martedì 13 dicembre 2016

Nel mondo scientifico, decidere quando credere è un problema antico e profondo. Non esiste una risposta sempre valida  
Internazionale 8.12.2016   
Scienza. Il brivido dell'onda 
A volte la verità è così incredibile che supera ogni possibile simulazione. Due fisici raccontano com'è stata portata avanti la ricerca per confermare l'esistenza delle onde gravitazionali.     
di Jonah Kanner e Alan Weinstein, Nautilus, Stati Uniti. Foto di Thomas Jackson 


Alle 2.40 del mattino fui svegliato dal telefono. Almeno uno di noi era sempre di turno e quella notte di settembre del 2010 mi ero offerto io di rispondere ai messaggi automatici del nostro sistema di allerta. 
Mi chiamo Jonah Kanner, all'epoca stavo facendo un dottorato e avevo contribuito a creare il primo software di allerta a risposta rapida per due osservatori di onde gravitazionali, il Ligo (Laser interferometer gravitational-wave observatory) e il Virgo. Il sistema era stato progettato per cercare segnali astrofisici nei dati in arrivo, avvertire le persone che potevano controllare se un segnale era valido e, in caso di necessità, trasmettere il messaggio agli astronomi di tutto il mondo. A ogni allarme c'era la possibilità di fare una scoperta, di osservare per la prima volta le onde che viaggiano attraverso il tessuto dello spaziotempo ipotizzate da Albert Einstein nel 1916. Mi alzai e andai ancora assonnato verso la piccola postazione di lavoro che tenevamo nel nostro appartamento. Ancora non lo sapevo, ma quell'allarme avrebbe segnato l'inizio di un terremoto emotivo e professionale. Mi collegai al nostro database degli eventi e cominciai a controllare i tracciati. Non rimasi assonnato a lungo. I grafici indicavano un segnale insolitamente alto. Ma soprattutto la forma dell'onda aveva le caratteristiche di un chirp, un tipo di segnale. Era quello che tutti speravamo di vedere, un segnale tipico dell'emissione di onde gravitazionali da parte di due buchi neri che girano a spirale l'uno intorno all'altro fino a fondersi. Conoscevo il chirp dalle simulazioni, ma nessuno l'aveva mai visto apparire spontaneamente. Infilai gli auricolari e convocai una teleconferenza. 
Eravamo in nove, sparsi negli Stati Uniti e in Italia, e cominciammo a discutere i risultati per cercare di capire qualcosa che ci sembrava troppo bello per essere vero. Il cuore ci batteva forte. Dovevamo prendere subito una decisione. Se quel segnale sorprendente era un errore, potevamo smettere di preoccuparcene. Dopo circa trenta minuti di discussione, concordammo che il segnale sembrava valido, e prememmo il bottone che avrebbe azionato una serie di telescopi robotizzati puntandoli verso la fonte. I nostri commenti, di solito sintetici, dimostravano quello che tutti stavamo provando quella notte: 'Che emozione!!! un evento davvero significativo'. 
I fisici teorici avevano discusso per decenni sull'ipotesi, avanzata da Einstein, che esistessero le onde gravitazionali, ed erano arrivati ad accettarla solo negli anni sessanta del novecento. Ma a mezzo secolo di distanza, nessuno le aveva ancora osservate direttamente. Quella sera sembrava che tutto potesse cambiare e che io sarei stato coinvolto in quella scoperta. O forse no.  
I manipolatori 
Avete mai partecipato a un'esercitazione antincendio? C'è stato un momento di tensione in cui vi siete chiesti cosa avreste fatto se la situazione fosse stata reale? Quella notte di settembre ci sentivamo tutti così. 
Circa un anno prima, nell'autunno del 2009, il Ligo e il Virgo avevano concordato di creare un meccanismo con cui i nostri dati potevano essere falsificati. Avevamo messo insieme una piccola squadra autorizzata a inserire segretamente un segnale simulato nei rilevatori di onde gravitazionali, senza dire nulla agli altri. 
