La Stampa 7.12.16
Renzi non si fida e spariglia
“Governo con tutti o le urne”
“Non diventeremo un bersaglio”. Dimissioni venerdì, ma c’è l’ipotesi di un bis
di Fabio Martini
Ogni
giorno Matteo Renzi consuma due, tre scenari diversi, pur di restare in
campo, pur di non finire nel cono d’ombra dopo tanta luce. Nel giro di
24 ore, sotto l’effetto della febbrile creatività del premier uscente e
in attesa delle dimissioni attese per venerdì, si è passati dal «Renzi
congelato» al «Governo di responsabilità» e all’orizzonte già si scorge
il Renzi-bis. Ma non si esclude un governo politico a guida Pd con un
premier diverso dall’attuale. Alle nove della sera, infatti, uno dei
papabili per un governo politico, Graziano Delrio, annunciava in tv:
«Noi crediamo all’esigenza e diamo la disponibilità per un governo di
scopo che ci porti alle elezioni». Un ottovolante di ipotesi che ha
trasformato in queste ore i corridoi del Senato e il Transatlantico in
due porti di mare, con i parlamentari eccitatissimi che guardano ai
segnali che arrivano dal «Castello» del principe ferito: Palazzo Chigi.
Una giornata caotica, alimentata dall’inquietudine e dalla estrema
mobilità di Renzi e al termine della quale restavano due scenari: un
governo politico a guida Pd (Franceschini, Delrio) di «scopo» per fare
la riforma elettorale, a scadenza, ma del quale il presidente del
Consiglio non si fida, perché teme che possa durare più del necessario,
rifiutandosi di lasciare il campo quando glielo chiedesse il leader del
Pd; l’alternativa è un «Governo del presidente», ispirato dal Quirinale,
guidato dal presidente del Senato Pietro Grasso e che finirebbe per
avere un orizzonte di legislatura. Più sullo sfondo un governo Padoan,
che diventerebbe un imperativo se i mercati si scaldassero o se dovesse
implodere la bomba Monte dei Paschi.
A Palazzo Chigi un Matteo
Renzi molto inquieto muove continuamente le sue pedine. «Politicamente
correttissimo» nel discorso col quale ha preso atto del risultato del
referendum, preannunciando le dimissioni, da due giorni Renzi sta
sperimentando tutti gli espedienti che gli consentano di mantenere il
ruolo di candidato-premier del Pd in vista delle prossime elezioni. Per
24 ore il presidente del Consiglio ha perseguito uno scenario hard:
mantenere «congelato» il suo governo dimissionario in attesa che la
Corte Costituzionale decidesse il destino dell’Italicum. La speranza di
Renzi era che la Consulta decidesse «entro pochi giorni», visto che il
giudizio era atteso per il 4 ottobre e che i giudici hanno già
riflettuto a lungo sui profili di incostituzionalità della legge
elettorale. La scommessa di Renzi, in base ai rumors, era quella di una
sentenza «auto-applicativa», un «taglia e cuci» giuridico che garantisse
l’immediata applicabilità dell’Italicum «riformato».
Una
scorciatoia per andare ad elezioni anticipate a febbraio. Un piano che
prevedeva il «ritiro» dalla maggioranza dell’Ncd di Angelino Alfano,
grazie ad un accordo di massima per fare eleggere una dozzina di
parlamentari nel prossimo Senato. Ma questo scenario si è inizialmente
arenato per il malumore del Quirinale e poi definitivamente bruciato
alle 16,20 di ieri pomeriggio: la Consulta ha diramato un comunicato col
quale si annunciava che la prima udienza si terrà il 24 gennaio. Morale
della storia: il Renzi congelato si è dissolto.
Il presidente del
Consiglio, in privato, ha commentato con molta asprezza ma subito dopo
si è messo a lavorare ad un nuovo scenario. A metà pomeriggio diceva nel
suo studio di Palazzo Chigi: «A questo punto una cosa è esclusa: che si
faccia un nuovo governo nel quale il Pd diventi il bersaglio di tutti.
Serve un governo di responsabilità, tutti ci devono mettere la faccia.
Se gli altri, dai Cinque Stelle e Forza Italia, non ci stanno, si va
dritti verso le elezioni anticipate». Una proposta per farsi dire di no e
andare verso l’agognato scioglimento anticipato? Un sospetto
generalizzato e infatti le bocciature sono fioccate nel giro di poche
ore. In Transatlantico il segretario del Pd toscano Dario Parrini,
renziano doc, sussurrava: «Se tutte le ipotesi saltano, magari se si
richiede a Matteo, potrebbe accettare...».