La Stampa 6.12.16
Gianfranco Pasquino, professore emerito di Scienza politica
“Non credo al voto di protesta. Ha vinto la passione politica”
intervista di Francesco Grignetti
Gianfranco
Pasquino, professore emerito di Scienza politica, a 74 anni s’è
impegnato a fondo nella campagna referendaria per il No. Su questo
risultato ci contava. Anche lui, però, è rimasto sorpreso dal record di
affluenza. «Da Sciacca a Pordenone, ad ogni iniziativa trovavo sempre
più gente. Che ci fosse molta voglia di capire, era evidente. Ma non mi
aspettavo neppure io una partecipazione così straordinaria».
Che cosa è accaduto, la gente ha riscoperto il valore della Costituzione?
«No,
il voto è stato essenzialmente politico dopo che il presidente del
Consiglio ha gettato sul piatto la sua carica e anche il suo ruolo di
ispiratore di questa riforma, che io ritenevo sbagliata. Gli italiani a
quel punto hanno reagito alla doppia sfida: chi perché gli era contrario
politicamente, chi perché non voleva che modificasse a quel modo la
Costituzione».
Dietro l’alta partecipazione c’è dunque una somma di ragioni?
«Su
tutte, la chiave politica. Molti hanno votato per sostenere questo
governo e molti altri per farlo cadere. Chi era contro, si sa. Ma c’è
stato anche un elettorato del Pd, specie dell’ex Margherita, che si è
mobilitato a difesa. Mi spiego così i numeri altissimi del voto in
Trentino, Toscana, Emilia-Romagna, come anche il record di Firenze».
E quanto ha inciso la difesa della Costituzione?
«Ha
giocato un ruolo. Io non ho condiviso certi allarmi sul rischio di una
deriva autoritaria. È indubbio, però, che in parte dell’elettorato
questo timore c’era. E comunque il segno generale di questa riforma,
dall’abolizione delle Province al principio di supremazia dello Stato
sulle Regioni (un principio che aveva irritato moltissimo in Veneto, per
dire, dove sono gelosi della loro autonomia), a un Senato residuale e
di consiglieri regionali, ecco questo segno generale era la compressione
degli spazi elettivi. A quest’impostazione gli italiani hanno detto no.
Nel voto, c’è chi legge soprattutto il disagio sociale. Ci credo poco.
L’alta partecipazione ci dice altro, una fortissima voglia di
partecipazione».
Altro che fuga dalla politica.
«Assolutamente.
Se prendiamo l’affluenza misera alle Regionali dell’Emilia-Romagna nel
2014, scesa al 37%, non possiamo certo tirare la conclusione che gli
emiliani e i romagnoli siano diventati indifferenti alla politica. Quel
voto era un astensionismo di protesta, tutto qui. E infatti, con il
75,9%di domenica, le percentuali tornano a livello delle Politiche del
2013, che in Emilia-Romagna videro votare l’82% degli elettori».
Professore,
detto di questa voglia di partecipazione, certo non fuga dalla
politica, che cosa si aspetta dalle prossime elezioni politiche? Alti o
bassi numeri di affluenza?
«Se avremo una legge elettorale che
permette all’elettore di esprimersi pienamente, se non ci saranno liste
bloccate che mortificano le scelte, mi aspetto la solita Italia
appassionata. E se avremo davanti un anno politico decente, prevedendo
un testa a testa tra il Pd e il M5S, mi aspetto una fortissima
mobilitazione dei rispettivi elettorati, che soprattutto non vorranno
far vincere l’avversario».