A prima vista può sembrare un'iniziativa inutilmente masochistica. Misurare onde che deformano lo spaziotempo di meno del diametro di un protone è già abbastanza difficile. Perchè mai avremmo dovuto anche cercare di ingannarci? 
Per capirlo, provate a pensare cosa significa essere uno scienziato sul punto di fare una grande scoperta, una persona che considera partecipare a quella scoperta la cosa più entusiasmante che ci sia. L'opportunità di imparare qualcosa di nuovo sull'universo, di osservare qualcosa che nessuno ha mai visto prima, è uno stimolo incredibile. » uno dei motivi per cui molti scelgono di dedicarsi alla ricerca scientifica, e quello che ci fa accettare di lavorare la notte e il fine settimana anno dopo anno. Una grande scoperta influisce anche sulla carriera e sulla reputazione, sia dei singoli ricercatori sia delle istituzioni. 
Il problema è che una posta in gioco così alta spesso non si combina bene con il processo di scoperta e di conferma, che spesso è estremamente tecnico, minuzioso e noioso. In un complesso esperimento moderno, distinguere tra una nuova scoperta scientifica e un errore della strumentazione o un evento di routine spesso è tutt'altro che facile. Le nostre squadre avevano deciso che il momento della potenziale scoperta, quando l'emozione è fortissima ed è in gioco la reputazione di tutti, non è l'ideale per stabilire una procedura di conferma. Bisognerebbe farlo prima, durante un'esercitazione. 
Le regole base dell'esercitazione congiunta tra Ligo e Virgo erano semplici. Ci avevano detto che nel corso delle nostre osservazioni del 2010 sarebbe stato aggiunto ai dati un piccolo numero (ma anche nessuno) di segnali simulati di onde gravitazionali (iniezioni nell'hardware). La ricerca delle onde gravitazionali consisteva nel monitorare la distanza che separa due masse lontane tra loro. Se fosse passata un'onda, quella distanza sarebbe aumentata o diminuita. Le iniezioni avrebbero simulato un piccolissimo cambiamento in quella distanza spingendo delicatamente una delle masse con un leggero campo magnetico, che l'avrebbe fatta spostare di un milionesimo di milionesimo di milionesimo di metro. Il segnale che ne sarebbe risultato sarebbe stato simile a quello che ci aspettavamo dalla fusione di due buchi neri o di due stelle di neutroni. 
Non ci avrebbero avvisato in anticipo e neanche dopo, almeno per un po'. Solo una piccola squadra di 'manipolatori', che avevano giurato di mantenere il segreto, avrebbe saputo quando e come attivare la simulazione. La squadra era formata da cinque persone che avevano la competenza tecnica per farlo. Anche molti dei dirigenti più importanti sarebbero stati tenuti all'oscuro. I manipolatori avrebbero lasciato tracce della loro operazione in canali di dati proibiti, che tutti gli altri avevano giurato sul proprio onore di non andare a controllare. 
Chi non faceva parte del gruppo dei manipolatori aveva una sola scelta: trattare i dati come se fossero veri. Questo ci confondeva molto. In apparenza, avevamo davanti il segnale che aspettavamo da una ventina di anni. Se era reale, il nostro compito era analizzarlo il più velocemente possibile mettendoci tutto l'impegno. Ma sapevamo anche che poteva essere una simulazione, che forse il gruppo dei manipolatori stava ridendo alle nostre spalle. Era come cercare di comprare all'asta un quadro da cento milioni di dollari, con il dubbio che potesse essere un falso. Lavoravamo come non avevamo mai fatto in vita nostra, e ogni giorno oscillavamo tra l'entusiasmo e lo sfinimento. Saremmo stati ricompensati per tutta quella fatica o era solo un grande scherzo? 
Soprannominammo l'evento big dog (grande cane) perchè l'avevamo localizzato - anche se erroneamente, come avremmo scoperto più tardi - nel cielo in direzione della costellazione del Cane Maggiore (e perchè all'epoca il personaggio di Sirius Black della serie Harry Potter era molto popolare). Per i sei mesi successivi lavorammo sui dati e sottoponemmo l'hardware a una serie di controlli. Sviluppammo nuovi strumenti di analisi per cercare di capire se l'evento era dovuto a qualche rumore o terrestre o della strumentazione. I dati superarono tutti i test. 
