La Stampa 11.12.16
Zoggia: “Se Matteo vuole ricandidarsi
deve prima dimettersi da segretario”
Il
deputato fedelissimo di Bersani: “Non può guidare la transizione L’uomo
solo al comando non ha funzionato al governo e nel partito”
intervista di Andrea Carugati
«Il
Pd andrà a un congresso anticipato? A guidare la fase di transizione
non può essere il segretario Renzi, soprattutto se ha intenzione di
ricandidarsi. Quando si dimise Bersani nel 2013 arrivammo al congresso
con alla guida una figura di garanzia come Epifani», spiega Davide
Zoggia, deputato dem ed esponente di punta della minoranza bersaniana.
«Servono regole chiare che garantiscano tutti, un congresso dove si
discuta cosa è successo il 4 dicembre e in questi anni di governo, e di
come riconnettersi con un popolo di centrosinistra che ha voltato le
spalle al Pd. Non vorrei che si andasse a un congresso in fretta solo
per la volontà di rivincita di chi ha perso il referendum».
Come valuta la gestione del dopo referendum da parte del suo partito?
«Del
tutto inadeguata al fatto straordinario che è accaduto nelle urne. Vedo
nei vertici del Pd toni muscolari assolutamente incomprensibili. Gli
elettori non hanno bocciato solo la riforma costituzionale».
Renzi però è segretario per statuto fino alla fine del 2017.
«Vorrei
ricordare che il congresso sarà anticipato a causa della debacle nelle
urne, che segue quella delle amministrative che è stata rimossa dal
gruppo dirigente. Renzi si è dimesso da premier, ma non si può pensare
che al partito rimanga tutto così com’è».
Dopo la rottura al referendum, la minoranza intende partecipare al congresso o ormai le vostre strade sono divise?
«Faremo
di tutto per avere un congresso con la piena agibilità per tutti, con
regole adeguate e un clima accettabile. Questo sta all’intelligenza di
tutti. Sento però che gli animi sono accesi, c’è voglia di resa dei
conti, e ricordo che un congresso all’insegna del “Vi faccio vedere io”,
un semplice votificio, sarebbe un danno per il Pd e per il Paese».
Dunque la vostra partecipazione non è scontata?
«Capiremo
nei prossimi giorni, a partire dall’assemblea del 18 dicembre, qual è
l’atteggiamento del gruppo dirigente. Noi intendiamo costruire al
congresso una alternativa al renzismo con i tanti militanti ed elettori
che non si riconoscono in questo Pd. Ma se qualcuno pensa di fare il
“partito del Sì”, o di inneggiare al 40% non si va molto lontano.
Sarebbe assurdo liquidare quello che è successo con un “Non ci hanno
capito”».
Uno dei limiti della sinistra dem è di non aver trovato in questi anni una leadership alternativa…
«Il
modello dell’uomo solo al comando non ha funzionato, né al governo e
meno che mai nel partito, che è in condizioni pessime, nonostante gli
sforzi di Lorenzo Guerini. Noi pensiamo a una squadra, una leadership
diffusa. E chiediamo di separare il segretario dal candidato premier. Il
segretario per noi non dovrà essere scelto con primarie aperte».
La crisi di governo sembra avviata a chiudersi con l’ipotesi Gentiloni a palazzo Chigi.
«Intanto
registro che l’ipotesi del “governo di tutti o voto subito”, portata da
Renzi in direzione, si è positivamente dissolta. E’ evidente che spetta
al Pd e alla vecchia maggioranza, seguendo le preziose indicazioni del
Capo dello Stato, dar vita a un nuovo governo per armonizzare le leggi
elettorali e per dare risposte sui temi economici. Gentiloni non
rappresenta la discontinuità necessaria. Serve una svolta nelle
politiche sociali, se il nuovo esecutivo sarà una copia del precedente
non sarà possibile risalire la china. Bisogna cambiare le ricette che
non hanno funzionato, a partire da Jobs Act, voucher e scuola».
Un governo a tempo?
Il
governo deve fare le cose necessarie al Paese, senza limiti temporali
legati ai desiderata di qualcuno. E il Pd deve finalmente iniziare una
discussione seria sul suo futuro. Dando finalmente voce agli iscritti.