martedì 6 dicembre 2016

La Stampa 6.12.16
Lo insegna la storia: l’Europa ha bisogno della Russia
Il ministro degli Esteri di Mosca: studiando il passato del mio Paese capirete che senza di noi saltano gli equilibri del Vecchio Continente, dal battesimo della Rus’ nel 988 siamo parte di una vicenda comune
di Sergei Viktorovic Lavrov

Le relazioni internazionali stanno attraversando un periodo non facile e la Russia, come è già successo altre volte nella storia, si trova al crocevia di tendenze cruciali che determinano in gran parte il vettore del futuro sviluppo mondiale.
Sono state espresse molte opinioni differenti al riguardo e c’è chi mette in dubbio la sobrietà del nostro giudizio sulla situazione internazionale e delle nostre posizioni nel mondo. Di nuovo si sentono gli echi della disputa, eterna in Russia, tra «occidentalisti» e sostenitori di un nostro peculiare percorso. Ci sono anche quelli che, e all’interno del paese e ali’estero, tendono a ritenere che la Russia sia quasi condannata a rimanere per sempre un paese arretrato oppure «in rincorsa», obbligato a piegarsi costantemente a regole del gioco stabilite da altri e che quindi non possa reclamare il ruolo che le spetta negli affari internazionali. In questo contesto vorrei illustrare alcune mie idee, sostenendole con esempi e paralleli storici.
Tempo di anniversari
È un dato di fatto che una politica valida non può essere avulsa dalla prospettiva storica. Questo riferimento alla storia è ancora più attuale poiché nell’ultimo periodo abbiamo ricordato tutta una serie di importanti anniversari. L’anno scorso abbiamo festeggiato il 70° della Grande Vittoria, due anni fa abbiamo ricordato il centenario dell’inizio della Prima guerra mondiale. Nel 2012 è caduto il bicentenario della battaglia di Borodino e abbiamo celebrato i 400 anni della liberazione di Mosca dagli invasori polacchi. Se riflettiamo un momento, capiremo che queste date cruciali testimoniano indiscutibilmente il ruolo particolare svolto dalla Russia nella storia europea e mondiale.
I fatti storici non confermano la tesi diffusa secondo la quale la Russia, diciamo, si sarebbe sempre fermata nel cortile dell’Europa, sarebbe stata un outsider della politica europea. A questo proposito desidero ricordare che il battesimo della Rus’ nel 988 ha favorito un notevole avanzamento nello sviluppo delle istituzioni statali, delle relazioni sociali e della cultura, portando la Rus’ Kieviana a diventare un membro di diritto dell’allora comunità europea. A quel tempo i matrimoni dinastici erano il miglior indicatore del ruolo del paese nel sistema delle relazioni internazionali e il fatto che nell’XI secolo tre figlie del grande principe Jaroslav il Saggio siano diventate regine rispettivamente di Norvegia e Danimarca, Ungheria e Francia, la sorella abbia sposato il re di Polonia e la nipote l’imperatore tedesco, parla da solo.
L’invasione dei mongoli
Numerose ricerche storiche attestano l’elevato - spesso superiore a quello dei paesi dell’Europa occidentale - livello culturale e spirituale dello sviluppo della Rus’ di allora. Molti eminenti pensatori occidentali ne riconoscevano l’appartenenza al contesto europeo globale. E comunque il popolo russo, che possiede una sua propria matrice culturale e una propria spiritualità, non si è mai fuso con l’Occidente. In questo senso è opportuno ricordare la tragica epoca dell’invasione mongola che costituì per il nostro popolo una vera cesura. Aleksandr Puskin scriveva: «I barbari non osarono tenere una Russia asservita nelle loro retrovie e tornarono nelle steppe del loro Oriente. La luce della Cristianità venne salvata da una Russia devastata e agonizzante». Ben nota è anche la diversa opinione di Lev Nikolaevich Gumiljov secondo il quale l’invasione mongola avrebbe favorito la formazione di un’etnia russa rinnovata, e la Grande steppa avrebbe dato ulteriore impulso allo sviluppo.
Comunque sia, è evidente che quel periodo è stato fondamentale per affermare il ruolo autonomo dello Stato russo nello spazio euroasiatico. Basti menzionare a questo proposito la politica del gran principe Aleksandr Nevskij, che si sottomise temporaneamente ai tolleranti capi dell’Orda d’oro al fine di difendere il diritto dei russi a professare la propria fede, a disporre della propria sorte in contrasto con i tentativi dell’Occidente europeo di assoggettare completamente le terre russe, privandole della loro identità. Sono convinto che questa politica saggia e lungimirante sia rimasta nei nostri geni.
La Rus’ si piegò, ma non si spezzò sotto il peso del giogo mongolo e seppe uscire da quella pesante prova come Stato unito che quindi, sia in Occidente sia in Oriente, cominciò a essere considerato una sorta di erede dell’impero bizantino caduto nel 1453.
