Repubblica 11.12.16
Enrico Rossi
Il governatore della Toscana in campo “Bilancio deludente, adesso serve un congresso vero”
Ecco il primo sfidante “Più sinistra nel partito o perderemo sempre”
“Dobbiamo affrontare il disagio sociale o rischiamo di consegnare il Paese a Grillo”
di Massimo Vanni
FIRENZE.
«C’è bisogno di un congresso vero e di un governo di svolta». La sfida
alla segreteria di Renzi, per il governatore toscano Enrico Rossi parte
da qui.
Presidente Rossi, si apre la corsa congressuale: conferma
di volersi candidare? «Confermo. Intendo presentare formalmente la mia
candidatura alla segreteria nazionale del partito». Pensa di avere
maggiori chance con Renzi dopo la vittoria del No?
«Penso
anzitutto che occorra un congresso vero. O il congresso apre una
dialettica e una discussione vera sulla politica, sul profilo culturale e
sul programma fondamentale del Pd, oppure se si riduce invece ad un
altro plebiscito ‘Renzi sì-Renzi no’, non vedo come possa interessare la
sinistra del Paese».
Secondo lei, la sinistra ne ha abbastanza di Renzi?
«Non
è questo il punto. Il punto è che sono cresciute le disuguaglianze ed
esiste una sofferenza sociale che si manifesta ad ogni tornata
elettorale e ci fa perdere voti a partire dal nostro insediamento
elettorale».
E per questo il Pd deve cambiare rotta?
«Faccio
un appello a tutti coloro che hanno a cuore la sorte del Pd. Abbiamo
perso le amministrative del 2015, poi quelle del 2016 e ora anche il
referendum. Mi pare serva una svolta. Ma c’è una cosa che dovremmo fare
in vista del congresso…».
Dica.
«Ritengo cruciale, come
avvenuto con Bersani, sui cui voti raccolti nel 2013 Renzi ancora
governa, che si vada al congresso con una segreteria di garanzia, che
sia super partes».
E il nuovo governo? Mattarella chiede la legge elettorale prima di andare al voto.
«Se
il Pd ha bisogno di un congresso vero, il Paese ha bisogno di un
governo di svolta rispetto alle politiche fin qui fatte. Un governo che
tenga conto del disagio sociale in atto, altrimenti il pericolo è quello
di consegnare il Paese ai 5 Stelle. D’altra parte è venuto il momento
di fare un bilancio di tre anni dell’attività di governo».
E il suo bilancio com’è?
«Sono
stati distribuiti tanti bonus ma è aumentato il precariato e la
povertà, come ci ricordano Istat, Censis e Svimez. La ripresa è debole, i
conti non sono poi così in ordine e l’Europa sta col fiato sul collo.
Mentre sul piano delle riforme elettorali e istituzionali registriamo
purtroppo due fallimenti. C’è da chiedersi se non si debba discutere
seriamente e produrre una svolta, sia nell’attività di governo sia nel
partito. Per questo mi candido, per spostare a sinistra l’asse politico e
sociale del Pd».
Spostare l’asse a sinistra?
Corbyn in Inghilterra l’ha fatto ma i conservatori hanno riguadagnato terreno.
«Io
non sono Corbyn. E il problema è quello di capire se andiamo verso un
partito nazionale renziano, col rischio di fare un partito di centro che
guarda a destra, oppure verso un partito democratico di centrosinistra,
al cui interno esiste un’area libera che Renzi certo rappresenta. Un
partito dove però ha voce ed è ascoltata un’area di sinistra
d’ispirazione sociale e socialdemocratica. È questa, credo, la vera
partita che stiamo giocando in queste settimane. E il tema è nelle mani
di Renzi. Anzi, soprattutto in quelle della maggioranza del partito».