Scrivemmo un articolo sulla scoperta. Se ne occupò Alan Weinstein, che dirigeva un gruppo di analisi dei dati. Discutemmo a lungo sul titolo: Primo rilevamento? Prima osservazione? Scoperta? Trovate le prove? Potevamo veramente sostenere che si trattava di un 'primo rilevamento', se nel 1993 era già stato assegnato il premio Nobel per la fisica a Taylor e Hulse per la loro scoperta dell'esistenza delle onde gravitazionali? Il nostro gruppo era numeroso, e lo spettro delle opinioni era ampio. Qualcuno voleva essere estremamente cauto e parlare solo di 'prova' ma non di 'rilevamento'. Qualcun altro insisteva nel dire che dovevamo aspettare a pubblicare fino a quando l'evento non si fosse ripetuto. Altri erano più coraggiosi e pensavano che fossimo abbastanza sicuri per evitare di scrivere un articolo ambiguo o fumoso. Intervennero centinaia di colleghi, ogni parola fu discussa e soppesata. Mettere d'accordo settecento scienziati scettici su tutte le parole di un articolo, e sul necessario livello di certezza, era un compito enorme, una complessa operazione sociologica (il sociologo Harry Collins ha scritto due libri sulla difficoltà degli scienziati che studiano le onde gravitazionali di accettare o respingere vari rilevamenti ipotetici). 
Alla fine concordammo di intitolarlo 'Prove del rilevamento diretto di onde gravitazionali da un sistema binario di buchi neri'. Già dal titolo si percepisce chiaramente il compromesso. 
Nel marzo del 2011 ci riunimmo in un albergo vicino ad Arcadia, in California, per rivedere tutte le prove e la bozza dell'articolo, e decidere se presentarlo a una rivista. Nella sala c'erano più di trecento persone e un altro centinaio era collegato via internet. Avevamo portato litri e litri di champagne. Discutemmo e votammo la bozza dell'articolo. Furono fatti molti discorsi per celebrare la lunga strada che avevamo percorso, dal momento in cui avevamo costruito quelle incredibili macchine alla ricezione del segnale fino all'intera procedura per poter affermare che c'era stato un rilevamento. Stappammo lo champagne. A quel punto salì sul palco il direttore del Ligo Jay Marx, che teneva in tasca una busta sgualcita da più di sei mesi. Stava per aprirla: ci avrebbe detto se l'intera faccenda era stata un imbroglio. Dubbi e certezze 
Se un giorno tornando a casa diceste 'oggi ho visto uno stormo di oche attraversare il cielo', è improbabile che qualcuno ne dubiterebbe. Ma se diceste 'oggi ho visto dei draghi volare in cielo', la vostra famiglia ci crederebbe? Quante prove vi servirebbero? E se aveste davvero visto i draghi, ma fosse stato un evento unico? 
Ci stavamo preparando ad annunciare l'esistenza delle onde gravitazionali sulla base di un singolo evento. Non sapevamo quanto sarebbero state frequenti, era perfettamente possibile che fossero un fenomeno così raro da non ripetersi più nel corso della nostra vita. Quante prove ci sarebbero volute? Di solito in fisica lo standard è che una nuova scoperta deve essere dimostrata a livello 'cinque sigma' di probabilità, il che significa che la certezza che non si tratti semplicemente di una fluttuazione del rumore deve essere superiore al 99,9999 per cento. Secondo i nostri calcoli, il segnale era 'più forte' della più forte e più rara fluttuazione del rumore in cui il Ligo e il Virgo si sarebbero potuti imbattere in migliaia di anni. 
Ma dimostrare che il segnale non è un rumore non equivale a dimostrare che è un vero segnale. In realtà, dato che nessuno l'aveva mai vista direttamente, non potevamo affermare con sicurezza che quella che avevamo rilevato era un'onda gravitazionale. Forse queste onde non esistono, e quindi non c'è nessun segnale astrofisico da rilevare. Se qualcuno fosse stato convinto di questo, avrebbe detto che il nostro segnale era solo un rumore o il frutto di un malfunzionamento, per quanto improbabile. Nel mondo scientifico, decidere quando credere è un problema antico e profondo. Non esiste una risposta sempre valida. Per valutare i meriti di una potenziale scoperta bisogna sempre considerare quello che le persone coinvolte hanno creduto fino a quel momento. Non c'è modo di evitarlo. 
