sabato 3 dicembre 2016

Repubblica 3.12.16
Il vero esame di maturità
Il pericolo è che le tensioni di questi mesi non vengano superate e accantonate
di Stefano Folli


ORA che una pessima campagna elettorale è finalmente conclusa, c’è un interrogativo che sovrasta gli altri, forse più importante di sapere se domani notte sventolerà la bandiera del “Si” oppure quella del “No”. Ed è capire cosa accadrà a partire da lunedì.
È EVIDENTE che circa sette mesi di psicosi referendaria sono destinati a lasciare qualche ferita nel paese. I toni demagogici delle ultime due settimane, poi, hanno richiamato tutti i temi del populismo anti-parlamentare: dal voto contro la “casta”, alla politica che deve “costare poco”, alle bollette della luce più economiche grazie alla riforma, ai membri del Parlamento che meno sono e meglio è. Si sono evocati scenari da incubo nella speranza di riuscire a sollecitare un sentimento anti- sistema a favore del Sì. Fino all’attacco di Palazzo Chigi e dintorni contro Mario Monti, fautore del No: gli argomenti usati tirano in ballo con toni sprezzanti il governo “tecnico” del 2011 e questo è suonato abbastanza offensivo all’orecchio di Giorgio Napolitano.
Il presidente emerito è stato fin qui il Lord Protettore di una riforma costituzionale che senza di lui non avrebbe mai visto la luce. Criticarlo per la nomina di Monti, rischiando così di indispettirlo, non sembra una grande strategia. Ma qualcuno intorno a Renzi ritiene invece che sia una tattica idonea a convincere un po’ di elettorato “grillino” e magari berlusconiano a votare Sì. Vedremo domani sera se avrà funzionato. Per ora è servita più che altro ad aumentare la confusione e a fare di Beppe Grillo, perfettamente a suo agio in questo clima, l’interlocutore perfetto. Tanto è vero che nonostante il bilancio peggio che mediocre di Virginia Raggi a Roma e le altre contraddizioni dei Cinque Stelle in giro per l’Italia, i sondaggi continuano a premiare il movimento. Forse è la prova che la carta della rincorsa demagogica può anche servire a breve termine per vincere il referendum — c’è poco da attendere per saperlo — , ma alla lunga finisce per favorire i depositari del populismo “hard”, a cui basta rilanciare per trovarsi sempre al centro della scena.
Ecco perché il vero quesito riguarda il dopo- referendum. Il pericolo è che le tensioni di questi mesi non vengano superate e accantonate, come la prudenza consiglierebbe, bensì diventino l’inevitabile compagno di viaggio di un’opinione pubblica frastornata. In altre parole possiamo dire che si sta avvicinando la vera prova di maturità per il presidente del Consiglio e segretario del Pd. Se vince, dovrà resistere alla tentazione di intestarsi il successo come se si trattasse di un plebiscito sulla sua persona. Dopo mesi di presenza televisiva in chiave di propaganda, il premier potrebbe sorprendere tutti e presentarsi dietro lo schermo per fare un discorso volto non a lacerare, bensì a riconciliare. Sarebbe il primo in tre anni, ma proprio per questo costituirebbe il segno di un maggior grado di responsabilità.
La storia insegna che rinunciare a stravincere tendendo la mano agli sconfitti, equivale ad agire con straordinaria saggezza. Senza dubbio favorirebbe il compito di Mattarella, perché da lunedì non ci sarebbe niente di peggio della continuazione della campagna elettorale con altri mezzi e altri fini, ossia il voto anticipato in un’atmosfera di corrida. Con i due fronti principali, renziano e grillino, che si sfidano a colpi di populismo un tanto al chilo.
Inutile dire che il successo del No richiederebbe altrettanta maturità. Inevitabile il chiarimento gestito dal Quirinale, ma se il problema dell’Italia è oggi la stabilità non si vede perché Renzi debba abbandonare la scena nel momento in cui i mercati e i nostri partner attendono un segnale rassicurante. Già Obama aveva consigliato al premier di non fare colpi di testa, ora anche il “Financial Times” lo invita a mantenere i nervi saldi. E in fondo un politico di razza si misura nelle sconfitte ancor più che nelle vittorie. La Francia ha scelto il misurato Fillon per battere Marine Le Pen. In Germania Angela Merkel non insegue certo Frauke Petry sul suo terreno. In Austria si vota domani e vedremo se davvero a prevalere sarà l’estrema destra. Se tiene conto del quadro europeo in cui l’Italia è immersa, Renzi può inaugurare una nuova stagione della sua carriera, meno spavalda ma forse più utile al paese.