Repubblica 12.12.16
All’uscita da messa
Renzi prepara il blitz “Cambiare lo statuto sul congresso. Primarie a febbraio”
Il segretario vuole subito la rivincita “Saltiamo le consultazioni nei circoli”
di Massimo Vanni
FIRENZE
NIENTE congressi di circolo, né regionali. Candidature per la
segreteria nazionale del Pd entro il 10 gennaio e primarie aperte a
tutti il 26 febbraio o al più tardi il 5 marzo. Matteo Renzi torna nella
sua villetta di Pontassieve.
PORTA scatoloni di documenti
sbaraccati dalla scrivania di Palazzo Chigi. E, nel suo primo giorno in
famiglia da ex premier, già progetta il Gran Ritorno. A tempo di record.
Lo
fa immaginando una road map con un congresso blitz e primarie super
ravvicinate per “lavare” la sconfitta sulle riforme costituzionali e
scalare di nuovo il Pd con una nuova, catartica investitura popolare.
A
metà mattinata si mette alla guida della Tiguan di famiglia per
accompagnare il figlio maggiore alla partita di calcio. E quando Paolo
Gentiloni sale al Quirinale per ricevere l’incarico dal presidente
Mattarella, Renzi esce dalla messa assieme alla moglie Agnese e agli
altri due figli. Scambia poche battute con amici e conoscenti che lo
chiamano “presidente”. E a chi gli chiede se tornerà a Roma risponde:
«No, resto pontassievese». Solo una battuta, per uno che viene da
Rignano. Sufficiente però a marcare il distacco.
«Torno da
semplice cittadino. Non ho paracadute, non ho un seggio parlamentare,
non ho uno stipendio, non ho un vitalizio, non ho l’immunità», scrive a
notte fonda su Facebook, appena rientrato da Roma. Il post dove confessa
l’amarezza: «Ho sofferto a chiudere gli scatoloni ieri notte, non me ne
vergogno: non sono un robot». Pontassieve non è però per Renzi un buen
retiro. E già oggi tornerà nella Capitale per partecipare alla direzione
nazionale del partito. Non più da premier, ma da segretario. A lungo ha
riflettuto se esserci o no: «Dobbiamo valutare se una sua presenza può
essere o no utile a Gentiloni», spiegano i suoi.
A fine mattinata,
dopo la messa, non raggiunge Rignano per pranzare con il babbo Tiziano e
la mamma Laura, come aveva fatto per l’Immacolata. Si rintana in casa,
senza mai lasciare il telefonino. Studia e ristudia la lista dei
ministri, in stretto contatto con il presidente incaricato. Si consulta
con Luca Lotti. Sfoglia il dossier ormai pronto sui suoi mille giorni di
governo, «l’elenco impressionante delle riforme che abbiamo realizzato,
dal lavoro ai diritti, dal sociale alle tasse, dall’innovazione alle
infrastrutture, dalla cultura alla giustizia», come scrive nel post che
in un giorno totalizza oltre 200mila “mi piace”. Mentre i figli lo
reclamano disegna anche il percorso congressuale più veloce. Una vera e
propria autostrada verso le primarie nazionali, che lo vedrà adesso in
gara con il governatore toscano Enrico Rossi, determinato a «spostare
l’asse a sinistra del Pd».
Ma per autorizzare le primarie sprint
serve il voto dell’assemblea nazionale con la maggioranza degli eletti
(non dei presenti), già convocata per domenica prossima. Voto necessario
per modificare lo statuto e saltare le convenzioni dei circoli che,
secondo statuto, affiancano i congressi e selezionano i tre candidati da
inviare alla conta finale. È questa che verrà votata? Renzi ci conta.
Anche perché non sarebbe un totale inedito: già nel 2009, al tempo delle
primarie tra Bersani, Franceschini e Marino, si dette priorità alle
primarie nazionali. Mentre nel 2013, quando fu eletto Renzi, il rinvio
riguardò i congressi regionali.
«Ne stiamo parlando, fare subito
le primarie nazionali è la cosa migliore», dicono gli uomini del
segretario. «Anche perché - aggiungono - svolgere le convenzioni e i
congressi di circolo finirebbe per sbattere le elezioni amministrative».
Saltare
tutto e tenere solo le primarie nazionali, quelle che la sinistra
interna guarda con sospetto per il rischio-plebiscito, non è però
indolore. Se verrà modificato lo statuto, anziché con un massimo di tre
candidati, le primarie potrebbero tenersi con anche quattro o più
candidati.