Repubblica 6.12.16
Carbonia
Tra i dimenticati del Sulcis “Questa sinistra ormai non ci rappresenta più”
di Marco Patucchi
CARBONIA.
 Qui Matteo Renzi non è passato. Nel tour pre-referendum in Sardegna 
delle scorse settimane, ha trovato il tempo di cenare al Forte Village 
con il presidente cinese Xi Jinping, in Italia per lo scalo tecnico di 
un suo volo internazionale. Ma nel Sulcis, cinquanta minuti di auto da 
Cagliari, Renzi non è venuto. Solo una photo opportunity con qualche 
sindacalista Cisl con il casco giallo all’aeroporto di Elmas un attimo 
prima di ripartire per Roma. Il picco di No degli elettori sardi (72,2%)
 si spiega anche con quella visita mancata. Quella distanza incolmabile 
tra il premier e i “dimenticati” di una terra messa in ginocchio dalla 
crisi economica. Tramortita dalla chiusura dell’Alcoa, il gigante 
americano dell’alluminio, e dal declino del polo manifatturiero di 
Portovesme che doveva colmare il vuoto lasciato dalla fine della civiltà
 delle miniere. Nel Sulcis-Iglesiente, per intenderci, il tasso di 
disoccupazione è ben oltre il 50% e raggiunge il 78% tra i giovani: su 
127mila abitanti i senza lavoro sono 38mila e molto si regge sul welfare
 familiare garantito da 30mila pensionati.
«Prima del referendum 
tanti colleghi mi chiamavano per avere un consiglio su cosa votare - 
racconta Bruno Usai, sindacalista Fiom e tra gli operai del presidio 
abbarbicato ai cancelli dell’Alcoa - c’era voglia di votare No, ma anche
 la preoccupazione per un voto che avrebbe significato la caduta del 
governo e l’interruzione del progetto per la salvezza della fabbrica. 
Però sono convinto che alla fine ha prevalso la coscienza dei lavoratori
 e la difesa della Costituzione: questo governo e il Pd hanno tradito i 
nostri valori. Non ci sentiamo più rappresentati». Alla Camera del 
Lavoro di Carbonia c’è un viavai di operai che arrivano per consegnare 
documenti: il sindacato sta trasmettendo alla Regione i dati per gli 
ammortizzatori in deroga che a fine anno daranno un’altra boccata 
d’ossigeno ai disoccupati di Alcoa e a quelli dell’indotto. I 
“dimenticati” del Sulcis, appunto. Gli uffici della Cgil sono in un 
edificio simbolo di questa terra, uno degli alberghi operai costruiti da
 Mussolini per ospitare le migliaia di giovani lavoratori giunti dal 
resto d’Italia per scendere in miniera. «Domenica abbiamo celebrato a 
cinquecento metri di profondità la messa di Santa Barbara, la nostra 
protettrice - ci racconta uno degli ingegneri che lavorano nell’ultima 
miniera di carbone ancora attiva, la Carbosulcis di Gonnesa, che sarà 
chiusa definitivamente tra due anni - tra noi si parlava del referendum e
 credo che in molti hanno votato no. Un voto di protesta contro una 
politica che non si cura della crisi economica: qui c’è la 
disoccupazione e intanto loro passano il tempo a discutere sul colore 
del ramarro...».
Paradossalmente, la speranza per un migliaio di 
lavoratori dell’Alcoa e per tutti gli altri dell’indotto, è nelle mani 
di un ministro del governo dimissionario, Carlo Calenda, che ha messo la
 faccia sul rilancio dell’impianto impegnandosi nella ricerca di un 
nuovo acquirente: «Siamo preoccupati - dice Roberto Forresu, anche lui 
sindacalista Fiom e operaio in una delle aziende di Portovesme - ci 
riorganizzeremo per mandare un segnale chiaro sul mantenimento degli 
impegni presi dal governo. Magari molti operai dell’Alcoa hanno scelto 
il Sì perchè allarmati per il destino del piano Calenda, resta il fatto 
che nelle fabbriche in questi anni la politica della sinistra ha deluso.
 Il Jobs act ha spazzato via garanzie e certezze».
A Carbonia il 
No ha raggiunto quota 73,27% e forse c’era da aspettarselo in una città 
che, dopo decenni di amministrazioni di sinistra, da giugno ha una 
sindaca del Movimento 5 Stelle: «Il Sulcis ha un sistema industriale 
vecchio e senza futuro - dice Paola Massidda - non sarà un caso se, dopo
 l’addio dell’Alcoa, nessuna multinazionale si sia fatta viva. Gli 
investimenti andrebbero diversificati e dirottati sull’alternativa del 
turismo». Turismo al posto dell’industria, e il mito dello sviluppo 
sostenibile. L’ennesima idea per il futuro del Sulcis. L’ennesima 
scommessa.
 
