mercoledì 7 dicembre 2016

La Stampa 7.12.16
Rossi: “Ci vuole un governo pieno ogni altra opzione è un azzardo”
“Se Matteo voleva votare, non doveva fare quel discorso”
intervista di Francesca Schianchi

«Lo stesso Renzi nella notte della sconfitta, in un discorso istituzionale, mica alla Casa del popolo o all’oratorio, ha parlato di un successore a cui lasciare la campanella e i dossier aperti: la via maestra è un governo nel pieno delle funzioni. Una soluzione diversa sarebbe un azzardo istituzionale e politico». Questo dirà oggi alla Direzione del Pd Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana e candidato annunciato contro Renzi al prossimo congresso.
L’azzardo di cui parla è andare al voto al più presto, come proposto da Alfano e come piacerebbe ai renziani?
«Certo. Un presidente del consiglio non può annunciare le dimissioni e poi come se nulla fosse continuare per arrivare al voto a febbraio. Se quella è l’intenzione, doveva essere più cauto sia in campagna elettorale che domenica sera nel suo discorso».
A dire il vero ora l’intenzione di Renzi sembra quella di proporre un governo istituzionale che comprenda tutte le forze politiche. Altrimenti, al voto.
«Quel che serve è un governo nel pieno delle sue funzioni, che sia sufficientemente forte per rappresentarci in Europa, che gestisca la situazione economica, dia tranquillità ai mercati e faccia una legge elettorale, da non far passare questa volta a colpi di fiducia».
Il sottosegretario renziano Luca Lotti propone di ripartire da quel 40 per cento che ha votato sì al referendum…
«Non si può chiedere la rivincita del referendum andando a votare con l’Italicum alla Camera e il Consultellum al Senato! E pensare che quel 40 per cento sia una base per ripartire è una presunzione: lì dentro c’è Pd, ma c’è anche destra, è un gioco sbagliato trasferire un risultato referendario in un voto politico. Lo stesso giorno del voto, gli exit poll davano il Partito democratico tra il 30 e il 33 per cento».
Ma i cittadini potrebbero voler votare, non crede? Come potreste fare a sostenere un governo con le opposizioni fuori che urlano al «quarto premier non eletto»?
«Capisco l’obiezione. Ma credo che il Paese abbia bisogno di una fase di decantazione. Siamo in campagna elettorale almeno da maggio, c’è bisogno di una pausa dalle divisioni, durante il quale il Paese venga messo in sicurezza e il Pd faccia il suo congresso. Renzi poi ha tutto il tempo di riproporsi come candidato».
Quando va fatto il congresso?
«Penso che a gennaio, fatta la legge di bilancio e dato il via a un nuovo governo, possiamo dare inizio al percorso, che da Statuto dura circa quattro mesi».
Che impressione le ha fatto vedere compagni del Pd esultare per la vittoria del no?
«Il mio sì è stato netto e chiaro. Ho trovato sbagliato esultare con un Paese e un partito diviso. Un partito che riceve un colpo del genere deve prendersi il tempo per riflettere, ritrovarsi, costruire un clima meno teso e andare a trovare un pezzo del No che ha espresso una difesa della Costituzione».
C’è il rischio di una frattura insanabile nel Pd?
«Questo è il momento di ricucire: replicare la divisione sarebbe un errore. Mi auguro che oggi in Direzione si possa discutere con serenità».
Per la guida di un nuovo governo girano vari nomi, Padoan, Grasso, Delrio… Quale la convince di più?
«Un’opinione posso averla, ma sarà il presidente della Repubblica a decidere».
Ma il Pd nel corso delle consultazioni darà la sua preferenza…
«Toccherà farlo a chi andrà alle consultazioni».