giovedì 1 dicembre 2016

il manifesto 1.12.16
Referendum, speculatori e allarmisti uniti nella lotta
di Alfio Mastropaolo

L’abbiamo capito. La democrazia non è un granché. Come ha ricordato Eugenio Scalfari, è un governo di oligarchie. Solo che c’è oligarchia e oligarchia. Di oligarchie ce ne sono d’ogni genere, a seconda delle risorse che detengono: la violenza, il sapere, la ricchezza. I regimi democratici hanno innovato inventando nuove oligarchie, costituite tramite il consenso popolare. In secondo luogo, in democrazia le oligarchie dovrebbero differenziarsi, circolare ed essere il più possibile permeabili verso il basso. Infine, le oligarchie della politica non dovrebbero mai coincidere con quelle dell’economia e della finanza. È l’abc della democrazia.
Le democrazie attuali sono scandalose, sono parvenze di democrazia, sia perché le oligarchie ossificano sempre più, sia perché sempre più politica e economia si intrecciano, cosicché gli addetti alla prima sono ossequiosamente sottomessi agli addetti alla seconda. L’economia e la finanza sono il potere che governa tutti noi. Più o meno prontamente, la politica italiana, europea, americana che sia, tende a adeguarsi ai loro voleri. Se l’establishment statunitense non gradiva troppo Trump, se ne è presto fatto una ragione. Ha in lui riconosciuto uno dei suoi, magari un po’ volgare e indisciplinato, ma non pericoloso. La brutale intromissione dell’economia e della finanza anche internazionale nella vicenda del prossimo referendum costituzionale corrisponde appieno a questo schema, che rinnega i più elementari principi democratici.
Si può essere favorevoli o contrari alla riforma. Ci sono buone ragioni da una parte e dall’altra. Gli addetti ai lavori hanno evitato lo stile truculento di Renzi, Boschi e compagnia. Hanno firmato i loro immancabili appelli. Hanno discusso di pro e di contro. Sono riusciti – quasi tutti – a sfuggire alla drammatizzazione accanitamente perseguita da Renzi e assecondata da Grillo e qualcun altro. La quale però, per quanto frastornante sia, dopotutto rientra nel perimetro della politica democratica. Ciò che non ci rientra neanche un poco è l’aggressività delle oligarchie economico-finanziarie, anche internazionali, le quali, specie attraverso la stampa, stanno esercitando sugli elettori una pressione democraticamente inammissibile.
I toni infiammati dell’odierna polemica politica offrono conferma indiretta di questo stato di cose. A prima vista i politici, scioccamente, non intendono come il loro bullismo verbale, praticato da tribune tanto in vista, legittimi molte altre forme di bullismo. Non fosse che il bullismo verbale è la tecnica con cui mascherano la mancanza di argomenti, la povertà d’immaginazione, ma soprattutto la loro impotenza.
Siamo inclini a ritenere che la pressione terroristica delle oligarchie economico-finanziarie non sia esercitata d’intesa con Renzi. Né è del resto detto che giovi alla sua causa. Certo, la riforma corrisponde ai loro auspici e quindi vorrebbero vederla approvata. Ma il referendum è pure un’occasione per lucrose manovre speculative, analoghe a quelle imbastite or non è molto intorno al Brexit e alle elezioni americane. Le oligarchie speculano, profittano di tutte le occasioni possibili e il referendum del 4 dicembre è una di esse. Quel che sarebbe tuttavia auspicabile è che, a tutela della democrazia, Renzi e il governo si dissociassero e manifestassero la loro indignazione per la compressione cui è sottoposta la libertà di voto degli italiani. È chieder troppo? Ed è chiedere troppo che nessuno fornisca come argomento per la sua scelta a favore del Sì pretesi effetti destabilizzanti di un eventuale successo del no? Esibire un simile argomento, secondo un ben noto meccanismo sociologico, non solo aumenta l’incertezza, ma pure i rischi, ed è anche una resa alle oligarchie.