La Stampa 6.12.16
Da Marco Polo all’alta velocità
la Via della Seta ritorna al futuro
Al Quirinale una mostra sulla rete carovaniera che favorì la prima globalizzazione. Oggi rilanciata dalla Cina
di Fabio Sindici
Ha
 lo sguardo fisso verso un altrove, geografico e temporale, la donna 
elegante scolpita nel calcare dorato, che accoglie in una delle prime 
sale della galleria di Alessandro II nel Palazzo del Quirinale, a Roma, i
 visitatori della mostra «Dall’Antica alla Nuova Via della Seta». Il 
rilievo funerario viene da Palmira, in Siria - da tempo nella collezione
 del museo d’Arte Orientale intitolato a Giuseppe Tucci, al sicuro dalle
 recenti devastazioni che hanno colpito i resti della millenaria città 
carovaniera. La rigidità ieratica del volto rimanda alla iconografia 
semitica, il taglio della busto si collega alla statuaria romana, i 
delicati drappeggi della veste fanno pensare a un tessuto pregiato. 
Forse di seta.
È un capolavoro sincretico. Palmira era una fermata
 cruciale sulla Via, snodo tra Oriente e Occidente; la città era 
diventata splendida e potente grazie ai commerci. È una storia di 
mescolanze, quella della Via della Seta, che parla di viaggi e di 
traffici, d’influenze culturali, d’intere religioni in viaggio. Più 
avanti nella mostra, il calco della stele nestoriana di Xi’an, eretta 
nel 781, ricorda un avamposto della Chiesa Siriaca d’Oriente in terra 
cinese, durante la dinastia Tang. Un tessuto tartaro invece lo 
ritroviamo nel piviale decorato di Benedetto XI; un motivo cinese 
vegetale finisce in una maiolica rinascimentale di Montelupo, in 
Toscana. La Via della Seta, fortunato nome inventato dal geografo 
tedesco Ferdinand von Richtofen, era un nastro trasportatore di arte, di
 idee e di invenzioni, oltre che di merci. La prima globalizzazione 
passò per questa rete di strade carovaniere, costellate di oasi 
probabilmente artificiali, create dall’uomo per il riposo e lo scambio 
lungo le piste polverose dell’Asia.
Non è detto però che lo 
sguardo della donna palmirena sia rivolto al passato. Potrebbe guardare 
il futuro. Nell’ultima sala della mostra (che apre oggi, fino al 26 
febbraio) una mappa ricostruisce le ferrovie e le strade, le tappe, le 
rotte marittime di una nuova Via della Seta in costruzione e ad alta 
velocità. «Si tratta di un investimento enorme, soprattutto da parte 
cinese, che si aggira intorno ai 4 mila miliardi di dollari», spiega 
Maurizio Scarpari, sinologo, curatore della mostra con Louis Godart e 
David Gosset. Una parte degli investimenti andranno in un enorme hub 
portuale nell’Adriatico, tra Venezia e Ravenna.
Venezia era uno 
dei terminal della tarda Via della Seta. In mostra c’è il testamento di 
Marco Polo, tracciato con inchiostro bruno. «Non è certo se Marco Polo 
abbia davvero compiuto tutti i viaggi descritti nel Milione», dice 
Scarpari. «Di certo, la norma per i mercanti era di compiere alcuni 
tratti della Via e di scambiare nelle città delle oasi e nei 
caravanserragli». Proprio i caravanserragli sono stati negli scorsi anni
 l’oggetto di uno studio di catalogazione dell’Unesco per ricostruire i 
tracciati delle antiche vie carovaniere che da Changan arrivavano a 
Bisanzio e da lì in Europa. Ora il nuovo obiettivo è restaurarli.
Se
 esiste una sindrome di Marco Polo, è il salone dove sono le mappe 
antiche a far girare la testa. «È spettacolare il mappamondo di Fra 
Mauro, con il Sud in alto e il Nord in basso. La cartografia fu 
importantissima per i rapporti tra l’Italia e il Celeste Impero. Il 
grande missionario gesuita Matteo Ricci disegnò importanti mappe 
geografiche, che stupirono i dignitari imperiali cinesi», spiega Godart,
 consigliere del Presidente della Repubblica per la conservazione del 
patrimonio artistico.
Dopo che i bachi da seta, trafugati a 
Kothan, vennero portati a Bisanzio, i commerci euroasiatici 
rallentarono, ma sulle piste continuarono a passare - e a trasformarsi -
 le immagini. Dai Buddha, prima ascetici in India e poi atletici per 
derivazione ellenistica nelle sculture Gandhara e infine rotondi e 
paciosi e feng shui in Cina, ai guardiani di tombe Tang che sembrano 
preannunciare i nani della Biancaneve di Walt Disney. Anche le favole 
viaggiavano sulla Via della Seta: quella di Cenerentola trova la sua 
forma definitiva tra l’Egitto tolemaico e la Cina imperiale prima di 
tornare in Europa sulle pagine di Giambattista Basile e dei fratelli 
Grimm. Quali immagini, quali storie viaggeranno sulla Via della Seta ad 
alta velocità, ma limitata dall’attuale censura della Repubblica 
Popolare, è ancora da capire.
 
