il manifesto 7.12.16
«Mutti è una leader pragmatica, questa non è una svolta a destra»
Intervista
a Michael Braun . «L’inasprimento dei toni nei confronti dell’Islam è
solo retorica. Sui profughi c’è il consolidamento di una politica già
molto dura. Ma non vedo una Cdu più a destra: la linea resta quella
centrista tenuta dal 2005», spiega il corrispondente da Roma del
quotidiano progressista «die Taz», e autore dell'autobiografia della
cancelliera «spiegata agli italiani»
di Jacopo Rosatelli
Angela
Merkel potrebbe eguagliare Helmut Kohl nel titolo di cancelliere più
longevo della Repubblica federale tedesca. A separarla dall’obbiettivo,
le elezioni politiche previste il prossimo settembre, alle quali, com’è
noto, ha deciso di ripresentarsi. Per riflettere sul senso e le
implicazioni di questa scelta Michael Braun è un interlocutore prezioso:
corrispondente da Roma del quotidiano progressista die Taz, l’anno
scorso ha pubblicato Mutti. Angela Merkel spiegata agli italiani
(Laterza), biografia politica della cancelliera scritto con la
precisione di un manuale politologico.
Braun, Merkel è la candidata giusta per una Cdu che diventa più conservatrice?
Devo
dire che non vedo una Cdu più a destra: la linea resta quella centrista
tenuta dal 2005. E Merkel, dunque, è la candidata adatta per questa
Cdu, perché è la leader pragmatica che conosciamo, capace di cambiare
posizione quando necessario. Sui profughi ha fatto due correzioni di
rotta in un anno: prima dell’estate 2015 difendeva le regole di Dublino e
quindi era contraria all’accoglienza da parte della Germania, poi ci fu
l’apertura, infine il ritorno alla situazione di partenza.
Quindi
è sempre «Merkiavelli», come la definì Ulrich Beck, cioè una politica
che machiavellicamente è capace di mutare e adattarsi, approfittando
delle occasioni per consolidare la forza sua e del suo Paese…
Esatto.
Su nessuna questione lei esprime un orizzonte: maneggia le situazioni,
le amministra in modo tecnicamente più o meno riuscito, ma non ha mai
uno slancio che le faccia esprimere una visione generale sulle cose.
Eccelle nell’arte del navigare a vista.
La sua ricandidatura è frutto anche di una mancanza di alternative nel partito?
Sì,
se si eccettua il ministro delle finanze Wolfgang Schäuble, che sarebbe
piaciuto di più all’elettorato conservatore, ma meno a quello
centrista. Va detto anche che gli indici di gradimento di Merkel sono
alti: il 55% dei tedeschi, secondo gli ultimi sondaggi, vuole lei come
cancelliera. E stravince nel confronto con Sigmar Gabriel, leader della
Spd.
Diceva che non le sembra che la Cdu cambi direzione: a suo
giudizio quindi il congresso di Essen non sancisce una svolta a destra?
No,
secondo me i democristiani rimangono nel solco tracciato in questi
anni. È vero che c’è un inasprimento nei toni nei confronti dell’Islam,
ma è solo retorica. E sui profughi c’è solo il consolidamento di una
politica che è già molto dura. Ma non è una svolta a destra: Merkel non
ha l’obbiettivo di contendere alla Alternative für Deutschland (Afd)
l’elettorato più conservatore, ma continua a puntare sull’area centrale
che si riconosce nei valori liberal-democratici. È la stessa area a cui
si rivolgono anche Spd e Verdi, e questo spiega perché i più contenti
della ricandidatura della cancelliera sono proprio quelli dell’Afd,
mentre socialdemocratici ed ecologisti sono in difficoltà: una parte del
loro elettorato potrebbe decidere di votare Cdu proprio perché si
identifica in Merkel. Bisogna capire la dinamica fondamentale della
politica tedesca: una competizione di tutti i partiti, tranne Linke e
Afd, per aggiudicarsi il consenso dei due terzi della società, cioè
quelli che hanno studio e lavoro stabile. In quest’area Merkel vince
perché non spaventa, non suscita mobilitazione contro di lei: su
nucleare, salario minimo legale, unioni civili, ha le posizioni di Spd e
Verdi. La novità è l’irruzione in scena della parte rimasta esclusa,
che ora torna alle urne a votare Afd.
Nei rapporti fra Cdu e i bavaresi della Csu vede la possibilità di un divorzio?
No,
le differenze rientrano in un gioco delle parti da campagna elettorale:
nei fatti, le politiche sui profughi sono già quelle gradite alla Csu,
lontanissime dalle braccia aperte ai rifugiati dell’estate dell’anno
scorso. La Csu ha una retorica più di destra di quella della Cdu perché
in Baviera punta ad annullare la Afd: ciò che la Cdu invece, nel resto
della Germania, non fa.
Martin Schulz ha lasciato Strasburgo: sarà lui il candidato cancelliere della Spd?
Certamente
Schulz ambisce a incarichi importanti, ma non si metterà a fare la
guerra a Gabriel: i due sono alleati e amici, e sceglieranno in modo
consensuale chi sfiderà Merkel. Schulz forse è più popolare, ma è da
tempo lontano dalla politica nazionale, e questo rischia di
penalizzarlo.
Dopo l’accordo per la città di Berlino è più vicina l’ipotesi di una coalizione Spd-Verdi-Linke per il governo del Paese?
La
Spd è indubbiamente più aperta di prima nei confronti di tale
prospettiva, perché altrimenti si condannerebbe in eterno a essere il
partner minore della grande coalizione: un ruolo che costa molto caro in
termini elettorali. Per l’alleanza progressista, però, c’è il rischio
che manchino i numeri: i sondaggi attualmente dicono questo.