La Stampa 3.12.16
Nell’Austria di Hofer lo spettro dell’estrema destra
Domani il nuovo ballottaggio per il presidente È testa a testa tra populisti e i verdi di Van der Bellen
di Alessandro Alviani
Giunto alla fine di una campagna elettorale lunga undici mesi che l’ha trasformato da perfetto sconosciuto a nuovo spauracchio d’Europa, Norbert Hofer tira fuori ancora una volta la carta della rassicurazione. «L’Europa non dovrebbe aver paura di me perché sono un tipo normale, non sono un politico di estrema destra, semmai di centro-destra. E non sono il Donald Trump austriaco», commenta il candidato che alle presidenziali di domani in Austria potrebbe diventare il primo capo dello Stato della Ue espresso da un partito dell’ultradestra populista.
Una definizione invisa al 45enne ex ingegnere aeronautico che per il suo ultimo comizio ha scelto una cornice palesemente presidenziale. Abbandonate le piazze piene di sostenitori con scorte di birra e risentimenti anti-immigrati che avevano caratterizzato le ultime due tornate elettorali, Hofer e il leader della sua Fpö, Heinz-Christian Strache, hanno scelto stavolta un salone della Borsa di Vienna: marmi rossi e bianchi alle pareti, imponenti colonne e, dietro il palco, un unico slogan: «La tua patria adesso ha bisogno di te».
L’ideologo della Fpö lascia da parte gli affondi polemici contro il suo sfidante, il candidato indipendente (ma appoggiato dai Verdi e da una coalizione trasversale che va da politici a intellettuali) Alexander Van der Bellen, e sceglie toni più misurati. Anche sull’Europa, dopo che il suo partito era tornato a caldeggiare l’ipotesi della «Öxit» (l’uscita di Vienna dalla Ue). L’Austria resterà nell’Unione europea e «ha il compito di portarla avanti», ma la soluzione della crisi profonda della Ue «non passa per la creazione di un governo centrale a Bruxelles», scandisce tra gli applausi. Hofer vorrebbe far entrare in Austria solo gli immigrati che svolgono lavori di cui il Paese ha bisogno, come i cuochi, propone di creare in Nordafrica speciali «zone» in cui esaminare le domande d’asilo e dalle quali far arrivare in Europa «in modo sicuro e non sui gommoni» solo le persone perseguitate, che dovrebbero restare a tempo determinato. E a margine si sofferma anche sul referendum in Italia: «Non sono mai preoccupato quando ci sono decisioni democratiche, in una democrazia le persone fanno sempre la scelta giusta», nota Hofer, che evita di schierarsi per il sì o il no: «Non mi immischierò in decisioni democratiche in altri Stati, è una questione che spetta agli elettori».
Gli ultimi sondaggi (condotti due settimane fa) danno in lieve vantaggio Hofer, che si dice «ottimista, ma non sicuro di vincere». Il risultato definitivo potrebbe arrivare solo martedì. Van der Bellen, che per il suo appello finale ha scelto ieri un’ex fabbrica trasformata in centro eventi piena di sostenitori che agitavano cartelli con slogan come «Ora più che mai!», è convinto di poter fermare la Fpö. «Li abbiamo già battuti una volta, ce la faremo anche una seconda. Una terza non sarà necessaria».
Al primo turno (ad aprile, con sei candidati) l’aveva spuntata Hofer, al secondo (a maggio) Van der Bellen si era imposto sul filo di lana grazie al voto per corrispondenza. La Corte costituzionale aveva però annullato il ballottaggio per irregolarità nello scrutinio delle schede rispedite per posta. Rispetto a maggio il quadro è cambiato – e non a favore di Van der Bellen: gli Usa hanno assistito alla vittoria di Trump, che ha dato nuovo slancio alle formazioni populiste in Europa, la Gran Bretagna ha deciso di voltare le spalle alla Ue e in Austria l’effetto-Kern, la speranza, cioè, di recuperare gli elettori delusi dalla Grande coalizione nominando il socialdemocratico Christian Kern come nuovo cancelliere, si è già esaurito. Dietro le quinte socialdemocratici e popolari si dividono intanto sui rapporti da tenere con la Fpö, che dovrebbe rivelarsi primo partito alle elezioni previste nel 2018. Alcuni vedono in Hofer un possibile apripista per l’arrivo di Strache alla cancelleria, eventualmente già prima del 2018. Tra i poteri del presidente in Austria c’è anche quello di nominare il cancelliere, sciogliere le camere e indire nuove elezioni. Non a caso in campagna elettorale ha fatto molto discutere una frase «scappata» a Hofer: vi meraviglierete di tutto quello che sarà possibile. «Non vogliamo meravigliarci – ha ribattuto ieri Van der Bellen - e non ci meraviglieremo».