Il Sole 6.12.16
Il «No» non scuote spread e BTp
di Isabella Bufacchi
Il differenziale con il Bund poco mosso a 166 punti: funziona lo «scudo» della Bce
La
 vittoria del No con ampio margine, a conferma parziale dell’ascesa dei 
partiti anti-euro, e la fine del Governo Renzi annunciata dal premier in
 piena notte sono due eventi post-referendum con portata destabilizzante
 che avrebbero potuto far tremare lo spread. Ma non è andata così, 
sebbene alcuni traders avessero previsto un allargamento del gap tra BTp
 e Bund fino a 30 punti in apertura, a caldo. Ieri questo termometro che
 ha il compito di misurare il rischio-Italia ha avuto appena un 
sussulto: lo spread ha chiuso venerdì pre-voto a 162, ieri in giornata 
ha toccato quota 173 per poi chiudere a 166, perdendo sul campo 4 
centesimi di punto percentuale. Intanto i rendimenti dei BTp sono saliti
 tutti dalla vigilia del referendum a ieri: il 2 anni da 0,18 %a 0,19%, 
il decennale da 1,90 a% 2,02%, il trentennale dal 3% al 3,05 per cento.
Lo
 spread dunque ieri si è mosso ben poco rispetto a i punti già 
incamerati da questa estate (è passato da 120 fino a un picco di 190 per
 tornare in area 160). Questo dipende dall’atteggiamento dei mercati, 
che di fronte a un’Italia senza governo restano alla finestra in attesa 
di schiarite; dipende dall’alta quota di debito pubblico posseduta da 
italiani; ma molto fa l’ombrello di protezione della Bce. Dal marzo 2015
 al 2 dicembre 2016, il Public Sector Purchase Programme ha consentito 
alla Banca di acquistare 1.211 miliardi di titoli di Stato denominati in
 euro, di cui 200 miliardi in titoli italiani, 230 francesi e 290 
tedeschi e 143 spagnoli. Queste quote, paese per paese, sono calcolate 
in base alla oramai famosa “capital key” la chiave capitale che riflette
 la partecipazione delle banche centrali degli Stati membri dell’euro al
 capitale della Bce, tenuto conto del loro Pil e della popolazione sul 
totale dell’Eurozona. La capital key dell’Italia è del 17,48%, quella 
della Germania è la più alta al 25,5%, seguita dalla Francia al 20,2% 
mentre la Spagna viene dopo l’Italia al 12,5 per cento. Tuttavia questa 
chiave capitale è stata ritoccata all’insù per molti Paesi, per 
ridistribuire quella quota di titoli di Stato che per qualche motivo 
tecnico non viene acquistata o viene comperata per un importo inferiore a
 quello previsto dalla capital key: la Grecia per ora è esclusa dal 
PSPP, mentre Cipro, Portogallo, Lussemburgo, Lituania, Estonia, Malta, 
Slovenia, Slovacchia e Lettonia hanno registrato acquisti inferiori alla
 capital key o addirittura azzerati per mancanza di titoli.
La Bce
 deve acquistare ogni mese un importo fisso di titoli di Stato o 
pubblici e per arrivare a quell’ammontare, in mancanza di alcuni bond, 
ne acquista altri: la ripartizione della quota aggiuntiva tra gli Stati 
con flottante viene effettuata in base agli stessi criteri della 
suddivisione data dalla capital key.
La chiave capitale 
dell’Italia, per questi motivi, è salita dalla percentuale iniziale di 
17,48% a una media di 18,44%, con un picco lo scorso giugno a 19,64% (la
 Germania è salita da 25,5% a 27,6%). Questo ritocco della chiave 
capitale, abbinato all’aumento dell’importo degli acquisti mensili 
deciso lo scorso marzo (da 60 miliardi a 80 miliardi) ha fatto lievitare
 di molto l’intervento della Bce sui titoli di Stato italiani con vita 
residua tra 2 e 30 anni: dallo scorso marzo, gli acquisti 
dell’Eurosistema su BTp e CcT sono saliti da una media di 7-8 miliardi a
 circa 12 miliardi al mese con un picco toccato in maggio di 13,4 
miliardi.
Esiste dunque una certa flessibilità nell’ambito del 
PSPP ma è molto marginale, ai fini dell target di inflazione, e non ha 
nulla a che fare con l’allargamento dello spread o il rialzo dei 
rendimento dovuto al peggioramento del rischio sovrano dei singoli 
Stati.
Il peso della Bce nel programma di raccolta degli Stati 
dell’Eurozona resta invece decisamente rilevante: la dimensione di 12 
miliardi di acquisti mensili di titoli di Stato italiani è importante 
quando la si confronta con le aste del Tesoro, che quest’anno per i BTp 
dai 3 ai 30 anni hanno registrato emissioni lorde di 52 miliardi, 44 
miliardi e 35 miliardi rispettivamente nel primo, secondo e terzo 
trimestre.
 
