lunedì 5 dicembre 2016

Repubblica 5.12.16
La legge elettorale
Ora salta anche l’Italicum Si fa strada il proporzionale
L’esito del voto impone di cambiare le regole al Senato, dove ora vige il Consultellum, per uniformare il sistema a quello in vigore per la Camera
Prende corpo l’ipotesi di un premio fisso di soli trenta deputati La Corte costituzionale medita di riaprire il caso già a gennaio
di Liana Milella

ROMA. E adesso, con il no, salta anche l’Italicum, la contestata legge elettorale per la sola Camera. Per mano della Consulta, dove la “pratica” è stata congelata il 19 settembre (lo decise il presidente Paolo Grossi per evitare sovrapposizioni con il referendum), ma molto più probabilmente per mano della stessa politica. Da tempo Renzi ha aperto alle richiesta della sinistra Pd di modificare l’Italicum, e in Parlamento sia i partiti attualmente al governo, Pd e Ncd, sia quelli all’opposizione, Fi e M5S, hanno presentato proposte per una modifica radicale. Se la commissione Affari costituzionali di Montecitorio dovesse aprire formalmente la discussione su una nuova legge elettorale la stessa Consulta si vedrebbe costretta a fare un passo indietro, com’è sempre accaduto quando un tema in discussione diventava contemporaneamente oggetto di una concreta modifica legislativa.
E adesso i presupposti per cambiare l’Italicum ci sono. L’ipotesi che prende corpo è quella di un ritorno al proporzionale con un solo turno, ma con un sistema uninominale, simile quindi alla legge in vigore durante la prima Repubblica per il Senato, senza la soglia alta prevista da quella legge. Ci si attesterebbe su una sbarramento al 4% con un premio fisso che andrebbe al partito, o alla coalizione di partiti, che conquista il primo posto alle elezioni. Il premio consisterebbe però “solo” nell’attribuzione di 30 deputati in più rispetto a quelli già aggiudicati, quindi un sistema che non implicherebbe automaticamente, come nel contestato Italicum, la conquista della maggioranza.
Ovviamente, con la vittoria dei no, s’imporrà anche di mettere mano in tempi stretti a una nuova legge per il Senato, per il quale oggi si dovrebbe votare con il Consultellum, cioè quello che resta del Porcellum dopo l’ intervento della Consulta che nel dicembre 2013 (ma la sentenza è del gennaio 2014) bocciò la legge del governo Berlusconi.
Chi cambierà prima l’Italicun? Il Parlamento o la Consulta? Inevitabilmente, da oggi, alla Corte costituzionale il dossier sull’Italicum si riapre. Soprattutto per decidere se e quando discutere i ricorsi degli ormai quattro tribunali, Messina e Torino – già da tempo giunti in piazza del Quirinale – Perugia e, da ultimo, Genova, annunciati, che contestano il premio di maggioranza, il ballottaggio senza soglia, i capilista bloccati. Il relatore Nicolò Zanon – il costituzionalista milanese scelto nel 2014 dall’allora presidente Napolitano dopo 4 anni al Csm – da tempo ha pronta la sua relazione. Testo top secret, in cui sarebbe contenuta più di una bocciatura dell’Italicum. Tocca al presidente Grossi decidere quando discutere. Nel calendario della Consulta, che arriva fino a marzo 2017, l’Italicum non è previsto. Ma già questa settimana Grossi potrebbe decidere una scadenza. Che sicuramente non potrebbe essere fissata prima di Natale, anche per dare tempo alle parti, a cominciare dall’avvocato dello Stato Vincenzo Nunziata, di presentare eventuali memorie aggiuntive. Realisticamente l’Italicum potrebbe essere affrontato dalla metà di gennaio in avanti. Due censure finali nel ricorso di Messina si prestano quasi a una lettura politica laddove sottolineano che la governabilità è in pericolo con due leggi elettorali, Italicum e Consultellum, talmente diverse da creare possibili maggioranze alternative. Anche se non dovesse accogliere i rilievi, la Consulta potrebbe comunque fornire utili indicazioni alla politica. Salvo che la politica non la batta sul tempo.