Cosa avevamo creduto fino a quel momento? 
Nel 1975 esistevano già prove chiare e convincenti dell'esistenza delle onde gravitazionali grazie agli studi dei radioastronomi Russell Hulse e Joseph Taylor, che avevano osservato una coppia di stelle di neutroni compatte che orbitavano una intorno all'altra e perdevano energia orbitale. La teoria di Einstein prevedeva che le onde gravitazionali avrebbero sottratto energia orbitale, producendo esattamente quello che avevano visto Hulse e Taylor. Quindi dalle prove radioastronomiche sembrava probabile che quelle onde esistessero. 
Quello di cui eravamo meno sicuri era che le nostre apparecchiature avessero la sensibilità sufficiente per misurarle. Nel 2010 i rilevatori Ligo e Virgo erano ancora 'sperimentali'. Immaginavamo che non fossero abbastanza sensibili per rilevare le onde gravitazionali emesse da due stelle che si fondono, ma che ci avrebbero fornito informazioni preziose per progettare la generazione successiva di interferometri più avanzati. Sapevamo anche che sia gli osservatori sia l'ambiente che li circondava presentavano una serie di problemi che, seppur raramente, avrebbero potuto produrre qualcosa che poteva sembrare un segnale extraterrestre di onde gravitazionali. E anche i nostri complessi strumenti potevano eccezionalmente fallire. 
Nell'insieme, quindi, le nostre convinzioni precedenti non erano univoche. Questo tendeva a provocare due modi diversi di interpretare l'evento appena osservato (e forse simulato): per alcuni, se non potevamo dimostrare che era falso, doveva essere vero; per altri, se era veramente qualcosa di nuovo, non potevamo essere certi di quello che stavamo cercando, quindi dovevamo tenere gli occhi ben aperti e indagare su qualsiasi cosa ci sembrasse seppur vagamente reale. Entrambi questi approcci erano pericolosamente tendenziosi, perchè sceglievano di cercare un tipo di prove e ignorarne un altro. Il nostro scopo principale era ridurre al minimo gli errori, ed evitare questi due atteggiamenti. 
Questa era la genialità dell'esperimento di simulazione: ognuno doveva dubitare di qualsiasi cosa avesse creduto ino a quel momento. Uno scienziato convinto che gli strumenti non fossero ancora all'altezza del compito avrebbe dovuto prendere in considerazione la possibilità che lo fossero. E uno tentato di dare troppa importanza a un segnale che poteva confermare la scoperta avrebbe dovuto moderare l'entusiasmo per evitare di fare affermazioni false. La simulazione ci costringeva a essere scettici e razionali e a valutare le prove per quello che erano. Perciò quando in quell'albergo di Arcadia Jay Marx aprì la sua busta e ci disse che il grande cane era stato un grande scherzo, e che avevamo appena concluso con successo la prima esercitazione antincendio della storia dell'osservazione delle onde gravitazionali, lo considerammo comunque un momento da festeggiare. Alzammo i calici e brindammo al nostro finto successo. Dentro di noi, però, avevamo una strana sensazione di vuoto. Ovviamente il big dog ci aveva spinti a lavorare sodo. 
Avevamo fatto grandi passi avanti nella capacità di misurare la massa degli oggetti coinvolti (stelle di neutroni o buchi neri) usando solo il segnale dell'onda gravitazionale. Ma soprattutto, il gruppo aveva concordato per la prima volta gli standard da usare, e il modo in cui ridurre al minimo i preconcetti di ognuno. Per la prima volta avevamo deciso di avere le prove sufficienti di un rilevamento. 
