Sul web vincono i prepotenti
Un noto adagio afferma che la libertà di una persona finisce do- ve inizia quella degli altri. Un concetto che nelle sterminate lande del web, dove la libertà si trasforma spesso in abuso e persecuzione dell’altro, ha sempre meno valore. Secondo un recente studio, condotto dall’istituto Data & Society su migliaia di individui in tutti gli Stati Uniti, circa la metà degli utenti americani (47%) ha subito online molestie o discriminazioni (periodo di riferimento: maggio-giugno 2016).
La ricerca evidenzia come alcuni gruppi siano maggiormente colpiti di altri: lesbiche, gay e bi- sessuali subiscono il doppio degli abusi rispetto ad altri tipi di utenti; mentre non c’è prevalenza di genere tra uomini e donne, anche se queste ultime sono vittime sul web vincono i prepotenti
le molestie più pesanti (come il cyberstalking) e la categoria che meglio sa riconoscere un abuso sul web. Una consapevolezza non sempre presente: se il 72% degli intervistati dichiara di essere sta- to testimone di molestie verso altri utenti, meno della metà di coloro che hanno sperimentato la varietà di abusi evidenziati dai ricercatori riconosce di esserne stato bersaglio.
Il dato più interessante dello studio, tuttavia, è quello che misura la conseguenza più frequente di questi crimini di odio da tastiera: l’autocensura. Il 43% delle vittime ha dichiarato di aver cambiato le informazioni di con- tatto (mail, numero di telefono, profilo social), mentre un quarto di loro ha smesso di utilizzare i social media e il web. La questione ci riporta al discorso iniziale sulla libertà e a una contraddizione, quella che riguarda lo spazio online dove questo tipo di abusi va per la maggiore, Twitter. Il social si è spesso autoproclamato come «l’ala della libertà di parola del partito della libertà di parola»: Twitter, infatti, si è sempre fregiato di essere una piattaforma di libertà totale, priva di tutta una serie di strumenti capaci di segnalare e scoraggiare molestie e discriminazioni (previsti invece da Facebook). Tuttavia, oggi Twitter sta correndo ai ripari: pochi giorni fa ha bloccato gli ac- count di molti utenti legati all’alt-right movement americano e ha inaugurato una serie di tools per denunciare i casi di molestie. Sull’Atlantic la ricercatrice di Data & Society Amanda Lenhart spiega che le contromisure tecnologiche sono una misura necessaria per combattere le manifestazioni di discriminazione, ma non sufficiente: «Ci vorranno anche dibattiti intorno alle norme sociali, le opinioni e i comportamenti». In attesa di una formazione condivisa del buon utente del web, Twitter ha deciso di fare la sua parte. Forse finalmente consapevole che la parola in totale libertà è un attentato alla libertà di parola.