giovedì 1 dicembre 2016

Repubblica 1.12.16
Il retroscena.
La reazione di via Nazionale: critiche in malafede. I manager della banca già sanzionati e la Corte d’Appello di Roma ci ha dato ragione
Ma Bankitalia gioca in difesa “A noi informazioni sbagliate C’è una sentenza che lo dice”
di Francesco Manacorda

«CERTO, ci sarà la solita canea. Ma sarà una canea sbagliata e in malafede ». In Bankitalia si gioca in difesa di fronte alla sentenza che assolve dall’accusa di ostacolo all’attività di vigilanza tre dirigenti di Banca Etruria.
UNA sentenza che in via Nazionale non suscita — come è intuibile e al netto del doveroso rispetto per l’indipendenza della magistratura — travolgente entusiasmo. Non tanto e non solo per il giudizio di merito, che è di primo grado e quindi suscettibile di modifiche. Quanto per gli effetti che quella sentenza potrà avere su un’opinione pubblica già diffidente verso gli acciaccati controllori di un ancor più acciaccato sistema creditizio. Il caso Etruria, poi è ad altissimo indice di infiammabilità politica: c’è di mezzo il sempre evocato padre della ministra Maria Elena Boschi; c’è il tam tam delle opposizioni che hanno spesso accusato organi di vigilanza e governo di essere stati compiacenti nei confronti di quella e di altre banche legate a territori amministrati dal centrosinistra; c’è una crisi che ha infranto forse in modo irreparabile i rapporti di fiducia tra il sistema bancario e i suoi clienti.
In effetti la pronuncia del giudice aretino può ravvivare adesso un copione già recitato più volte: Bankitalia doveva vigilare, ma l’ostacolo alla vigilanza non c’è stato e dunque Bankitalia — visto il discreto macello che poi è successo in Banca Etruria, portata assieme alle sue sorelle alla «risoluzione», ossia una sorta di fallimento controllato — non ha ben vigilato. Questo recita il sillogismo che in queste ore, dopo la sentenza di Arezzo, è facile inanellare. E così ripetono le accuse di mezzo Parlamento — volti noti della destra e Cinque Stelle in prima fila — che ha subito riaperto il fuoco su via Nazionale.
Ma quel sillogismo s’infrange appena varcate le porte di Bankitalia. Nessun giudice ha detto che i tre banchieri aretini non abbiano dato informazioni incomplete o fuorvianti all’autorità di vigilanza, si spiega. Semplicemente è stato sentenziato che quello che hanno detto e fatto non costituisce reato perché chi li ha giudicati non ha ritenuto che ci fosse un intento doloso.
È una distinzione che fa davvero la differenza? In Bankitalia assicurano di sì e per provarlo tirano fuori altre carte di tribunale. Questa volta si tratta della sentenza della Corte d’Appello di Roma, per la precisione il decreto numero 2793 depositato il 18 marzo 2016. Ai giudici dell’Appello si erano rivolti due dei tre imputati assolti ieri ad Arezzo per ricorrere contro le sanzioni amministrative comminate dalla stessa Bankitalia per avere, tra l’altro, effettuato «omesse e inesatte segnalazioni» sull’Etruria alla Vigilanza bancaria.
Nel marzo scorso la Corte d’Appello ha confermato quelle sanzioni e i ricorrenti, dopo aver approntato un ricorso in Cassazione, hanno poi lasciato trascorrere i tempi per presentarlo. «Dunque — si spiega — c’è adesso una sentenza passata in giudicato che certifica come sia stato corretto per Bankitalia multare i vertici dell’Etruria per aver dato informazioni “inesatte” o averle addirittura “omesse”». E se per il Gup di Arezzo non c’è stato dolo nel dare quelle informazioni, a via Nazionale la conferma delle sanzioni di due anni fa basta comunque per sentirsi al riparo dalle critiche e per confermare che da quelle parti erano arrivati dati non veritieri.
È un segno dei tempi — difficili — che nelle stanze di Bankitalia si debbano parare i colpi con una sentenza per difendersi dai possibili effetti di un’altra pronuncia giudiziaria. Del resto la vicenda delle quattro banche finite in risoluzione — oltre all’Etruria ci sono Banca delle Marche, Cassa di risparmio di Ferrara e Cassa di risparmio di Chieti — ha chiamato in causa con forza il ruolo di via Nazionale e ha messo in dubbio le sue capacità di controllo preventivo su alcune banche vigilate.
Il Governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, uomo da ufficio studi più che da guerriglie mediatiche, ha reagito alle critiche provando a far parlare i documenti. Nel sito della Banca si trovano corpose raccolte di atti sotto titoli tecnici e dettagliati come «L’attività di vigilanza svolta dalla Banca d’Italia: linee generali e interventi nei confronti delle quattro banche poste in “risoluzione” ». Testi di inappuntabile precisione formale, che hanno però poche speranze di affermarsi in uno scontro che si combatte anche a colpi di tweet indignati e dichiarazioni a mezzo stampa. E poi si tratta davvero solo di un problema di comunicazione, o dietro c’è di più? Spesso i membri del Direttorio hanno sottolineato come via Nazionale non abbia classici poteri di indagine attribuiti all’autorità giudiziaria — ad esempio quello di ordinare intercettazioni telefoniche o di procedere a perquisizioni — ma si debba in larga parte basare sulle dichiarazioni e i documenti presentati dalle banche vigilate. Come è vero però che la reale situazione di dissesto delle quattro piccole banche locali è emersa in modo netto solo dopo un esame dei loro attivi effettuato su iniziativa della Banca centrale europea. Bankitalia supererà probabilmente anche l’ostacolo sbucato ieri ad Arezzo ma la sua strada resta ancora tutta in salita.