L’imponente nazione, che si estendeva praticamente lungo tutto l’intero perimetro orientale dell’Europa, iniziò la sua organica crescita estendendosi agli enormi territori degli Urali e della Siberia. Già allora la Russia costituiva un importante fattore di equilibrio nelle alleanze della politica europea, compresa la ben nota Guerra dei Trent’anni al termine della quale in Europa si consolidò il sistema di relazioni internazionali sancito dal Trattato di Westfalia, i cui principi, in primo luogo il rispetto per la sovranità degli Stati, sono validi ancora oggi.
Ci stiamo quindi avvicinando a quel dilemma che ha caratterizzato alcuni secoli. Da un lato lo Stato Moscovita in veloce evoluzione assumeva naturalmente un peso sempre maggiore nelle questioni internazionali, da un altro i paesi europei nutrivano timori crescenti nei confronti di quel gigante che si stava ingrandendo a Est e quindi adottavano misure al fine di isolarlo nella misura del possibile, ostacolandone la partecipazione alle più importanti questioni del continente.
Tradizione e modernità
Proprio da quel periodo proviene quella che sembra una contraddizione fra il tradizionale ordine sociale e l’aspirazione alla modernizzazione basata su più avanzate esperienze. In effetti uno Stato in rapido sviluppo non può non cercare di realizzare un balzo in avanti facendo perno sulle moderne tecnologie, il che non significa dover per forza rinunciare al proprio «percorso culturale». Conosciamo numerosi esempi di modernizzazione di società orientali che non sono stati accompagnati da una cesura radicale con le tradizioni. Questo è tanto più vero per la Russia che, per sua essenza profonda, è una delle ramificazioni della civiltà europea.
Tra l’altro, la richiesta di una modernizzazione che utilizzasse le conquiste europee era nettamente manifesta nella società russa già all’epoca dello zar Aleksej Mikhajlovich, e Pietro I con il suo talento e la sua energia conferì un carattere dirompente a questo imperativo. Il primo imperatore russo, adottando rigidissime misure all’interno del paese e una politica estera risoluta e vincente, in poco più di due decenni anni seppe portare la Russia nel novero delle più importanti nazioni europee. Da allora non è più possibile ignorare la Russia, nessuna seria questione europea può essere risolta trascurando l’opinione della Russia.
Le idee di Alessandro I
Non si può dire che questa situazione fosse di soddisfazione per tutti. Nei secoli successivi i tentativi di riportare la Russia ai confini prepetrini si sono ripetuti spesso, ma era destino che non avessero successo. Già alla metà del XVIII secolo, la Russia assunse un ruolo chiave in un conflitto paneuropeo: la Guerra dei Sette anni. Allora le truppe russe entrarono trionfalmente a Berlino - la capitale del re di Prussia Federico II, considerato invincibile - e solo l’improvvisa scomparsa della zarina Elisaveta Petrovna e la successiva ascesa al trono di Pietro III, ben disposto nei confronti di Federico, salvarono la Prussia da un’inevitabile sconfitta. Questa svolta degli eventi nella storia della Germania è ricordata ancora oggi come «il miracolo della Casa di Brandeburgo». Le dimensioni, la potenza e l’influenza della Russia si rafforzarono durante il regno di Caterina la Grande quando la situazione era tale per cui, a dirla con le parole dell’allora cancelliere Aleksandr Bezborodko, «non c’è un cannone in Europa che possa sparare senza il nostro permesso».
Nei successivi due secoli e oltre, ogni tentativo di unire l’Europa senza la Russia e contro di lei è inevitabilmente sfociato in grandissime tragedie le cui conseguenze sono sempre state superate solo con il contributo decisivo del nostro paese. Mi riferisco, in particolare, alle guerre napoleoniche, al termine delle quali proprio la Russia fu artefice della salvezza del sistema di relazioni internazionali, basato sull’equilibrio delle forze e sul reciproco rispetto degli interessi nazionali che escludeva il dominio totale di un qualunque Stato su tutto il continente europeo. Ricordiamo che l’imperatore Alessandro I partecipò direttamente alla stesura delle risoluzioni del Congresso di Vienna nel 1815, che garantirono lo sviluppo del continente senza che si verificassero seri conflitti armati per i successivi quarant’anni.
Inoltre le idee di Alessandro I possono in un certo senso essere considerate il prototipo del concetto di subordinazione degli interessi nazionali agli obiettivi comuni, intendendo con questo, prima di tutto, il mantenimento della pace e dell’ordine in Europa. Come diceva l’imperatore russo, «non può più esistere una politica inglese, francese, russa, austriaca; esiste un sola politica, una politica che deve essere accettata dai popoli e dai sovrani per il bene comune».