Repubblica 6.12.16
Partito e alleanze, ecco il piano Renzi Ma il Pd esplode: “Follia votare subito”
Crepa
 nel patto di sindacato interno: Orfini e Martina favorevoli 
all’accelerazione, Franceschini e Orlando no. Il premier: “Resto 
segretario solo con mandato pieno”. E offre un patto ad Alfano
di Tommaso Ciriaco
ROMA.
 Esplode il patto di sindacato che governa il Pd. Perché se Matteo Renzi
 ha voglia di tuffarsi nell’avventura del voto immediato, gli azionisti 
di maggioranza del partito si rivoltano. Non gradisce forzature Dario 
Franceschini, né digerisce blitz Andrea Orlando. «A Matteo l’ho spiegato
 - confidava ieri proprio il ministro dei Beni culturali, incontrando i 
suoi fedelissimi - noi lo sosterremo alla segreteria, ma lui rinunci 
all’idea di tornare subito alle urne. Vada avanti, senza strappi». 
Esattamente l’opposto del piano del premier. Che invece può già contare 
sulla lealtà di Matteo Orfini e Maurizio Martina. E così, a un soffio 
dalla direzione del Pd di domani, largo del Nazareno rischia la 
balcanizzazione.
Il momento esatto in cui il barometro inizia a 
segnare tempesta è ieri, quando il leader convoca Luca Lotti e Maria 
Elena Boschi, Orfini e Martina. Non Franceschini, né Orlando. Un nuovo 
gabinetto di guerra, per fissare un unico traguardo: elezioni subito. La
 foto ricordo dei commensali diventa in un attimo il bignami dei nuovi 
equilibri. «Mercoledì dirò che resto segretario - annuncia Renzi - ma 
solo a patto di ottenere un mandato pieno dalla direzione». Tra i 
paletti, anche la richiesta di carta bianca sulla riorganizzazione del 
Pd. Come? Facendo leva sulla “regola del 40%”. «Il mio 40%».
È il 
nuovo programma politico del premier, quello sintetizzato dal tweet 
ispirato da Renzi e pubblicato nel pomeriggio sull’account di Lotti. 
«Tutto è iniziato col 40% nel 2012. Abbiamo vinto col 40% nel 2014. 
Ripartiamo dal 40% di ieri!». Si ricomincia allora dal bottino che la 
propaganda renziana considera frutto esclusivo dello sforzo del capo. E 
che significa soprattutto una cosa: «Io ci sono, non mi ritiro a 
Rignano».
La data della resa dei conti è già fissata per domani. 
Non è detto che sia l’unica, perché tra le ipotesi allo studio c’è anche
 quella di riaggiornare la riunione al termine delle consultazioni del 
Quirinale. Il premier, però, chiarirà subito di non essere disposto a 
restare ostaggio del risiko interno al Pd. «Ho quarant’anni e una sola 
faccia. E questa faccia non la perdo certo per qualche capo corrente». 
Certo, chiederà un patto a tutti gli azionisti interni della maggioranza
 che governa il partito. Ma non accetterà compromessi al ribasso.
Più
 che un gioco del cerino, si rischia un braccio di ferro. Franceschini e
 Orlando contano su nutrite truppe parlamentari. E di fronte a un 
clamoroso scenario di rottura interna, potrebbero siglare un patto per 
portare il ministro della Giustizia a sfidare Renzi alla segreteria. 
Scenari ancora prematuri, che il lavorio diplomatico degli ambasciatori 
renziani intende scongiurare. «Con Orlando non ci sarà alcun problema. E
 alla fine anche Dario - giurano - voterà con noi» Martina e Orfini, 
invece, hanno già deciso. Staranno con Renzi, puntando alla golden share
 della nuova era renziana. Insieme possono contare sul 12% dei membri 
della direzione. Meno della somma di Franceschini (20%) e di Orlando 
(4%), ma comunque abbastanza per consentire al 40% renziano di 
controllare l’assemblea. Né può cambiare le sorti della sfida il 25% di 
Gianni Cuperlo e Pierluigi Bersani.
La leadership del partito, si 
diceva. Nello schema renziano non sono previste tappe intermedie prima 
del voto. Niente congresso, insomma, al massimo primarie che incoronino 
il candidato premier. Un dato che allarma chiunque voglia insidiare 
Renzi, visto che sarebbe proprio il segretario a compilare le liste 
elettorali. Da lidi assai distanti, l’ha capito anche Angelino Alfano. 
Lui nel Pd non è di casa, ma potrebbe aspirare a diventare uno dei soci 
fondatori del “partito del 40%”. Glielo ha spiegato ieri proprio Renzi, 
consapevole che la pattuglia parlamentare di Ncd può decidere il destino
 della legislatura. L’ex berlusconiano ha chiesto garanzie per la futura
 alleanza, e si è preso un giorno per decidere. Oggi, davanti ai gruppi 
di Camera e Senato, indicherà la sua proposta per il futuro. Con o 
contro Renzi, questo è il dilemma.
 
