La Stampa 6.12.16
Sindrome Raggi sulla via del governo
Così Di Maio rischia la leadership
Il Movimento cambia stile: Grillo impone il modello Appendino
di Andrea Malaguti
Per
capire perché la sindaca di Roma Virginia Raggi rischia di diventare un
problema nella scalata al Paese del Movimento 5 Stelle, è necessario
guardare due fotografie scattate domenica pomeriggio. Una nella Capitale
e una a Torino.
Roma. La sindaca si presenta al seggio, si mette
in posa per un selfie e, depositata nell’urna la scheda rosa, posta sui
social un messaggio vietato per legge : «#iovotono. E voi?». Ingenua,
poco professionale, persino scorretta. Fastidio tra i vertici del
Movimento. Non il primo nei suoi confronti.
Seconda scena. Torino.
La sindaca Chiara Appendino vota, e posta a sua volta un messaggio: «Le
urne rimarranno aperte fino alle 23. Ringrazio tutte le persone
impegnate nelle operazioni elettorali». Istituzionale, ecumenica,
rassicurante. Non è un caso se Beppe Grillo ha deciso di fare da lei il
suo ultimo comizio elettorale. Questione di stile. E il Movimento,
confortato dalla valanga di No ed elettrizzato dall’idea di un ritorno
alle urne, scopre la necessità di averne uno, chiudendo per sempre con
l’epoca delle banalità pronunciate da ventriloqui della formula
all’ultimo grido e ragiona sulla necessità di investire davvero sul
capitale umano, trasformando la sua favolosa macchina da consensi, in un
laboratorio per dirigenti di alto livello. Bye bye uno vale uno.
Sparisce il mito della casalinga di Voghera, oggi serve gente
competente, sobria, in grado di stare al proprio posto. C’è aria di
Palazzo. Le ha queste caratteristiche l’impalpabile Virginia Raggi?
Domanda
non secondaria, perché sbagliare a Roma equivarrebbe a confessare
all’Italia intera la propria incapacità di stare nella stanza dei
bottoni, consentendo all’anti-sistema di farsi sistema e di aprire una
nuova era, ultimo omaggio al chiaro e discutibile genio di Gianroberto
Casaleggio. Paradossalmente il trionfo del No mette al riparo la Sindaca
Capitale e rinvia, forse cancellandola per sempre, quella richiesta di
tagliando avanzata nei suoi confronti da Beppe Grillo, incapace di
digerire le scelte alemanniane della Raggi. Inutile e controproducente
discuterla adesso, anche se a Civitavecchia il sindaco M5S ha portato il
No al 64,81% e a Pomezia il suo omologo è arrivato addirittura al
72,98%. La Raggi si è fermata al 59,45%, un filo sotto la media
nazionale. Segno che il suo fascino rischia di sbiadire in fretta.
Meglio perciò sperare che le sue gesta, per ora non memorabili, passino
sotto silenzio.
«Voto subito. Con l’Italicum. Alla Camera e al
Senato», è questo il nuovo insistito slogan dei 5 Stelle, per i quali
anche il sistema elettorale considerato «fascista» fino a ieri, e non a
caso impugnato davanti alla Corte Costituzionale, è diventato
necessario. Chi va al ballottaggio contro Grillo perde. E Grillo al
ballottaggio ci va. Per questo è improbabile che l’Italicum sopravviva
alla foga di un parlamento sull’orlo di una crisi di nervi.
A
resistere sarà invece la necessità di presentarsi agli elettori non solo
con un programma, ma anche con un leader. Se a vincere fosse stato il
Sì quell’uomo sarebbe stato Alessandro Di Battista, che di fronte a
un’eventuale sconfitta si sarebbe presentato davanti alle telecamere con
le lacrime agli occhi pronto a sprigionare tutto il suo carisma nel
tentativo ultimo di scaldare i cuori. La vittoria del No rimette in pole
position Luigi Di Maio con i suoi completi presidenziali e la sua
abilità dialettica democristiana. Ma c’è il problema Raggi. È stato lui a
sponsorizzarla e a imporla. Se cade lei è difficile che lui resti
illeso.
Nel dubbio, sotto traccia, soprattutto se si voterà tra
due anni, rimane viva l’ipotesi di un candidato alternativo. Anzi, una
candidata. Istituzionale, ecumenica, rassicurante. Chiara Appendino,
appunto. Il Movimento 5 Stelle vuole mettersi la giacca e il vestito
scuro, dare un segnale di serietà costruttiva. E se la sindaca di Roma
incarna quella mancanza di empatia tipica delle persone che se anche
dicono la cosa giusta lo fanno sempre con il tono sbagliato, la sindaca
di Torino il tono non lo sbaglia mai.