E’ difficile capire l'importanza di una cosa simile. In passato alcuni esperimenti sulle onde gravitazionali avevano sofferto a causa di affermazioni troppo nette, e il nostro gruppo di ricerca si era allargato a tal punto da rendere difficile raggiungere un accordo sugli standard. Prima del 2011 nessuno aveva chiaro quale sarebbe stato il livello di prove sufficiente. Ora, finalmente, un finto segnale ci aveva fatto sentire pronti ad affrontarne uno vero. 
Un segnale interessante 
Nel settembre del 2015, a quasi cinque anni esatti dal big dog, l'allarme del nostro sistema a risposta rapida è scattato di nuovo. Questa volta è stato notato prima di tutti dai ricercatori dell'Albert Einstein institute di Hannover, in Germania, che hanno mandato a tutto il gruppo un'email che aveva per oggetto 'un evento molto interessante'. Ricordo di aver acceso il mio computer e di aver trovato la casella della posta in arrivo zeppa di messaggi. Ho rinunciato a leggerli tutti e ho chiamato un collega, che mi ha indicato una pagina creata con un programma che avevo contribuito a scrivere, dalla quale risultava chiaramente che c'era stato un segnale. 
Mi sono venuti i brividi. Ho chiuso gli occhi e ho guardato di nuovo, mi sono alzato e ho cominciato a saltare per la stanza. 'Cos'è successo?', mi ha chiesto mia moglie. 'Be', non sono sicuro', le ho risposto. 'Ma penso che abbiamo trovato un'onda gravitazionale'. 
Tra il 2010 e il 2015 i rilevatori del Ligo che erano all'Hanford observatory e al Livingston observatory erano stati smantellati e ne erano stati costruiti e installati altri più avanzati. I cambiamenti riguardavano soprattutto la sensibilità della strumentazione, ma erano anche stati aggiunti specchi più grandi, laser più potenti e un migliore isolamento sismico. Invece di essere sospese con i cavi, ora le masse di prova erano appese a sottili aste di vetro resistenti alle vibrazioni termiche. Tutti questi miglioramenti erano stati introdotti allo scopo di aumentare di dieci volte il raggio di azione del Ligo e di mille volte il volume di spazio in cui poteva andare a cercare eventi rari. Alla fine di agosto del 2015 abbiamo avviato una prova tecnica - per testare gli strumenti, non per raccogliere dati - e abbiamo programmato di cominciare le osservazioni il 18 settembre. Durante la prova tecnica non ci sarebbero state simulazioni. Il 12 settembre i rilevatori funzionavano già senza intoppi e sembravano molto sensibili, perciò li abbiamo lasciati a osservare il cielo. 
Nelle prime ore del mattino del 14 settembre 2015 i nostri strumenti hanno rilevato un evento che faceva pensare alla fusione di due buchi neri a circa un miliardo e 300 milioni di anni luce di distanza. Il segnale era forte e chiaramente distinto da qualsiasi rumore terrestre o prodotto dagli strumenti, a un livello di sicurezza superiore al 99,9999 per cento. Così presto dopo l'accensione, e così forte, possibile che la natura fosse stata tanto gentile con noi? Abbiamo chiamato il segnale GW150914. 
Poteva essere stata una simulazione, anche se non era prevista? 
Nel giro di poche ore, molti di noi ne stavano discutendo in teleconferenza. Mike Landry, uno dei colleghi che facevano parte dei gruppo di manipolatori del 2010, ci ha detto che non era stata convocata nessuna squadra per le simulazioni durante la prova tecnica, quindi non era possibile che si trattasse di quello. Se la scoperta fosse avvenuta qualche giorno dopo, durante l'osservazione, forse la sua èquipe sarebbe già stata in attività e gli avrebbero chiesto di impegnarsi a mantenere il segreto. Ma in quel momento non era così. Non eravamo del tutto convinti. Gli abbiamo chiesto se potevamo controllare il canale dati di simulazione. 'Fate pure', ha risposto. Abbiamo guardato e non abbiamo trovato nulla. Il fisico incaricato delle iniezioni, Jef Kissel, l'ha scritto sul nostro diario elettronico: 'Non c'è stata nessuna simulazione durante l'evento'. E’ stata la sua annotazione più breve di sempre. Più tardi avrebbe vinto il premio come migliore annotazione dell'anno sul nostro diario. 
