Repubblica 13.12.16
Troppo poco
di Mario Calabresi
AVEVAMO
bisogno di un governo leggero, efficiente e dotato di senso pratico,
capace di chiudere i dossier più urgenti mentre il Parlamento lavorerà a
scrivere le regole per tornare al voto in tempi brevi.
Avevamo
bisogno di un governo capace di affrontare l’emergenza bancaria, gestire
il fenomeno migratorio e le sfide di politica estera in un quadro che
sta cambiando radicalmente dopo l’elezione di Donald Trump.
Avevamo
bisogno di un presidente del Consiglio serio e allergico ai
protagonismi e di un ex premier capace di fare un passo indietro e
provare a ricostruire il suo partito e il rapporto con i cittadini.
Tutto ciò sembrava a portata di mano, ci si è mossi in tempi brevissimi,
e Gentiloni è certamente la figura giusta. È riuscito anche a resistere
alle pressioni di Verdini e tenendolo fuori ha evitato una macchia
politica che sarebbe stata letale per il suo esecutivo.
Matteo
Renzi ha fatto gli scatoloni, ha scritto la sua lettera d’addio al
governo nel cuore della notte e promesso di dedicarsi solo al Pd.
Sembrava un nuovo inizio.
Poi sono arrivati i dettagli, quelli in
cui è solito nascondersi il diavolo: Maria Elena Boschi, la madre della
riforma costituzionale bocciata dagli italiani, anziché fare un doveroso
passo indietro ha chiesto e ottenuto una promozione. Per farle posto si
sono resuscitati due vecchi ministeri, uno per il fedelissimo Lotti
l’altro per De Vincenti.
Angelino Alfano si è spostato alla
Farnesina, un passaggio incomprensibile in una fase così delicata dato
che non si conoscono sue competenze in politica estera. Come non pensare
ad una mossa dettata dalla voglia di allargare il curriculum? O dalla
necessità di allontanarsi dalla patata bollente dell’immigrazione? Ma
non era meglio restare e rivendicare il lavoro fatto?
Scelte evitabili che rafforzano diffidenze, gonfiano il qualunquismo e lasciano un retrogusto di furbizia e immaturità.
A
pagare gli errori del passato la sola ministra Giannini, senza che il
governo abbia mai fatto un minimo di autocritica sulla riforma della
scuola. Troppo facile e troppo poco.