Repubblica 1.12.16
Il Quirinale tra Waterloo e Ventotene
di Eugenio Scalfari
SIAMO
ormai al gran finale, fra tre giorni chi vuole andrà a votare il
referendum costituzionale e tra quattro giorni ne conosceremo l’esito.
Intanto
gli appelli per il Sì e per il No si succedono senza sosta, a
cominciare da Renzi, dall’intera classe dirigente del Pd e, sulla sponda
opposta, uomini di sicuro prestigio costituzionale e politico, tra i
quali mi permetto di nominare l’amico Gustavo Zagrebelsky, per non
parlare della dissidenza interna dei democratici, con i nomi di Bersani e
di D’Alema, alcuni dei quali in posizione pre-scissionistica.
Tra
gli appelli di vari gruppi di opinione ne voglio segnalare uno che mi
ha profondamente commosso per la mia storia personale ed è quello
dell’ex partito repubblicano di Ugo La Malfa, dove trovo le firme di
Gustavo Visentini, figlio di Bruno, Adolfo Battaglia, Giuseppe Galasso,
Piero Craveri ed altri, che chiedono di votare Sì.
Segnalo anche
“L‘Amaca“ di Michele Serra sul numero di martedì scorso del nostro
giornale, che è un vero capolavoro di ironia politica.
RICORDA ai
democratici di avanguardia che voteranno No di essere talmente
d’avanguardia da aver perso di vista il grosso dell’esercito del No
composto da quanto avanza del berlusconismo, dalla Lega ormai sulle
posizioni nazionaliste e xenofobe dei populismi europei e infine il
grosso di quell’esercito formato dai grillini 5 stellati. Questo è
l’esercito del No. Caro Zagrebelsky, sei con una pessima compagnia e
dovresti forse riflettere un momento, anche se so che non lo farai.
Segnalo infine, sempre su
Repubblica
di martedì, l’intervista a Arturo Parisi, che inventò l’Ulivo insieme a
Romano Prodi e vinse le elezioni che dettero vita a quel governo (con
Ciampi ministro del Tesoro), forse il migliore degli ultimi venticinque
anni, che fece dell’Italia uno degli Stati europei fondatori dell’Euro.
Del resto mentre sto scrivendo giunge la notizia che Romano Prodi ha
deciso di votare Sì. È una decisione estremamente importante venendo da
una delle personalità più autorevoli della nostra Repubblica e della
nostra democrazia. Anche Parisi spiega per quale motivo, sia pure con
rabbia, voterà Sì. Merita d’esser ricordato. Illustra le ragioni pro e
contro che dentro di lui si equivalgono ma c’è poi una ragione politica
che determina il suo Sì, in mancanza del quale rischia di affondare
l’Italia e viene inferta una grave ferita anche all’Europa.
Amici
che votate No, c’è tra le tante una ragione profondamente ideale, un
valore concreto che vi ricordo: il Manifesto scritto a Ventotene, dove
erano al confino fascista, da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio
Colorni: gli Stati uniti di Europa. La bandiera di Ventotene la
porterete tra la gente di Brunetta, di Salvini e di Grillo? Ci avete
pensato e avete deciso di chiudere gli occhi e di marciare al buio verso
il nulla con l’unica intenzione di mandare Renzi in soffitta?
Ormai
non è più questo il problema. Personalmente sono stato e tuttora sono
molto critico su alcuni aspetti di Renzi e l’ho scritto infinite volte
ma, lo ripeto, il problema non è più questo. Vediamo dunque qual è.
***
Che
Renzi sostenga il referendum costituzionale, da lui iscritto nella sua
tabella di marcia tra i primi obiettivi da realizzare, dipende anche
dall’indicazione che ebbe in questo senso dal Presidente Napolitano
quando fu rieletto Capo dello Stato e poco dopo affidò a Renzi il
compito di formare un nuovo governo dopo le dimissioni di Enrico Letta.
