Repubblica 14.12.16
A Palazzo Madama il rischio Vietnam
Verdini: durano poco
di Carmelo Lopapa
ROMA.
Al Senato manca per due volte il numero legale, verdiniani (e non solo
loro) dileguati. Ed è solo il primo campanello d’allarme. Oggi quando il
governo Gentiloni si presenterà per la fiducia sarà altra musica, il
pallottoliere gli sorriderà: la forbice prevista in casa pd va da 166 a
172 voti favorevoli grazie alla presenza massiccia di ministri, senatori
a vita e di tutta la maggioranza. Ma con i 18 di Ala che hanno voltato
le spalle per il mancato ingresso nel governo il cammino, già dalla
settimana prossima, è già in salita. E non solo nell’aula di Palazzo
Madama.
«Io certo non tratto più, hanno deciso così? Sarà affar
loro trovare i voti, soprattutto nelle commissioni ne vedremo delle
belle», arringava un ruspante Denis Verdini davanti ai suoi parlamentari
nelle riunioni di ieri. Nella trattativa, Ala e Scelta civica avevano
rivendicato, oltre a un posto da ministro, almeno tre sottosegretari
(uno dei quali per l’ex olimpionica Valentina Vezzali). Gentiloni ne
farà a meno. E ora? Al taccuino di Verdini risulta che in ben quattro
commissioni al Senato si registrerà da domani il pareggio o al più un
solo parlamentare di vantaggio per la maggioranza. E due di queste sono
le strategiche Bilancio e Difesa. Quanto all’aula, dal voto sui decreti
terremoto e Milleproroghe della settimana prossima la maggioranza potrà
contare con certezza su 166 voti, al netto di senatori a vita poco
presenti e degli incerti. Poco più dunque dei 161 necessari. Questa
mattina, prima della seduta sulla fiducia a Gentiloni, i 18 di Ala
guidati dal leader si vedranno per decidere se lasciare Palazzo Madama
come già fatto ieri alla Camera o votare addirittura contro.
Sceglieranno la prima via. «Non capiamo, serve un chiarimento politico »
ha detto nel suo intervento a Montecitorio sulla fiducia l’ex
viceministro Enrico Zanetti lasciando aperto uno spiraglio. Ma per
Gentiloni la partita è chiusa e con la nomina dei sottosegretari e vice
prevista per lunedì non si riaprirà. Ignazio Abrignani si dice ancora
stupito «dopo tutte le volte in cui abbiamo assicurato i numeri: una
scelta politica che non farà dormire sonni tranquilli al governo al
Senato».
Ma sono in tanti pronti a scommettere sull’apertura con i
verdiniani di un’altra trattativa, quella che nei primi mesi del 2017
permetterà all’esecutivo di coprire centinaia di caselle nelle società a
partecipazione pubblica. In aiuto di Gentiloni però sono già pronti a
muoversi tanti tra i 14 di Gal e altri 6 incerti del Misto. Poi c’è
Forza Italia. Oggi quasi tutti presenti i 42 per votare No. Ma da
domani? I big dei gruppi hanno ricevuto in serata la telefonata
personale con cui Silvio Berlusconi ha invitato tutti a «moderare i
toni» nelle dichiarazioni in tv e in aula contro Gentiloni. Dopo l’Opa
ostile lanciata da Vivendi su Mediaset, l’esecutivo è rimasto l’ultimo
baluardo che potrebbe far quadrato alle sue aziende riconoscendo loro il
bollino di società «strategiche ». «Siamo opposizione ma la faremo in
aula, non in piazza», spiegavano in Transatlantico i capigruppo Romani e
Brunetta durante la fiducia di ieri pomeriggio, mentre i leghisti
lasciavano Montecitorio per il loro Aventino.