Repubblica 14.12.16
Fabrizio Barca
“Renzi si è suicidato, così partito in bilico”
Il segretario cambi metodo: non ha saputo fidarsi di nessuno, neanche della sua forza
Più che il congresso occorre una nuova organizzazione. Per non vivere più da separati in casa
intervista di Giovanna Casadio
ROMA.
«Cambiare si può. E Renzi cambi metodo. Impari a fidarsi. Impari che
senza il confronto, ti trovi poi un comitato del No. Pensi di avere
accelerato e invece ti sei suicidato». Fabrizio Barca, ex ministro della
Coesione sociale, ha viaggiato nei circoli dem, ha denunciato
l’arroganza dei capibastone e proposto nuove regole del gioco nel
partito. Sulle quali torna ora alla carica: direzione sfoltita da 120 a
15 componenti, un’agenda comune di partito, circoli-palestra. Da
adottare prima di andare alla conta delle primarie 2017.
Professor Barca, il Pd ha bisogno di un congresso rapido?
«Più
che anticipare il congresso ritengo sia importante cambiare le regole.
Cosa che non dico più solo io, ma un documento di Guerini e Orfini.
Insisto: fate come volete dal punto di vista congressuale, ma sistemate
prima le questioni organizzative».
Nel Pd si vive ormai da separati in casa?
«Se
sei in un’associazione non puoi dare vita a comitati, a raggruppamenti
che si combattono per il Sì o per il No al referendum. La logica dei
comitati non è sana».
Siamo alla resa dei conti con la sinistra dem?
«Le
rese dei conti si percepiscono nella stessa maggioranza renziana, dove
si intravedono tregue, tregue armate. Si è creata una tale lacerazione e
una tale mancanza di empatia che non può reggere».
Renzi quanti errori ha fatto?
«L’errore
fondamentale è che non ha saputo fidarsi, sia come segretario che come
premier. Non si è fidato neppure della propria forza, la quale gli
permetteva di circondarsi di un gruppo che non gli dicesse sempre sì.
Non ha costruito un governo collegiale. Ma oggi nessuno può pensare di
farcela da solo. Resti in solitudine e questo ti impedisce di cogliere
non solo i bisogni, ma anche le soluzioni. Gli errori tuttavia si
possono rimediare ».
Insomma c’è un Pd in stato confusionale e sfarinato?
«Un Pd rissoso, con risse fini a se stesse e prive di contenuti».
Ma lei in quanto tempo pensa vada fatto un congresso?
«Intanto
da tutta Italia i circoli hanno mandato proposte al documento
Guerini-Orfini di cambio delle regole. È un dovere prenderle in esame,
non è a discrezione. Ma c’è tempo da qui all’Epifania per le proposte di
aggiustamento organizzativo e cambiamento statutario. Un congresso va
fatto con tempi distesi. Sei mesi, anche più. Deve essere lungo
abbastanza da fare discutere».
Alle ultime primarie dem, ci fu un pressing perché lei si candidasse. Lo farebbe ora?
«Non è il mestiere a me più adatto».
Ma una alternativa a Renzi ci vuole?
«Certo, perché se no, non c’è confronto. In campo c’è Enrico Rossi… ma comunque prima cambiare le regole».
Vede una scissione alle porte?
«La
questione sta nei termini di scissione sì o no da quando la domanda è: a
chi appartiene la casa? Questo crea separati in casa. Ma se si discute
sulla strategia del Pd per ridurre l’esclusione sociale, lo Speranza e
la Boschi di turno troverebbero un 40 per cento di cose che condividono.
Dal mio osservatorio territoriale comunque, più che scissioni osservo
un lento abbandono».
Renzi corre veloce perché teme la palude?
«Ha
ragione di pensare che partecipare, discutere, trovare un accordo, in
Italia siano diventati spesso sinonimi di palude. Ma è possibile
combinare il confronto con la decisione. Ricordo che Prodi disse di
Ciampi: “Era un uomo che cercava la discussione perché pronto a farsi
mettere in discussione”. Questa è la forza della leadership».