Qui c’è una ferita ancora aperta ma non è questo il momento di
ricordarlo.
Qualcuno sostiene che un governo non ha il potere
costituzionale di promuovere un referendum, ma se vengono raccolte firme
in numero sufficiente e la Corte di Cassazione le ritiene valide il
referendum si fa. Renzi ha legato al risultato referendario il suo
destino politico. Questo è un errore, non va affatto bene e l’ha detto
anche, con altre parole ma con questo stesso significato il Presidente
Sergio Mattarella. Sostenere una riforma desiderata è legittimo,
trasformarla in un’ordalia non va affatto bene. Ma ormai è tardi per
correggere l’errore.
La politica è sempre molto complessa, sicché
potrebbe anche darsi che Renzi sapesse di commettere un errore ma
volesse farlo. Perché? Perché se vincessero i Sì lui ne uscirebbe
rafforzato, ma se perdessero lui potrebbe usare la sconfitta per
anticipare le elezioni all’inizio dell’anno prossimo, convinto che
comunque le vincerà. È un calcolo politico come un altro. Attenzione
però: a Waterloo Napoleone era sicuro di vincere perché a metà della
battaglia sarebbe arrivato sul fianco destro del fronte il generale
Grouchy con le truppe di rinforzo. Invece arrivò il feldmaresciallo
tedesco Blücher che prese Napoleone alle spalle e la battaglia finì con
la ben nota storica sconfitta.
Comunque questa volta non spetta a
Renzi decidere ma al Presidente Mattarella per il quale, come del resto è
ampiamente previsto dalla prassi costituzionale, se perdono o se
vincono i Sì o i No, l’esito del referendum non ha alcuna conseguenza
politica sul governo in carica. Mattarella in questi giorni l’ha detto
più volte: dal 5 dicembre Renzi sarà a rapporto dal Capo dello Stato per
elencare i problemi che si pongono con la massima urgenza nel campo
economico e finanziario, sul terreno europeo ed anche sulla legge
elettorale che dovrà essere comunque riscritta. Da lavorare ce n’è un
bel po’, bisogna farlo rapidamente e bene in Italia e in Europa.
La
legge elettorale ha già un progetto da attuare, redatto dal piccolo
comitato dei Cinque da Renzi a suo tempo nominato e del quale in linea
di massima ha accettato le proposte: niente più preferenze, niente più
ballottaggio tra i primi due partiti, voto nei collegi, ballottaggio non
più tra liste uniche ma tra coalizioni effettuate dopo il primo voto,
sistema di voto proporzionale. Questi sono i capisaldi. La natura della
coalizione è un tema politicamente essenziale. Un partito nato come
centro-sinistra deve mantenere e addirittura rinforzare questa sua
natura; soltanto se questa operazione viene effettuata in modo
significativo, allora si possono cercare anche appoggi e
fiancheggiamenti nell’ambito di forze moderate.
Poi c’è il
problema della politica economica e i punti di riferimento sono Draghi,
la politica degli investimenti, la gestione del debito pubblico e la
crescita sorretta da una visione keynesiana entro i limiti delle regole
europee.
Infine — e appunto — c’è la politica europea: la bandiera
di Ventotene va alzata e perseguita al massimo perché è indispensabile
in una società globale che sta unificando il mondo con rapporti tra i
vari Stati continentali. Questa politica comporta una lotta contro i
nazionalismi, i populismi xenofobi, il capitalismo quando è un elemento
dell’egoismo economico. Il capitale è una forza fondamentale della
storia moderna e può essere una forza positiva o sfruttatrice. Lo
dimostrò Marx alla metà dell’Ottocento: riconosceva la forza positiva
del capitalismo che era in quel momento il motore della rivoluzione
industriale e al tempo stesso delle libertà borghesi, premessa della
rivoluzione proletaria. Ecco perché l’Europa federalista è
indispensabile e deve essere il principale obiettivo della sinistra
moderna.
Buona domenica cari lettori e carissima Italia.