mercoledì 7 dicembre 2016

La Stampa 7.12.16
Famiglie sempre più povere nella stagione delle diseguaglianze
A rischio povertà il 28,7% degli italiani
L’Istat: in difficoltà economica 17 milioni di italiani. Al Sud è a rischio uno su due
di Roberto Giovannini

Sono numeri che forse spiegano il risultato del referendum molto più di tanti editoriali. Come informa l’Istat, nel 2015 in Italia oltre una persona su quattro - 17 milioni e mezzo di concittadini - erano da considerare a rischio povertà o esclusione sociale. Parliamo del 28,7% della popolazione, sommando chi vive sotto la soglia minima di reddito (9.508 euro annui), chi lavora meno di 80 giorni l’anno, e chi si trova a dover rinunciare a spese essenziali. Nel 2015 la quota della povertà e del disagio sociale è rimasta «sostanzialmente stabile» a livelli elevatissimi.
Chi sono le persone a maggior rischio di povertà o esclusione sociale? Chi vive in famiglie con tre o più figli, i genitori single, le famiglie che per vivere devono contare su un reddito solo. Ma anche le famiglie in cui uno dei componenti è straniero, o quelle del Mezzogiorno.
Sono davvero tantissimi, il 19,9% del totale, gli italiani che tirano avanti con un budget considerato, appunto, a «rischio povertà». Un dato al livello massimo da almeno undici anni. Rimane invece stabile la quota di coloro che si trovano in condizioni di «grave deprivazione materiale» (11,5%). Una formula statistica che racchiude chi manifesta almeno quattro segnali di disagio: dagli arretrati nei pagamenti, all’impossibilità di riscaldare casa. Completano il cerchio le famiglie a «bassa intensità lavorativa», dove è molto più il tempo trascorso in disoccupazione che a lavoro. Versa in questo stato l’11,7% dei 18-59enni. L’Istat passa ai raggi X anche i redditi. Qui l’analisi non va oltre il 2014, e apprendiamo che la metà delle famiglie italiane vive con un reddito di 2.016 euro al mese. Ma si capisce anche le la crisi economica ha avuto l’effetto di aggravare dal 2009 al 2014 le disuguaglianze: il 20% di italiani più ricchi guadagna 4,9 volte quel che prende il 20% dei più poveri, che si sono ulteriormente immiseriti.
L’aumento del divario tra ricchi e poveri emerge anche dall’indice di Gini sulla distribuzione del reddito: i redditi sono più squilibrati nei paesi dell’Est, in Grecia e in Spagna, ma l’Italia fa peggio della media europea e nettamente peggio a paesi come Francia, Germania e Belgio. Anche gli obiettivi della Strategia 2020 dell’Ue sembrano sempre più lontani: per centrate il target bisognerebbe portare fuori dalla povertà e dell’esclusione sociale ben 4,5 milioni di persone in pochi anni.
Ancora una volta a soffrire di più è il Mezzogiorno, dove il fenomeno coinvolge il 46,4% dei residenti, quasi uno su due. Un valore in rialzo a confronto con il 2014 e notevolmente superiore alla media nazionale. Un’Italia spaccata come una mela: tra la provincia di Bolzano e la Sicilia ci sono oltre quaranta punti di differenza. Ecco che trasferirsi diventa una soluzione, ma sempre più chi si sposta fa una scelta radicale: abbandona i confini nazionali per espatriare. L’Istat ha certificato che il numero degli emigranti ha superato le centomila unità (+15% sul 2014), con meta preferita il Regno Unito (ancora non c’era stata la Brexit), mentre il tasso di mobilità interna è ai minimi da dodici anni.