il manifesto 13.12.16
Il giglio magico non sfiorisce
I
ministri. Boschi e Lotti restano a palazzo Chigi: per lui lo sport e
l’editoria, lei sarà la prima sottosegretaria. Il governo che deve
rimediare all’Italicum premia la senatrice del Pd che da presidente
dell'aula lo salvò. E Alfano vince sempre
di Andrea Fabozzi
Nel
rimpasto del governo Renzi cambia assai poco oltre al presidente del
Consiglio, che adesso è Paolo Gentiloni. I due custodi del «Giglio
magico», Luca Lotti e Maria Elena Boschi, resistono nella tempesta. Lui
ottiene una piccola promozione, più di forma che di sostanza, passando
da sottosegretario alla presidenza del Consiglio a ministro senza
portafoglio. Lei deve accettare uno spostamento di lato, lascia il
ministero delle riforme (cancellato, come la riforma) ma non si
allontana da palazzo Chigi. Perde un po’ di visibilità pubblica ma
guadagna l’incarico più pesante tra i sottosegretari, quello di
segretaria del Consiglio dei ministri (lo faceva Gianni Letta per
Berlusconi). Le nomine passeranno anche da lei.
Boschi deve però
mollare anche i rapporti con il parlamento (al suo posto Anna
Finocchiaro, vedi pagina 5), Lotti invece ottiene la delega per lo
sport. Da aggiungere a quelle per l’editoria e il Cipe, per quanto sia
impercettibile il rapporto tra le materie. Non riesce invece a
conquistare i servizi segreti, come avrebbe voluto Renzi, tant’è che la
promozione a ministro pare una compensazione per questa rinuncia. I
servizi però deve lasciarli anche Marco Minniti, che aveva la delega da
sottosegretario ma che è più che compensato dalla poltrona principale
del Viminale, attorno alla quale girava da un decennio.
Un passo
in avanti anche per un altro ex dalemiano, Claudio De Vincenti. Era lui
il sottosegretario di testa nel governo Renzi, era stato vice ministro,
adesso è ministro a tutto tondo. Economista, starà dietro alla coesione
territoriale e al mezzogiorno.
Pochissime le altre novità, tanto
che a fare notizia sono soprattutto le conferme, anche di ministri e
ministre che avevano fin qui collezionato soprattutto sconfitte e gaffe.
Detto di Boschi, va detto che Marianna Madia resta titolare della
pubblica amministrazione malgrado la sua riforma sia stata appena
bocciata dalla Corte costituzionale. Restano anche il ministro
dell’ambiente Galletti (in quanto «casiniano» e dunque specie protetta),
la ministra della difesa Pinotti e persino la ministra della salute
Lorenzin, dalla quale anche Renzi aveva dovuto prendere le distanze per
la tragica campagna sul «fertility day». Potenza della lottizzazione e
del partito di Alfano, che consolida la sua capacità di trasformare in
(molte) poltrone i (pochi) voti.
Alfano stesso è uscito ancora una
volta vincitore, il suo trasloco agli esteri può anche essere stato
(come sostiene qualcuno) soprattutto un allontanamento dagli interni, ma
certo esistono allontanamenti meno comodi. Arrivato alla Farnesina
appena lasciata proprio dal presidente del Consiglio Gentiloni, il
46enne ex delfino di Berlusconi può così guardare dall’alto una carriera
che è già più luminosa di quelle di Gava e Scotti: ministro della
giustizia, vice presidente del consiglio, ministro dell’interno, adesso
agli esteri.
E così l’unica penalizzata – in attesa del ballo dei
sottosegretari – è la ministra dell’istruzione Stefania Giannini, anche
perché dietro di lei non c’è più un partito alleato da accontentare
(ovvero, non c’è più Scelta civica ma il Pd).Al suo posto la vice
presidente del senato Valeria Fedeli, ex Cgil ma tanto ex che era alla
Leopolda quando il sindacato nell’ottobre 2014 manifestava contro il
Jobs act. A Fedeli Renzi è grato per non aver fatto una piega quando, da
vice presidente vicaria del senato (Grasso sostituiva Napolitano),
ammise il certamente irregolare emendamento Esposito, grazie al quale fu
approvato l’Italicum. Ed eccola nel governo che deve rimediare
all’Italicum.