Repubblica 6.12.16
La minoranza Pd in cerca di leader
Bersani: “Matteo stai sereno”
La sinistra frena sul congresso e le dimissioni di Renzi dal vertice del partito
L’ex segretario: “Abbiamo un anno di tempo, serve un governo di svolta”
di G. C.
ROMA.
 «Non chiederemo di rottamare Renzi». La linea della sinistra dem 
schierata per il No, che è stata vicina alla scissione, è quella dettata
 dall’ex segretario Pierluigi Bersani, “rottamato” da Renzi: nessun 
passo avventato, non è il momento per disarcionare il segretario, 
premier ormai dimissionario. «Ci vogliono stabilità e un governo di 
svolta», scrive su Facebook Bersani. E a Nemo (Raidue) scommette che il 
prossimo premier sarà del Pd: «C’è una maggioranza e ci sono da fare un 
paio di leggi elettorali. Abbiamo un anno di tempo». Un messaggio a 
Renzi: «Stai sereno ».
Ha una preoccupazione la sinistra dem che 
si riunirà prima del parlamentino: allontanare la “sindrome Bertinotti”,
 ovvero la responsabilità di avere contribuito alla fine del governo 
Renzi. Fausto Bertinotti è stato il leader di Rifondazione comunista, 
che fece cadere Prodi nel 1998. «Noi non volevamo sovrapposizioni tra 
referendum costituzionale e governo, figurarsi se vogliamo che Renzi si 
dimetta da segretario... Piuttosto Renzi non dia l’impressione che 
quando perde scappa con il pallone», è il messaggio del bersaniano 
Miguel Gotor alla vigilia della grande resa dei conti.
Ha poi un 
problema, la sinistra dem: è a caccia di un leader alternativo a Renzi. 
Le strade qui si dividono tra sinistra e sinistra, tra bersaniani e 
cuperliani. Il Pd rischia di essere a un passo dal caos; non si sa fino a
 quando la maggioranza renziana, assai composita, reggerà.
Gianni 
Cuperlo vuole evitare le polemiche: «L’errore più grande che ora 
potremmo fare è la resa dei conti interna. Certo sarà bene fare un 
congresso rapidamente ». Il leader della sinistra che però si è 
attestato sul Sì al referendum - oltre non va. Anche se ha avuto già 
modo di dire che alla guida del Pd ci vorrebbe un “papa straniero”, un 
leader fuori dai giochi. Ma di interni in pista ce ne sono diversi. 
Nicola Zingaretti, il governatore del Lazio, intanto. I bersaniani hanno
 già incoronato Roberto Speranza, sapendo però che se non allargano i 
consensi su di lui, il nome è già bruciato in partenza. Massimo D’Alema,
 l’anti renziano leader del No, alla direzione, slittata a domani, 
potrebbe andare e intanto avverte: «Se uno ha preso 3 o 4 sberle si 
ferma», e raccomanda a Renzi di «essere un po’ meno fazioso», di « 
capire le ragioni anche degli altri. Intanto la minoranza Pd, 
considerato un gruppo degno solo di una disonorevole sepoltura, ha 
dimostrato di poter combattere e di dare parecchio filo da torcere a 
questo segretario che si credeva onnipotente. Non credo però che Renzi 
lascerà la guida del Pd». In definitiva, a parte Francesco Boccia, 
lettiano e presidente della commissione Bilancio di Montecitorio, 
nessuno glielo chiede. Però le grandi manovre sono in corso e c’è voglia
 di resa dei conti.
Andrea De Maria, cuperliano, che è sempre 
stato per il Sì, ricorda l’iniziativa a Bologna prima di Natale per 
rilanciare l’alleanza di centrosinistra con il sindaco Virginio Merola e
 Giuliano Pisapia. Una strada opposta a quella che Luca Lotti, il 
braccio destro di Renzi, che dopo una riunione del “giglio magico”, ha 
fatto sapere che il Pd può sempre contare sul 40% di Sì al referendum: 
un’altra volta PdR contro tutti. «Folle chi dice ripartiamo dal 40%, 
molti di quei voti torneranno a destra», attacca D’Alema. «Da chiamare 
il 113...», rincara Nico Stumpo. I bersaniani ci tengono alla 
distinzione: «Noi siamo per una alternativa a Renzi, non per fare la 
sinistra di Renzi». Ma trovare uno sfidante forte non è impresa da poco.
 Per ora nel risiko delle correnti dem, la maggioranza renziana dei 
“giovani turchi”, dei franceschiniani e della sinistra di Orlando e 
Martina, regge. «Vediamo cosa ci propone Renzi in direzione - ragiona 
Stumpo - non faccia Cernenko».
 
