martedì 13 dicembre 2016

Repubblica 12.12.16
All’uscita da messa
Renzi prepara il blitz “Cambiare lo statuto sul congresso. Primarie a febbraio”
Il segretario vuole subito la rivincita “Saltiamo le consultazioni nei circoli”
di Massimo Vanni

FIRENZE NIENTE congressi di circolo, né regionali. Candidature per la segreteria nazionale del Pd entro il 10 gennaio e primarie aperte a tutti il 26 febbraio o al più tardi il 5 marzo. Matteo Renzi torna nella sua villetta di Pontassieve.
PORTA scatoloni di documenti sbaraccati dalla scrivania di Palazzo Chigi. E, nel suo primo giorno in famiglia da ex premier, già progetta il Gran Ritorno. A tempo di record.
Lo fa immaginando una road map con un congresso blitz e primarie super ravvicinate per “lavare” la sconfitta sulle riforme costituzionali e scalare di nuovo il Pd con una nuova, catartica investitura popolare.
A metà mattinata si mette alla guida della Tiguan di famiglia per accompagnare il figlio maggiore alla partita di calcio. E quando Paolo Gentiloni sale al Quirinale per ricevere l’incarico dal presidente Mattarella, Renzi esce dalla messa assieme alla moglie Agnese e agli altri due figli. Scambia poche battute con amici e conoscenti che lo chiamano “presidente”. E a chi gli chiede se tornerà a Roma risponde: «No, resto pontassievese». Solo una battuta, per uno che viene da Rignano. Sufficiente però a marcare il distacco.
«Torno da semplice cittadino. Non ho paracadute, non ho un seggio parlamentare, non ho uno stipendio, non ho un vitalizio, non ho l’immunità», scrive a notte fonda su Facebook, appena rientrato da Roma. Il post dove confessa l’amarezza: «Ho sofferto a chiudere gli scatoloni ieri notte, non me ne vergogno: non sono un robot». Pontassieve non è però per Renzi un buen retiro. E già oggi tornerà nella Capitale per partecipare alla direzione nazionale del partito. Non più da premier, ma da segretario. A lungo ha riflettuto se esserci o no: «Dobbiamo valutare se una sua presenza può essere o no utile a Gentiloni», spiegano i suoi.
A fine mattinata, dopo la messa, non raggiunge Rignano per pranzare con il babbo Tiziano e la mamma Laura, come aveva fatto per l’Immacolata. Si rintana in casa, senza mai lasciare il telefonino. Studia e ristudia la lista dei ministri, in stretto contatto con il presidente incaricato. Si consulta con Luca Lotti. Sfoglia il dossier ormai pronto sui suoi mille giorni di governo, «l’elenco impressionante delle riforme che abbiamo realizzato, dal lavoro ai diritti, dal sociale alle tasse, dall’innovazione alle infrastrutture, dalla cultura alla giustizia», come scrive nel post che in un giorno totalizza oltre 200mila “mi piace”. Mentre i figli lo reclamano disegna anche il percorso congressuale più veloce. Una vera e propria autostrada verso le primarie nazionali, che lo vedrà adesso in gara con il governatore toscano Enrico Rossi, determinato a «spostare l’asse a sinistra del Pd».
Ma per autorizzare le primarie sprint serve il voto dell’assemblea nazionale con la maggioranza degli eletti (non dei presenti), già convocata per domenica prossima. Voto necessario per modificare lo statuto e saltare le convenzioni dei circoli che, secondo statuto, affiancano i congressi e selezionano i tre candidati da inviare alla conta finale. È questa che verrà votata? Renzi ci conta. Anche perché non sarebbe un totale inedito: già nel 2009, al tempo delle primarie tra Bersani, Franceschini e Marino, si dette priorità alle primarie nazionali. Mentre nel 2013, quando fu eletto Renzi, il rinvio riguardò i congressi regionali.
«Ne stiamo parlando, fare subito le primarie nazionali è la cosa migliore», dicono gli uomini del segretario. «Anche perché - aggiungono - svolgere le convenzioni e i congressi di circolo finirebbe per sbattere le elezioni amministrative».
Saltare tutto e tenere solo le primarie nazionali, quelle che la sinistra interna guarda con sospetto per il rischio-plebiscito, non è però indolore. Se verrà modificato lo statuto, anziché con un massimo di tre candidati, le primarie potrebbero tenersi con anche quattro o più candidati.