La Stampa 6.12.16
Ma Matteo ora è tentato dall’anno sabbatico
“Voglio togliermi di torno”
Renzi: nel Pd mi chiedono di restare. Sms a Merkel: “Non torno indietro”
di Francesco Bei
«Devo
staccare. Voglio prendermi una vacanza con Agnese». E’ passata una
notte e Matteo Renzi ha sbollito solo in parte la rabbia e la delusione
per il risultato del referendum. Chiamato al Colle, il capo dello Stato
lo avvolge con lunghi ragionamenti sulla stabilità e lo sostiene
cercando di frenarne la tentazione di mollare tutto e subito.
Mollare
- oltre la poltrona a palazzo Chigi anche quella da segretario del Pd –
questo è il vero desiderio del premier. Il quale confida a Mattarella
qual è adesso il suo sogno segreto: «Mi piacerebbe staccare per davvero,
prendermi un sabbatico, magari un anno negli Stati Uniti, ma i miei
amici del Pd non me lo permettono».
Le pressioni del Presidente
alla fine fanno breccia sul capo del governo. Che quando scende dal
Quirinale riferisce ai suoi di essersi piegato. «Io sinceramente avrei
evitato, non sarei rimasto un minuto di più, ma è un fatto di serietà
istituzionale e prima di tutto viene l’Italia. Non voglio passare per
uno che fa i capricci, un bambino viziato che se ne va con il broncio.
Quindi proseguiamo fino alla legge di stabilità». La garanzia che Renzi
riesce a strappare a Mattarella è che anche il Capo dello Stato si
adopererà con il presidente Grasso affinché l’iter della Finanziaria in
Senato sia il più rapido possibile e si arrivi all’approvazione
definitiva entro una manciata di giorni. Senza tornare alla Camera.
Renzi
lo ripete ai suoi dopo essersi congedato nel pomeriggio dai ministri
con un brindisi a palazzo Chigi. «Il mio obiettivo è togliermi subito di
qui. Sembra assurdo ma non riesco ad andarmene. Di solito i miei
predecessori facevano le barricate per restare, io invece voglio
togliermi di torno e non ce la faccio». La soluzione è il compromesso
raggiunto con il Capo dello Stato, una soluzione a tempo. Costretto suo
malgrado a restare in carica, in realtà Renzi si comporta come se già
fosse uscito da quel portone. E il primo segnale è stato quello di
cancellare tutti gli appuntamenti previsti nei prossimi giorni,
atteggiandosi di fatto a premier dimissionario. Ma tra l’intenzione e la
realtà ci passa in mezzo il Parlamento e le procedure della sessione di
Bilancio. Perché se è vero che Mattarella ha garantito di dare una
mano, la verità è che nessuno può impedire al Senato di emendare in
lungo e in largo la legge approvata da Montecitorio. E’ il bicameralismo
perfetto, bellezza, e gli italiani in maggioranza hanno mostrato di
averlo in gran conto. Se la Finanziaria dovesse subire rilevanti
modifiche, come ad esempio chiede Forza Italia con i suoi capigruppo
(“via i bonus, le mance elettorali, i miliardi regalati senza
coperture”), la legge dovrebbe tornare alla Camera e allora addio al
progetto di lasciare palazzo Chigi già entro la fine di questa
settimana. Renzi ne è consapevole: «Le opposizioni, se vogliono che me
ne vada subito, mi devono dare una mano». Quanto alla legge elettorale
per il Senato o alle modifiche da fare all’Italicum, pure da concordare
con le opposizioni, il premier fa spallucce: «Io non me ne occupo, con
quelli non parlo, ci penserà il Parlamento». Insomma, il morale è
ovviamente sotto i tacchi, ma appena gli si nominano gli avversari Renzi
torna Renzi: «Voglio vedere adesso cosa riusciranno a fare». Dei
progetti per il futuro, di cosa accadrà al partito, è ancora presto per
parlare. Al momento i pochi di cui si fida veramente lo stanno
martellando con un mantra: «Sei a capo di un fronte riformista che si
riconosce nella tua leadership. Un fronte che, con questo referendum, ha
dimostrato di avere la maggioranza relativa del paese». E’ quello che
ha scritto Luca Lotti nel suo tweet: «Abbiamo vinto col 40% nel 2014.
Ripartiamo dal 40% di ieri!». Non sarà facile, l’idea di ritirarsi dalla
scena pubblica lo sta davvero solleticando. Un piccolo segnale lo si è
colto ieri quando, nella riunione più ristretta a palazzo Chigi, si è
parlato delle consultazioni al Quirinale. E Renzi ha detto chiaro e
tondo che non ha molta voglia di stare ancora sotto i riflettori. «Non
so se andrò io, preferirei mandare i vicesegretari. Vediamo,
l’importante è che non sembri uno sgarbo al capo dello Stato».
Quello
che al premier ha fatto piacere è il sostegno che sta arrivando in
queste ore sia al Pd che a palazzo Chigi da tanti cittadini che gli
chiedono di «non mollare» e lo ringraziano per essersi speso senza
riserve in campagna elettorale. Nulla ovviamente che possa far
dimenticare quella massa enorme di elettori che gli ha votato contro.
«Abbiamo commesso errori, non c’è dubbio, non possiamo prendercela con
chi vota». Nella lunga giornata di ieri il centralino di palazzo Chigi
ha smistato anche molte telefonate di leader europei che volevano
esprimere personalmente il loro rammarico per le dimissioni. Alcuni
provando anche a convincerlo a restare. Con Angela Merkel invece ogni
formalità è superata da tempo, i due si stimano e si sono scambiati i
rispettivi cellulari. Così «Angela» già nella serata di domenica, con
uno scambio di sms, ha saputo dal diretto interessato quello che sarebbe
accaduto: «Non torno indietro».