martedì 6 dicembre 2016

Repubblica 6.12.16
Boschi e il lungo giorno dopo “Sono sfinita, non me l’aspettavo”
La “madrina” della riforma bocciata parla solo su Fb: “Speravo in un altro risveglio”. Poi lo sfogo con gli amici: “Il partito non lo molliamo”
di Carmelo Lopapa

ROMA. «Sono sfinita, provata. Io adesso voglio solo capire. Riflettere e capire cosa sia successo, perché così non si può, non era nell’ordine delle cose». Eccola la grande sconfitta della battaglia campale del 4 dicembre, la ministra Maria Elena Boschi è il volto della riforma costituzionale travolta dai No. Si può far presto a tramontare, da madre costituente a stella cadente della costellazione renziana. Ma nei colloqui privati dell’avvocatessa aretina riemerge nello sconforto l’orgoglio di sempre: «Non lasceremo mai il partito a chi vuole dividere e distruggere il Pd».
Chiusa nel suo suo ufficio al ministero delle Riforme e delle Pari opportunità in Largo Chigi. Solo due puntate alla Presidenza, dall’altra parte della strada, alle dieci del mattino con l’altro ministro renziano Graziano Delrio, poi nel pomeriggio per il Consiglio dei ministri delle (per ora) annunciate dimissioni del premier. Il viso è appena provato dalle quattro ore di difficile sonno della notte precedente. Notte nella quale Maria Elena si è semplicemente eclissata. Matteo Renzi - noteranno in tanti - non la cita tra i ringraziamenti nella conferenza stampa dell’addio al governo. Lei non si fa vedere, non una dichiarazione pubblica, non un’intervista televisiva dopo l’overdose della campagna referendaria. Si limiterà, di primo mattino, a un post su Facebook. «Peccato. Avevamo immaginato un altro risveglio: istituzioni più semplici in Italia, paese più forte in Europa. Non è andata così. Adesso al lavoro per servire le istituzioni. Mettiamo al sicuro questo questa legge di bilancio», si limita a scrivere. Lo posta dal ministero, dove circondata dai pochissimi collaboratori di sempre, trascorre la mattinata firmando atti e rispondendo alle telefonate dei parlamentari amici. A tutti lascia la sensazione spiazzante di una donna travolta da un evento funesto e inatteso. Le uniche foto la immortalano in abito grigio sotto un cappotto nero, appena uscita dal dicastero per salire in auto.
Con i deputati e poi con i colleghi al termine del Consiglio dei ministri lampo il commento è lo stesso: «La sconfitta ci poteva stare, ci siamo messi in gioco, ma con queste proporzioni no, il 40 a 60 non me l’aspettavo, non era nell’ordine delle cose». Provata, cauta, riflessiva, rispetto all’altra colonna del “giglio magico”, l’arrembante Luca Lotti che sogna già di ripartire dal 40 per cento. Alla ministra è chiaro che dentro la sconfitta non c’è solo la “sua” riforma. «Hanno bocciato il governo, ma gli italiani ci giudicheranno su quel che di buono abbiamo fatto». La sconfitta per lei è più cocente che per gli altri. Unica della cerchia renziana ad aver subito l’onta della vittoria del No perfino nel suo paese, Laterina, in una delle uniche tre regioni in cui il Sì l’ha spuntata. A Rignano Renzi strappa il 58,4, a Montelupo Fiorentino Lotti il 56,7. Di un soffio, 23 voti, ma a Laterina il No vince col 50,6. Smacco nel day after già nero, laddove tutti la conoscono e chiamano ancora “Mary”, dove non è mai diventata la “Meb” dei compagni pd e dei colleghi ministri. L’icona del governo che adesso vorrebbe «solo capire».