domenica 11 dicembre 2016

Corriere 11.12.16
Record di sbarchi, pochi rimpatri In Italia espulso solo uno su 10
di Fiorenza Sarzanini

ROMA Sono 175 mila gli stranieri arrivati in Italia dall’inizio dell’anno, 17 mila gli espulsi e solo cinquemila i rimpatriati. Nell’anno più nero per i migranti, con 4.700 persone morte nel Mediterraneo, l’Italia paga un prezzo alto all’isolamento in cui l’ha costretta l’Europa. Le richieste di collaborazione a Bruxelles per un piano di investimenti nei Paesi di provenienza sono cadute nel vuoto, così come la possibilità di stringere accordi con gli Stati africani. E così la media rimane bassa: soltanto per uno straniero su 10 scatta il provvedimento di effettiva espulsione. Il bilancio del 2016 si chiude dunque con il record di sbarchi e il fallimento del progetto che prevedeva la ricollocazione dei richiedenti asilo, ma anche di quello che aveva come obiettivo di far rientrare in patria chi non ha i requisiti per rimanere in Italia.
I voli charter
Sono tre i Paesi che accettano i rimpatri: Tunisia, Egitto e Nigeria. La trattativa avviata con il Sudan si è arenata perché si tratta di uno Stato che non rispetta i diritti umani e dunque non è possibile siglare intese. Con altri governi africani era stata tentata la strada degli accordi di polizia, ma senza la concessione di una contropartita molto onerosa per l’Italia appare difficile raggiungere il risultato.
Fermi anche i negoziati con la Libia, avviati proprio per ottenere un’intensificazione dei controlli sulle spiagge e nei porti controllati dai trafficanti di uomini. Il governo guidato da Al Serraj appare in grande difficoltà, quasi impossibile che riesca a rispettare i patti. E in ogni caso le richieste di aiuto — fuoristrada, apparecchiature per il monitoraggio del territorio, addestramento delle forze di polizia — si scontrano con la capacità di garantire che gommoni e pescherecci sospendano i viaggi. Ogni mese partono dall’Italia circa nove voli charter e alcune navi per riportare nei Paesi di provenienza i migranti irregolari, ma rispetto agli arrivi il lavoro effettuato dalla polizia non fornisce il risultato ottimale, nonostante il numero delle persone rintracciate superi 30 mila, quindi il doppio di chi effettivamente lascia l’Italia.
I Cie chiusi
Un ulteriore problema è causato dalla chiusura dei Cie, i Centri di identificazione ed espulsione, che nella maggior parte dei casi sono inagibili perché danneggiati da incendi e atti vandalici compiuti dagli stessi stranieri. Risultato: su 1.600 posti previsti, ne sono disponibili appena 400. Rimane dunque il nodo del collocamento di queste persone che molto spesso rimangono inserite nel sistema destinato invece a chi chiede asilo e ha diritto a essere assistito sino a quando la procedura per l’esame dell’istanza non è terminata. Attualmente sono 176 mila le persone in accoglienza, ben 138 mila quelle che si trovano nelle strutture temporanee messe a disposizione da Comuni e Regioni.
I minori soli
A loro si aggiungono 24 mila minori non accompagnati, il doppio rispetto al 2015. Molti hanno fra i 14 e i 17 anni, devono andare a scuola oppure seguire programmi di recupero. Altri sono più piccoli, alcuni orfani sono entrati nei progetti per l’affido e l’adottabilità. Ma per la maggior parte di loro mancano veri progetti di inserimento e questo ne rende ancor più complicata la gestione.
Resta il fatto che su ottomila Comuni, soltanto duemila accettano di mettere a disposizione le strutture per accogliere gli stranieri. Il Viminale ha più volte smentito la possibilità di ricorrere alle «requisizioni» degli stabili, ma appare ormai scontato che — senza un vera collaborazione da parte dei sindaci — l’ipotesi di imporre la distribuzione su tutto il territorio sarà un obbligo, anche perché negli ultimi giorni è stata la stessa Associazione nazionale dei sindaci a chiedere che ci sia «equità per impedire che i sacrifici vengano fatti sempre dagli stessi». E nel manifesto presentato ieri l’Anci ha ribadito la richiesta che ci sia «un’accoglienza sostenibile, secondo modalità diffuse, per piccoli numeri, proporzionati alla popolazione residente, dando massima priorità alla tutela dei minori stranieri non accompagnati e delle persone vittime di tratta e sfruttamento».