giovedì 1 dicembre 2016

La Stampa 1.12.16
L’italia ultima in matematica
La scuola non sa insegnare agli allievi il metodo scientifico
di Andrea Gavosto
Fondazione Agnelli

Arriva dalla ricerca internazionale un nuovo segnale preoccupante sullo stato di salute della scuola italiana, che per la prima volta lambisce anche le elementari. Nulla di catastrofico, intendiamoci. Però, un campanellino d’allarme deve suonare anche per la primaria, che è da sempre onore e vanto del nostro sistema d’istruzione.
Lo scopriamo dai risultati dell’ultima indagine internazionale Timss sugli apprendimenti di matematica e scienze nel 2015, resi noti ieri: si tratta di un confronto ormai ventennale fra studenti di diversi Paesi al quarto anno della primaria, al terzo della media e, per un piccolo sottoinsieme, fra cui l’Italia, all’ultimo anno delle superiori. Meno noto dell’analogo test Ocse Pisa, i cui nuovi risultati saranno disponibili il prossimo 6 dicembre, Timss è nondimeno una preziosa fonte di informazioni sui miglioramenti compiuti nel tempo dai sistemi scolastici dei principali Paesi, basata sull’individuazione degli elementi comuni ai diversi curricula: di conseguenza, è meno esposta alla critica di riguardare argomenti non affrontati quotidianamente in classe.
A differenza di quasi tutti gli altri Paesi, che hanno visto un miglioramento generalizzato nella comprensione della matematica e delle scienze alle elementari e alle medie, in Italia si è registrato un calo degli apprendimenti o, nel migliore dei casi, si è rimasti stazionari, come in matematica alle primarie, rispetto al 2011. L’Italia è dietro a tutti i grandi Paesi, con l’eccezione della Francia alle elementari. Nella scuola media la debolezza degli studenti nelle materie scientifiche è nota, anche se i risultati di oggi spengono le speranze di risveglio di cui avevamo gioito quattro anni fa. Il dato davvero deludente e insieme sorprendente è, però, il mancato progresso delle conoscenze di matematica e scienze in quarta elementare. La nostra scuola primaria è considerata un buon modello a livello internazionale, soprattutto se preceduta dalla scuola materna, che in Italia è di qualità. Che oggi le nostre elementari siano ferme, mentre tutti gli altri progrediscono – e quindi, in senso relativo, c’è un arretramento - pone interrogativi. Ad esempio, (ma il punto richiederebbe un’analisi statistica ben più sofisticata) se l’abolizione delle compresenze un quinquennio fa non sia in parte responsabile di questo arresto.
L’altro risultato eclatante di Timss 2015 è che, a differenza di tutti gli altri Paesi, il divario negli apprendimenti di matematica in quarta elementare fra maschi e femmine si è ampliato a vantaggio dei primi. Le maggiori difficoltà in matematica delle bambine sono comuni a quasi tutti i Paesi: altrove però il fenomeno è stato studiato e si è cercato di modificare la didattica, così da rendere la materia meno ostica alle ragazze, attraverso proposte innovative che, ad esempio, inducono le studentesse a lavorare sulle competenze spaziali o intervengono sugli aspetti di più difficile comprensione, come le operazioni con le frazioni. I risultati cominciano a vedersi. Da noi invece le metodologie didattiche sono rimaste nel congelatore, senza alcuno sforzo innovativo e, soprattutto, senza cercare di adattare l’insegnamento alle caratteristiche specifiche di ogni allieva. Una sorta di crampo mentale - la ripetizione di schemi scontati - che colpisce i nostri docenti, forse anche quelli finora considerati più avanti, come le insegnanti elementari.
Timss 2015 ci fa vedere in modo nuovo un rischio che paventiamo da tempo: una scuola che non abitui gli allievi e, soprattutto, le allieve al metodo scientifico, al ragionamento matematico, all’uso consapevole dell’argomentazione logica è una scuola che non li prepara alla vita e al lavoro dei prossimi decenni. Forse, più che dell’importanza dello studio del greco antico nel liceo classico, che riguarda comunque un’esigua minoranza, è di questo che ci dovremmo preoccupare.