Repubblica 11.12.16
Le Pen all’Eliseo l’ipotesi che spaventa la Francia
di Timothy Garton Ash
PARIGI
MARINE Le Pen eletta alla presidenza potrebbe attivare l’articolo 50
senza il via libera del Parlamento? Intendo l’articolo 50 del trattato
di Lisbona, per far uscire la Francia dall’Unione Europea, sulle orme
della Gran Bretagna. Mi ritrovo a discuterne a Parigi assieme a illustri
esperti francesi. Questa la risposta provvisoria all’interrogativo:
poiché la Francia, a differenza della Gran Bretagna, è una Repubblica
presidenziale, Le Pen potrebbe fare da sé.
IL PARLAMENTO però
dovrebbe in seguito approvare una modifica della costituzione. Il
semplice fatto che i miei amici francesi sollevino la questione, seppur
in via molto ipotetica e semi scherzosa, è un segno dei tempi. Cosa
diceva Rousseau? «Essere sàvi in un mondo di pazzi è di per sé una forma
di follia».
È ovviamente impensabile che la leader del Front
National, partito di destra, populista e anti- immigrazione, diventi
presidente della Repubblica francese alle prossime elezioni, in maggio.
Proprio come era impensabile che la Gran Bretagna votasse di uscire
dall’Unione Europea e impensabile che gli Stati Uniti eleggessero Donald
Trump. Mi trovo in Francia in parte proprio in cerca di rassicurazione,
per sentirmi dire che l’impensabile non accadrà di nuovo, questa volta
nel cuore dell’Europa. Prenderò l’Eurostar per Londra tutt’altro che
rassicurato.
Di certo la maggior parte dei miei interlocutori sono
ancora fiduciosi che Le Pen perda, a vantaggio di François Fillon, il
candidato del centro-destra. Nella seconda tornata delle presidenziali
gli elettori del centro-sinistra si mobiliteranno, tappandosi il naso,
per votare Fillon — per il bene della Repubblica. Dopo tutto nel 2002
votarono Jacques Chirac per far fuori il padre di Marine Le Pen, il
fondatore del Front National, sospirando «meglio un ladro che un
fascista». Il voto di protesta nelle elezioni europee e amministrative
ci può stare, ma le presidenziali sono una cosa seria. Fillon, col suo
forte patriottismo cattolico e conservatore e la sua rassicurante
solidità personale, può riconquistare molti elettori del Front National e
della Francia suburbana. Stando ai sondaggi attuali, entrambi i
principali candidati potrebbero ottenere un quarto dei voti al primo
turno, il 23 aprile del prossimo anno, ma al ballottaggio, il 7 maggio,
Fillon si porterebbe a casa circa due terzi dei voti. Questo è quello
che dicono il buon senso e i sondaggi, che ci sono stati così utili in
Gran Bretagna e Usa.
Passiamo ai dubbi. Fillon esprime un connubio
di conservatorismo sociale e liberismo economico che è insolito in
Francia, rischiando di alienarsi gli elettori su entrambi i fronti. Ha
posizioni cattoliche conservatrici su tematiche quali la maternità
surrogata e i matrimoni gay. Al contempo vuole la deregulation in campo
economico, tagliare 500mila posti di lavoro nel pubblico impiego,
riformare il sistema sanitario nazionale e tagliare le prestazioni
previdenziali. Recentemente è apparso in una caricatura sulla copertina
di Libération con un’acconciatura alla Margaret Thatcher. Persino
all’interno del suo partito si levano voci critiche rispetto a questo
thatcherismo francese. Per gli elettori provenienti dalla sinistra
frammentata potrebbe essere un boccone troppo difficile da mandar giù,
per cui al secondo turno potrebbero scegliere di astenersi dal voto. Ma
il liberismo economico rende Fillon vulnerabile anche tra gli elettori
dei ceti popolari e della piccola borghesia, che deve riconquistare
strappandoli a Front National. Sono elettori da rassicurare e
proteggere, non vanno presi di petto alla Thatcher.
Alla base c’è
un senso di malessere generale, associato a una crescita economica che
lo scorso anno ha toccato a stento l’1% e a una disoccupazione giovanile
che sfiora il 25%, il rancore che si manifesta ad ogni piè sospinto
contro una classe politica considerata distante, egoista e corrotta
nonché il desiderio diffuso di dare un bel calcione a tutto il maledetto
sistema. Fillon non proviene dalla classica élite parigina, ma fa senza
dubbio parte dell’establishment. Come ha detto un personaggio vicino a
Le Pen: «Fillon, è il sistema». E poi sembra proprio che la storia al
momento vada in questa direzione, con Trump e la Brexit a sdoganare le
scelte populiste.
Non da ultimo, Le Pen è una candidata forte, il
perfetto modello del populista moderno, che sa portare avanti le sue
tesi con vigore. Se avete qualche minuto, andate sulla pagina Facebook
del Front National e guardate Le Pen intervistata in tv mercoledì sera.
Eccola che sorride dall’alto della pagina con una bella rosa blu (si
appropria del simbolo socialista cambiando il colore) piazzata in
orizzontale tra le parole “Marine” e “Présidente”. Da notare che
“Président” è declinato al femminile, con la “e” finale, perché sarà la
prima donna presidente di Francia.
Nell’intervista televisiva Le
Pen sfoggia la sua abilità “faragesca” e “trumpiana” di dare l’idea di
parlare il linguaggio della gente comune. Si è candidata alle elezioni
«in nome del popolo», dice, mentre Fillon lo ha fatto «in nome della
Commissione europea, delle banche di Monsieur Schäuble ». Lei difende
«il ritorno della nazione… e la democrazia » e aggiunge che «molti paesi
hanno fatto questa scelta». Cita innanzitutto gli Stati Uniti, poi la
Gran Bretagna, quindi l’Italia che ha votato No al referendum. Oh sì, e
«Io difendo i diritti delle donne», dice.
Cosa farà riguardo
all’Europa? Vuole un referendum sull’adesione della Francia all’Ue: «Io
non ho paura della gente». Sostiene con enfasi che indirà il referendum e
ne rispetterà il risultato.
No, non prevedo la Frexit. Una cosa
che si può dire con certezza dei francesi è che non hanno lo stesso
atteggiamento dei britannici rispetto all’Europa. Ma la Festa
dell’Europa, che cade il 9 maggio, due giorni dopo il turno decisivo
delle presidenziali francesi potrebbe essere una giornata nera e Jean
Monnet si rivolterà nella tomba.
(Traduzione di Emilia Benghi)