Ma poteva essere stata un'interferenza maligna? Forse un collega competente ma ostile o un ex dipendente ce l'aveva con noi e sapeva che una simulazione ci avrebbe creato dei problemi. Era una cosa difficile da fare, ma non si poteva neanche escludere. Il colpevole avrebbe dovuto sapere molte cose. La forma d'onda del segnale avrebbe dovuto essere assolutamente precisa; le iniezioni nei nostri due interferometri (a più di tremila chilometri di distanza l'uno dall'altro) avrebbero dovuto essere contemporanee e perfettamente identiche per ampiezza e fase; e tutti i canali di dati, segreti e non, avrebbero dovuto essere ripuliti per non lasciare tracce. Abbiamo controllato decine di canali di dati, ma non abbiamo trovato nessun segno di una simulazione. 
Perciò abbiamo consentito a noi stessi di arrivare alla conclusione in cui avevamo sperato: non era un'esercitazione. Così abbiamo avviato l'analisi. E da cosa siamo partiti? Dall'evento del 2010. Abbiamo riutilizzato la procedura di allora adattandola ai nuovi dati. Abbiamo applicato quello che avevamo imparato sulla valutazione dei parametri: la capacità di misurare le masse, le velocità di rotazione e altre caratteristiche della fusione di un sistema binario. 
Quello che ricordiamo di quei primi giorni dopo la scoperta del 2015 è una calma sorprendente. Nonostante la forte tensione, i nostri colleghi hanno seguito la procedura, hanno lavorato sodo, e hanno prodotto risultati eccezionali. » stata la ricompensa migliore per l'esercitazione del 2010: avevamo imparato a lavorare con quei dati, a fidarci del procedimento, delle prove e dei colleghi. Se fosse stata la prima volta che incontravamo un 'vero' segnale, i dubbi, la preoccupazione, l'ansia e le dispute filosofiche avrebbero potuto impedirci di affermare con certezza che era vero. Costruendo le prove del falso segnale, avevamo imparato a trovarne uno vero. L'esercitazione ci aveva insegnato a usare una serie di prove per poter credere in qualcosa di straordinario. 
La mano della natura 
La cosa interessante, però, è che è sorta di nuovo la domanda: 'A che punto le prove sono sufficienti?'. Alcuni di noi sostenevano che non avremmo dovuto affermare di aver registrato le onde gravitazionali fino a quando non avessimo visto una seconda fusione di buchi neri. Se non ne vedremo mai una seconda, dicevano, come possiamo essere sicuri che le prima non sia stata un caso? Questa polemica era legata al fatto che i nuovi rilevatori avanzati avevano appena cominciato a funzionare. Qualcuno sosteneva che dovevamo imparare a conoscerli meglio per capire se si trattava di semplice rumore o di un loro errore. Altri dicevano che se avevamo intercettato un vero segnale dopo pochi giorni di osservazione, forse erano così frequenti che avremmo dovuto vederne altri. Per fortuna la natura ci ha dato una mano. Un secondo probabile segnale è arrivato il 12 ottobre, meno di un mese dopo il primo. Questo ha convinto quasi tutti che avevamo abbastanza prove per pubblicare. E alla fine di dicembre c'è stato un altro segnale così chiaro e innegabile da non lasciare spazio ai dubbi. Cinque mesi dopo il rilevamento di GW150914, quando avevamo scritto più di dieci articoli sull'argomento, e il più importante era stato accettato dalla rivista Physical Review Letters, abbiamo annunciato pubblicamente la scoperta in una conferenza stampa nella sede centrale della National science foundation. 
Era il febbraio del 2016. E quella volta non abbiamo sentito nessun senso di vuoto durante i festeggiamenti. 


GLI AUTORI Jonah Kanner è un ricercatore dell'osservatorio Ligo, presso il California institute of technology (Caltech), e lavora da dieci anni sui dati relativi alle onde gravitazionali. Alan Weinstein insegna isica al Caltech e dirige il gruppo di analisi dati astroisici del Ligo.