, ma non basta», per cui bisogna «rafforzare la competitività in Europa, specie dopo il fallimento del referendum in Italia». E usa per tre volte l’immagine di un «mondo in disordine»: un chiaro tentativo di presentarsi come un elemento di stabilizzazione irrinunciabile in tempi di incertezze.
Poi, con lo sguardo alle elezioni del 2017, si rivolge ai delegati: «dovete, dovete aiutarmi». Un appello dai toni nuovi, spiega il professor Korte: «Solo la Spd usa la seconda persona, Merkel non l’aveva mai usata finora, sino a un anno fa avrebbe usato il «Sie» (il «Voi» di cortesia in tedesco, ndr): arrivata alla sua quarta candidatura a cancelliera sente che ha bisogno di ancora più sostegno, anche a livello personale, per cui fa un passo ulteriore in direzione dei delegati». Un appello a serrare le file, insomma, in vista di quella che, per dirla con Merkel, sarà «la campagna elettorale più difficile dalla riunificazione».