domenica 4 dicembre 2016

Repubblica 4.12.16
A Castelnuovo di Porto.
Nel centro polifunzionale un migliaio di sacchi con le schede e 9mila scrutatori per 1500 sezioni
Nel fortino sulla Flaminia esercito e carabinieri a guardia del voto estero frontiera della vittoria
di Monica Rubino

Lo scrutino dalle 23, come nei seggi italiani. Ma dalle 15 parte la verifica dei registri Il centro, 48 mila metri quadrati dell’Inail, ospita in un edificio adiacente anche i rifugiati
IL “PENTAGONO”
Il centro polifunzionale di Castelnuovo di Porto (a sinistra): chi ci lavora lo chiama “Pentagono” del voto all’estero: qui sono scrutinate le schede compilate dagli italiani che vivono in Paesi stranieri. In basso, i sacchi spediti dai consolati

CASTELNUOVO DI PORTO. Chi se li prende forse vince. È in quel migliaio di sacchi che potrebbe giocarsi stanotte il destino del referendum. Quelli pieni dei voti degli italiani all’estero spediti per posta, il fatidico 3 per cento per il Sì sognato da Renzi e che, se risultasse decisivo, potrebbe scatenare ricorsi del fronte del No. Sacchi che arrivano al centro polifunzionale di Castelnuovo di Porto, paese a Nord di Roma sulla via Flaminia. Il camion bianco, l’ennesimo, colmo di schede elettorali, è scortato dai carabinieri. Proviene dall’aeroporto di Fiumicino e si ferma davanti a uno dei padiglioni di quello che chiamano il “Pentagono” del voto all’estero, circa 48mila metri quadrati di capannoni di proprietà dell’Inail. Qui presidenza del Consiglio dei ministri, Camera dei deputati e molti ministeri pagano un affitto per conservare atti, carte e strumenti. Fa parte del complesso, anche se è un edificio adiacente, il Centro accoglienza richiedenti asilo (Cara). E fa un certo effetto il contrasto fra il viavai di migranti che portano anche loro sacchetti, ma di cibo comprato in un centro commerciale sulla vicina via Tiberina, e l’ingresso continuo nel centro delle auto di tecnici, forze dell’ordine e funzionari della Corte d’Appello di Roma, su cui grava tutta l’organizzazione in base alla legge Tremaglia del 2001.
Una volta aperto, il camion comincia a vomitare sacchi colorati di tela plastificata: da quelli color granata provenienti da Los Angeles e Panama a quelli grigi di Chicago: «Questi non sono granché esteticamente – dicono alcuni addetti allo scarico – quelli di Pechino sono infiocchettati con il nastro rosso, sembrano pacchi regalo. Anche se i più ordinati sono gli argentini ».I sacchi finiscono sul pavimento a mattonelle bianche di un grande salone, dove poi i funzionari della Corte d’Appello di Roma li smistano, suddividendoli fra le 1483 sezioni del voto estero che occupano quattro padiglioni della struttura. Ogni sezione è composta da sei scrutatori, per un totale di 8898 persone, e sono divise per continenti. Una macchina colossale ma ben oliata – è dal 2003 che il voto estero viene scrutinato a Castelnuovo – su cui sono puntati gli occhi di entrambi gli schieramenti: «C’è molta più attenzione quest’anno – ammette una funzionaria della Corte d’Appello – in passato di giornalisti non se ne erano mai visti nella fase pre-scrutinio». E lo dimostra anche lo spiegamento di forze dell’ordine messe a guardia delle schede, che hanno “dormito” nel centro polifunzionale sorvegliate da una cinquantina di carabinieri provenienti da tutta Italia e militari dell’esercito con tanto di mitra spianati.
Lo scrutinio vero e proprio comincia questa sera alle 23, come nelle sezioni italiane, ma gli scrutatori (che guadagnano come gli altri 120 euro, 150 il presidente) devono presentarsi al mega-seggio estero alle 15: molti si sono affacciati già ieri ai cancelli per chiedere informazioni. Per alcuni è la prima volta: «Che facciamo dalle 15 alle 23?», hanno chiesto ignari della mole di lavoro che li aspetta. Dovranno infatti identificare uno a uno i votanti e verificare se i nomi corrispondono a quelli scritti sui registri dei consolati, poi imbucare nelle urne le schede sigillate nelle buste. Operazioni che richiedono la massima cura, anche perché in passato ci sono stati casi contestati. La stessa ambasciatrice Cristina Ravaglia, direttrice generale della Farnesina, in occasione delle politiche del 2013 denunciò l’inadeguatezza del sistema elettorale per corrispondenza. In un documento, reso pubblico solo di recente, evidenziò tutti i pericoli del voto all’estero: inaffidabilità dei sistemi postali locali, furti, compravendite. Il testo proponeva anche immediate soluzioni al problema, come quella di allestire seggi nel consolati dei diversi Paesi.